II.3 Fiori d'arancio

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Intravide Harvey, che era riuscito a sgusciare fuori dalla sua stanza. Si stava allisciando l'abito, spiegazzato a causa della sua fuga di emergenza.

Non appena lo vide, lo sguardo del giovane si illuminò e lo raggiunse, evitando di guardare negli occhi numerosi ospiti che altrimenti avrebbero cercato di attaccare bottone. Alexander non poteva biasimarli, anche lui la prima volta che aveva visto Harvey aveva cercato di attaccare bottone con lui.

E poteva ammettere, con somma soddisfazione, di esserci persino riuscito.

«Eccoti, finalmente!» esclamò, quando fu abbastanza vicino. Gli posò la mano sulla schiena e a quel contatto Alex si rilassò, non si era neanche accorto di quanto fosse stato rigido sino al momento in cui si rilassò. «Come sta andando?»

«Sta… andando» rispose lui, alzando le spalle. «Hai avuto problemi di sopra?»

«Oh no, ho solo dovuto aspettare un po'. Sai, dovresti chiedere di spazzare meglio sotto al letto. Ho passato almeno dieci minuti a sgrullare il vestito dalla polvere.»

«Si sgrulla la polvere dal vestito, non il vestito dalla polvere» corresse Alex.

Harvey ghignò. «Vacci piano, sai quanto mi piace quando fai il saputello.»

Alexander gli diede una spallata cercando di essere il più discreto possibile. «Shhhh. Sei diventato pazzo forse?»

A interromperli entrò Hector di corsa, dal portone d'ingresso. «La carrozza ha passato i cancelli! La carrozza ha passato i cancelli! Harvey, vai a prendere tua sorella. Alex, infilati la tuba e andiamo all'altare. Pastore… ma dov'è il pastore?»

«Vostro fratello è un tantinello irruento questa mattina» commentò una ragazza che si avviava verso il parco con il padre sottobraccio.

Non era una lady, la sua famiglia era legata ai Woods perché suo padre aveva combattuto insieme al padre di Alexander, nella stessa guerra in cui aveva perso la vita.

L’uomo, che andava con lei verso il giardino, lo inchiodò coi suoi occhi azzurri. Lui lo guardava sempre.

Alexander lo ignorò. «Perdonatelo, è un nervoso di natura» rispose alla ragazza, poi li incoraggiò a seguire gli altri ospiti.

«Io vado a prendere Sarah, ci vediamo dopo» gli disse Harvey, lanciando un’occhiata ansiosa verso il giardino.

«A dopo.» D’un tratto sentì la voce tremante e le gambe altrettanto. «Io sarò quello all'altare.»

«Vedrò di ricordarmene» replicò l’altro, con meno sarcasmo di quello che voleva lasciare intendere. Poi si unì alla fiumana di ospiti che si riversava nel parco e sparì.

«Hector…» chiamò Alexander, che iniziava a essere davvero nervoso.

Suo fratello stava spingendo il Pastore Garroway fuori in giardino, borbottando parole come “è doveroso” – “tremendo ritardo” – “disdicevole” e persino “più in fretta possibile”.

«Hector!» chiamò di nuovo, infilandosi la tuba pronto a uscire di casa.

Il Pastore fu mandato fuori con successo, e Hector fu accanto a lui. Furono soli nella villa deserta, teatro della loro infanzia e giovinezza, e stavano in piedi al centro dell'ingresso fianco a fianco, come migliaia di volte prima di quella.

«Stai bene? Vuoi davvero farlo?»

Ad Alexander venne da ridere. In quel momento non aveva il minimo dubbio, se avesse detto “no” suo fratello sarebbe davvero uscito fuori e avrebbe mandato tutti via senza neanche chiedergli il perché.

Vita e Dolori di Alexander Ulysses WoodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora