VI.1 Resistere

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Resìstere v. intr. [dal lat. resistĕre, comp. di re- e sistĕre «fermare, fermarsi»] (aus. avere). – 1. Opporsi a un’azione, contrastandone l’attuazione e impedendone o limitandone gli effetti. 2. Avere la capacità e la proprietà di sopportare agevolmente, senza conseguenze negative, azioni e forze, condizioni e fattori normalmente avversi e dannosi.

«Dov’è Harvey?» mormorò Sarah, assonnata, infilandosi nel letto. 

Era arrivata quell’ora del mattino per cui tornava nella loro stanza e Harvey si allontanava, per essere poi svegliati dai domestici senza destare sospetti. 

Abitudine sgradita e sgradevole, doversi nascondere nella propria casa. Uno dei problemi che aveva contribuito a farlo andare via. 

Quella consapevolezza gli fece stringere il cuore, perché sapeva che Harvey aveva ragione. 

Non funziona. 

«È già uscito» rispose, con un filo di voce. 

Del resto, non aveva detto altro che la verità. Harvey era, in effetti “già uscito”.

Sarah avrebbe pensato che suo fratello era tornato in anticipo nella sua stanza, e invece se n’era proprio andato di casa, forse per sempre. 

Quell’aggiunta nella sua testa lo scosse d’un brivido, e così il peso della ragazza che si sedeva e poi stendeva sul letto. 

«Come mai così presto?» 

«Abbiamo discusso.»

Si accorse di avere una feroce e animalesca voglia di sfogarsi, ma non sarebbe potuto scendere nei particolari. Se Sarah avesse saputo che suo fratello era fuori casa da solo nel pieno della notte si sarebbe alterata sin troppo.

«Ma dai! Allora capita anche a voi due, ogni tanto» sussurrò, divertita. 

Una volta, avrebbe voluto dire Alexander, ma che valeva per tutte quelle che non era accaduto. La prima e l’ultima. Quella definitiva

«Così pare» sospirò invece, con un filo di voce.

Dopo una intera notte di veglia, era riuscito ad assorbire l’alcool che aveva in corpo. In quel momento si sentiva solo svuotato, esausto, eppure non riusciva comunque a prendere sonno. Aveva mal di testa e nausea, e sentiva, immobile nel letto, il cuore che gli batteva forte e veloce, tanto da stordirlo. 

«Gli passerà» lo rassicurò Sarah, al vederlo provato. «Harvey è un tipo teatrale a volte, ma poi gli passa sempre.» 

Provò l’istinto a dire che se n’era andato di casa, ma non ci riuscì. Non aveva voglia di affrontare Sarah arrabbiata con lui, e neanche di pensarci. 

Di pensarlo fuori, da solo, con l’abito buono, pronto ad attirare criminali e ladri, per di più in condizioni di stress e scarsa lucidità. 

Per un attimo la sua mente gli sfuggì di mano e andò per conto suo. Per un attimo immaginò di trovarlo sul giornale al mattino, portato da Eric, il suo cameriere. Furto finito male: ragazzo ripescato senza vita dal Tamigi, non aveva il portafoglio. Gli scappò un gemito d’orrore che non riuscì a trattenere. 

«Tranquillo» continuò Sarah, «te lo giuro, gli passerà. Lui è fatto così, lo imparerai.» 

No, non sarebbe stato tranquillo. Harvey era là fuori da solo, ed era arrabbiato, e confuso, e quando lui era arrabbiato e confuso non riusciva a ragionare, ed era vestito elegante, e non aveva soldi con sé; era pericoloso, era notte, era davvero pericoloso, e non aveva neanche detto se o quando sarebbe tornato, e lui gli aveva rinfacciato che consumava il suo cibo e sedeva sulla sua sedia, e gli aveva dato del parassita perché era arrabbiato e ora lui lo odiava, l’unica cosa bella che la vita gli aveva mai dato l’aveva buttata via e poi non era neanche riuscito a fare un salto dalla finestra perché oltre a essere un idiota era anche uno smidollato, sua madre aveva sempre avuto ragione su di lui. 

Vita e Dolori di Alexander Ulysses WoodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora