VII.2 Colpo di spugna

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«È colpa mia» sibilò, fu certo di stare per sentirsi male sul serio. «È colpa mia. Se non fossimo andati in luna di miele non ci avrebbero mai visto insieme, e se non gli avessi dato l’anello–»

«Non è tempo di cercare colpe. Guardami. Ho detto di guardarmi!»

Spostò lo sguardo su Sarah, non sembrava molto più equilibrata di lui. Aveva gli occhi spalancati, era ancora pallida e tremava.

Del resto, perché sarebbe dovuta stare calma? Harvey era la loro roccia, era lui che prendeva la situazione in mano e risolveva i problemi, proprio come aveva fatto quando era venuto Hector.

In quel momento lo stavano trascinando via per interrogarlo, chissà per quanto l’avrebbero trattenuto, forse non l’avrebbero rilasciato affatto. Non sapeva cosa gli stessero facendo, quelle accuse portavano a cinque anni di lavori forzati, e Harvey non era adatto al carcere... era una persona tanto gentile, e tenera, e sensibile, e la sua salute era fragile sul serio, e–

«Stai calmo! Se non stai calmo tu non sto calma neanch’io, e se non sta calmo nessuno dei due non riusciremo mai a trovare una soluzione!»

«Non c’è una soluzione! L’hanno portato via, credevo di dargli protezione e invece guarda che ho fatto… oddio, cos’ho fatto…»

«Puoi ancora rimediare, okay? Non hai qualche amico influente che può mettere una buona parola?»

«Io?! Ma hai idea della persona con cui parli? È Hector che ha questo genere di amici, non io. Io ho soltanto voi.»

«Ci sarà pure qualcuno! Sono una lady da appena qualche settimana e ho già più amici di te?»

«Perché non usi tu uno di questi amici, se ne hai così tanti?»

«Perché i miei amici sono amiche, e queste sono questioni da uomini! Fai l’uomo, per una volta! Sei mio marito, santo cielo, hanno arrestato mio fratello, fai qualcosa! Ho sposato un Conte per avere un minimo di privilegi, non ti pare?»

«Non sono un Conte! Hector lo è, io sono solo il primo in linea di successione sinché non avrà un maschio!»

«E allora chiama Hector, per l’amor del cielo!»

«Già, splendida idea! Dopo avergli smontato la faccia con un pugno sarà felice di aiutare Harvey a uscire dai guai!»

«Quindi è per questo che era pieno di lividi, fantastico! Davvero meraviglioso! Basta, devo consultarmi con la signorina Vermouth, sono convinta che almeno lei–»

Alexander si illuminò. «Il Maggiore!»

«Che fai, mi rubi le idee, adesso?»

«Il Maggiore Vermouth, era amico di mio padre. Mi ha detto… beh, non l’ha proprio detto. Mi ha fatto capire che è disposto ad aiutarmi.»

«Andiamo da lui. Adesso.»

«Vado da Dennis, faccio avvicinare la carrozza. Chiama Candace e dille di tenere d’occhio Lisbeth mentre manchiamo.»

Doveva darsi da fare prima di andare nel panico. Doveva fare un ultimo sforzo, per Harvey. Sì, Harvey aveva bisogno di lui, avrebbe mantenuto i nervi saldi come aveva fatto a Napoli quel giorno.

Anche se il senso di colpa lo avrebbe distrutto quella notte. Anche se era stato lui a causare ogni sfortuna.

Lui e le sue pessime idee. Lui e la sua stupida illusione di poter avere qualcosa di bello solo una volta nella sua altrettanto stupida vita.

Aveva fatto del male alla persona che amava, che in quel momento era sola e impaurita e–

«Salta su, Dennis. Andiamo a Villa Vermouth. Passa dall’ingresso, mia moglie ci aspetta lì.»

Vita e Dolori di Alexander Ulysses WoodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora