II.2 Fiori d'arancio

291 30 60
                                    

«Non starai un po’ esagerando?» domandò, ma neanche l'imbarazzo lo spinse a distogliere lo sguardo.

«Al contrario, minimizzo» corresse lui. «Scusa se ti ho fatto svegliare tardi. Ho pensato che fosse meglio correre un po' dopo qualche ora di sonno, che avere più tempo ma sembrare un morto che cammina.»

«Avresti potuto avvertirmi ieri sera.»

«Non ci ho pensato. E stamattina, quando me ne sono andato, dormivi come un sasso. La prossima volta ti ruberò del carboncino e ti disegnerò in faccia un paio di baffi.»

Non riuscì a trattenere un sorriso. «Quanti anni hai? Dodici?»

Lo sguardo di Harvey tornò serio. «Davvero, scusa. Ho fatto male?»

«No» rispose lui, anche se non si sentì del tutto sincero nel farlo. «Ma avrei voluto parlarti di una cosa prima della cerimonia, ora però c'è così poco tempo…»

«Una cosa? Quale cosa? È una cosa brutta?»

«No, no! Non credo… cioè, spero di no.»

Harvey aggrottò la fronte, confuso. «Stiamo parlando, puoi dirmela adesso.»

«Diciamo che vorrei affrontare la questione con più calma» disse, cercando di mantenere un tono rassicurante.

Non sembrò funzionare molto. Harvey aveva molti pregi, ma un suo difetto era che pensava sempre al peggio.

«Perché con calma? Che è successo?»

«Ma niente, niente, solo che-»

Due colpi violenti sulla porta li fecero sobbalzre entrambi.

«Allora? Ti muovi? Stiamo diventando vecchi là sotto, poi il tuo amico mi ha anche lasciato da solo per andarsene chissà a fare cosa e non so più cosa dire. Ci degneresti della tua presenza, di grazia?»

I due si scambiarono uno sguardo di panico.

«Tu inizia a scendere, io arrivo!» disse Alexander, tenendo la porta chiusa con la schiena.

Sentirono Hector sbuffare e videro la maniglia abbassarsi. Harvey premette la mano sulla porta per fermarlo anche lui prima che fosse troppo tardi, lo sentirono spingere e fare un po' di forza ma poi rinunciare.

«Ma ti sei chiuso a chiave?»

«Sì, io… mi sto cambiando.»

«Ancora? Cielo, Alex. È il tuo matrimonio, potresti essere affidabile almeno un giorno della tua vita?»

Vide Harvey fare una smorfia e che i suoi occhi si accendevano di rabbia, così si affrettò a riempire il silenzio prima che potesse intervenire. «Scendi, ti dico, ti raggiungerò tra un attimo! Ho quasi finito!»

«Fammi entrare, dai, ti aiuto così fai prima.»

«Non mi serve il tuo aiuto, Hector.»

«Alexander Ulysses Woods, giuro quant’è vero Iddio che se non apri subito questa porta la sfondo a calci.»

«Cosa facciamo?» sibilò Harvey, ancora appoggiato alla porta perché non si aprisse.

Lui si guardò intorno in cerca di una soluzione, analizzando la stanza.

«Vai sotto al letto» gli disse.

Hector bussò più forte e la porta tremò.

«Andiamo, sul serio?»

Quel sussurro doveva essere stato più alto del previsto, perché Hector chiese, «Che fai, parli anche da solo, adesso?»

«È perché mi fai diventare matto» sbottò diretto al fratello, poi sibilò sottovoce «Per l'amor di Dio, Harvey, infilati sotto quel letto!»

Vita e Dolori di Alexander Ulysses WoodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora