Non appena sentì sbattere la porta, Alexander corse dal compagno, gli afferrò forte il volto tra le mani e gli studiò le ferite col cuore pesante. «Oddio» sussurrò. «Oddio, mi dispiace così tanto, è colpa mia...»
«È colpa sua» borbottò Harvey, deciso.
Alexander non l'ascoltò. Non si asciugò le lacrime dal volto, le tenne come una medaglia al valore sulle sue guance bagnate. Prese il fazzoletto ricamato dalla tasca della giacca e tamponò il sangue sul labbro.
Harvey fece una smorfia di dolore, ma non si mosse.
«Scusami» ripeté, per il bruciore improvviso e per ciò che era successo.
«Non è niente.»
La vista del volto che amava coperto di sangue lo sbriciolava dentro.
Era tutta colpa sua. Portava distruzione qualunque cosa toccasse. Sua madre, Hector, Harvey, tutte vite infelici perché si erano avvicinate a lui.
Io non ho più un fratello. Quell’assassino me l’ha ucciso.
«No, no, no, no» interruppe Harvey, in un sussurro. Si scostò le mani dal volto e lo abbracciò. «Non fare così. Non ne vale la pena.»
Lo strinse tanto forte che Alexander sentì il cuore che gli si espandeva nel petto, gonfiandosi nella cassa toracica, così gli si aggrappò e pianse, senza vergogna.
«Mi odia» disse tra le lacrime. «Mi odia.»
«Non ti merita. Non hai perso niente.»
Alexander ripensò a tutte le lezioni col maestro, al corso di piano, alle corse in giardino e a tutti i nascondino. Ripensò ai non detti, ai “vieni con me”, ai “ci penso io”, all'ultimo “di’ una parola e annullo tutto, non mi devi nessuna spiegazione, sei pur sempre il mio fratellino”.
«È mio fratello.»
Harvey gli stampò un bacio sul collo. «Lo so. Lo so. Mi dispiace. Mi dispiace così tanto...»
L'unica cosa che lo teneva ancorato a terra era la sua presa su di lui, nient'altro. Solo Harvey.
Quando si separarono, Harvey fece chiamare i domestici. Si fece portare una tinozza per lavarsi il viso e diede l'ordine di non fare scendere Sarah e Lisbeth per nessun motivo. Non poteva permettere che lo vedessero in quelle condizioni.
Alexander lo vide sciacquarsi la ferita, sedersi su una delle poltrone e restare in silenzio, assorto, a pensare. Gli si avvicinò svelto, abbandonandosi sulla poltrona accanto. «A che pensi?»
Harvey alzò lo sguardo su di lui. «Non credo che stia funzionando.»
Alexander chiuse gli occhi e si mise più comodo. Dopo una giornata come quella aveva proprio bisogno di riposo, e l'adrenalina per quello che era stato aveva iniziato a scemare, facendolo cadere in uno stato di sonnolenza che lo intorpidiva.
Un grande senso di vuotezza e di stanchezza estrema iniziava a prendere sopravvento su di lui, rendendolo letargico.
Il nulla.
«Cosa non sta funzionando?»
Poi Harvey disse le due terribili parole che non avrebbe mai dovuto pronunciare.
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Vita e Dolori di Alexander Ulysses Woods
RomancePrimavera 1884. Lord Alexander Ulysses Woods è alla vigilia delle sue nozze. Ha diciotto anni, l'amore, un discreto patrimonio, una villa dotata di parco e tutto ciò che un ragazzo della sua età potrebbe desiderare. Unico problema? Il matrimonio è...