III.1 Asfodelo

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Alexander sciolse i nastri del corsetto della sua signora e la ascoltò prendere una profonda boccata d’aria. «Questo vestito è stupendo, ma talmente scomodo…»

«Così mi è stato detto» rispose Alexander, comprensivo, passando alla gabbia ampia sul retro della gonna di pizzo.

Di solito erano i domestici a svestire i padroni di casa dagli abiti eleganti, ma per la prima notte di nozze era compito degli sposi spogliarsi a vicenda, e Sarah non ci sarebbe riuscita da sola, l’abito bianco troppo aderente e complicato.

«Mi hanno chiamata “milady” due volte oggi» sospirò, sognante. «E anche “signora”. E sono stata invitata a due tè e una colazione. Mi hanno regalato una collana di perle, non vedo l’ora di metterla. Oh, riesci a crederci?»

«Eccome» rispose, rivolgendole solo metà dell’attenzione necessaria. I vestiti per signora non erano la sua specialità, e si sarebbe dovuto impegnare per liberarla con successo. «Del resto, tu sei una lady adesso. È del tutto normale che ti chiamino in quel modo, sarebbe più strano il contrario.»

La gabbia del sottogonna si slacciò infine, e cadde per terra con un rumore sordo.

«Oh, grazie al cielo» mormorò Sarah, scavalcandola per uscirne e poi spostandola di lato con il piede. Non di certo un gesto da lady, ma non se la sentì di farlo notare.

La ragazza si voltò a guardarlo con un sorriso malizioso. Era in intimo, con la camicia leggera a mezza manica che andava sotto il corsetto, le mutande al ginocchio e le calze bianche.

Non aveva mai visto una donna svestita prima di allora, con le braccia sotto il gomito e le gambe sotto il ginocchio nude, e benché si trattasse di sua moglie non poté fare a meno di sentirsi a disagio.

Distolse lo sguardo e fissò la porta di legno intarsiato con caparbia ostinazione.

«Beh? Non mi guardi neanche?»

«Certo che no» borbottò. «Sei in mutande, santo cielo.»

«Come pensi che potremo fare figli se nemmeno mi guardi? Insomma, dobbiamo pur mettere al mondo un piccolo lord, no?»

La pelle sulle braccia di Alexander si rizzò dal disgusto.

Non avevano mai parlato di avere figli, ma dal momento che Sarah era a conoscenza di tutto, immaginava che fosse ovvio che non intendeva averne.

Per un attimo pensò a come sarebbe stato finire di spogliarla e averla china su di lui, i suoi capelli lunghi buttati in avanti che gli sfioravano il volto, i suoi seni che gli danzavano davanti agli occhi-

Non riuscì a trattenere una smorfia di orrore, strizzò gli occhi. «I miei figli non sarebbero lord in ogni caso, solo quelli di Hector ereditano il titolo» protestò, nel tentativo di scacciare l’immagine dalla mente.

La ragazza scoppiò a ridere. «Oh, cielo, dovresti vedere la tua faccia!» le molle del letto cigolarono con violenza, come se si fosse lanciata sul materasso. «Ci sei cascato, non posso crederci! Oh, peccato non ci fosse Harvey, chissà che faccia avrebbe fatto lui!»

«Signore, aiutami» mormorò Alex, quando si rese conto che quella proposta non aveva nulla di serio. «Questo scherzo è stato davvero sgradevole.»

«Ehi, così mi offendi!» ridacchiò lei. «Oh, Dio, non riesco a respirare…»

Qualcuno bussò alla porta, e le risate si calmarono.

Il petto di Alexander si gonfiò di speranza. «Sì?»

L’anta si aprì di pochi centimetri e il suo salvatore sbirciò nella stanza. «I domestici si sono ritirati negli alloggi e Lizzie dorme» mormorò, infilandosi all’interno. Lanciò uno sguardo a Sarah e sibilò: «E tu? Cosa ci fai qui tutta nuda? Fila a letto, forza!»

Vita e Dolori di Alexander Ulysses WoodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora