Epilogo

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30 giugno 1884

«Eccoci, non vedo l’ora di mostrarvela!»

Alexander si sfregò le mani soddisfatto, all’interno della carrozza. Dopo il trasferimento repentino in sud Italia, tutta la famiglia era dovuta alloggiare in albergo a Napoli per qualche tempo, in attesa di una sistemazione più confortevole.

Quando si era inginocchiato davanti a Harvey e lo aveva pregato di fuggire con lui, il ragazzo dopo un attimo di sconcerto si era mostrato entusiasta all’idea; Lisbeth, da parte sua, sembrava più che felice di tornare nel luogo della loro recente vacanza in cui si era divertita tanto; Sarah era quella che aveva fatto più resistenza, ma davanti alla prospettiva di vivere nel lusso in riva al mare circondata da nuovi e più disinibiti amici dei salotti italiani perbene, aveva ceduto anche lei.

In quel momento, così, si trovavano a Vico Equense, la ridente cittadina in cui Alexander aveva trovato una villa inerpicata su un delizioso promontorio vista mare.

«Sarò io la prima a scegliere la stanza, sappiatelo!» commentò Sarah, che si era mostrata piuttosto insofferente a quella traversata e al lasciare Napoli per il paesino. 

«No! La stanza la voglio scegliere io!» si inserì Lisbeth, che non si sarebbe mai fatta sfuggire l’occasione.

«Non ci sarà bisogno di litigare. Ho già fatto una selezione delle stanze da letto e sono tutte state arredate di conseguenza. Sono certo che le riterrete più che soddisfacenti.»

Harvey gli passò una mano lungo la gamba, e quando arrivò al ginocchio strinse la presa. Gli aveva dato carta bianca per la loro camera, a lui sarebbe bastato poter dormire insieme sino al mattino, senza bisogno di svegliarsi all’alba per venire sostituito da sua sorella.

La carrozza si arrestò.

L’aria era intrisa del profumo dei limoni in piena fioritura, e il rumore della risacca portato dal vento li cullava, ipnotico e rassicurante. Lisbeth fu la prima a saltare giù per la strada in terra battuta, sollevando il volto verso il cielo terso. La mancanza della pioggia pareva averla rinvigorita in quelle settimane, mentre l’animo malinconico di Alexander provava nostalgia per l’uggiosa città che si era lasciato alle spalle.

«È splendida, non è vero?» domandò, osservando la villa stagliata contro il turchese intenso, avvertendo la sua pelle che assorbiva il caldo sole di fine giugno.

«Devo ammettere che sì, potrei adattarmi a vivere in un posto simile» cinguettò Sarah, lo sguardo che vagava per il viale trafficato di facchini che caricavano gli ultimi mobili e i loro bagagli.

«Signore» lo chiamò in italiano un giovane impegnato nel trasporto di un baule, che abbandonò per la strada e si avvicinò. Aggiunse qualche parola che Alexander non capì. Lui era in grado di conversare in italiano, in teoria, ma quello campano gli risultava difficile da comprendere per via dell’accento marcato e del diverso vocabolario.

Aveva impiegato almeno dieci giorni a decifrare la particella mo’ e capire che era l’equivalente di adesso.

«Perdonatemi, dovete parlare un poco più piano. Non credo di capire» aveva spiegato, cercando di risultare più chiaro possibile.

Il ragazzo non gli aveva risposto. Aveva posato gli occhi su Sarah, le aveva baciato il dorso della mano, e Alexander l’aveva guardata sciogliersi in un sorrisino languido che le aveva illuminato il volto.

La prima volta che lui le aveva fatto un baciamano, ricordò, la ragazza si era pulita il dorso sulla gonna come se l’avesse contaminato.

Immaginava che un aitante e abbronzato giovane mediterraneo con i bicipiti all’aria avesse per lei un’attrattiva diversa rispetto a un pallido sollevatore di libri britannico che aveva occhi solo per suo fratello.

Vita e Dolori di Alexander Ulysses WoodsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora