Four.

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Erano ore che ripensavo ai suoi occhi. Mi guardavano attenti. Cercando di cogliere ogni mio particolare, forse, annotandosi in testa ciò che gli piaceva e ciò che non gli piaceva. Non aveva accennato ad alcun sorriso mentre mi guardava. Lo faceva e basta. E lo facevo anch'io. Ci guardavamo da una distanza di pochi metri, magari con gli stessi pensieri per la testa. Eravamo solo sconosciuti. E forse eravamo destinati a rimanere tali.

- - -

Cercavo sempre di trovare la via logica delle cose. Oppure, cercavo di scoprire cosa faceva il nostro cervello. Quando ad esempio facciamo delle cose inconsciamente, perché le facciamo? Ho sempre pensato, quando ero bambina, al cervello come una grande macchina, dalla quale, tutto dipende. Dipendono gli impulsi che diamo al corpo, per muoverci; dipendono i pensieri, le parole, le azioni. Pensavo che il cervello fosse come un unico capo. Poi, più avanti, scoprii Freud. Freud, spiegò la sua concezione del funzionamento della mente umana.

'L'esistenza dell'inconscio è ciò che la loro coscienza cosciente, rifiuta.' 

'L'inconscio è una parte della mente dove dei comportamenti, possono avere luogo senza il controllo della coscienza.'

E forse io, quando lo vedevo appoggiato alla colonna, con gli occhi chiari fissi su un punto, quei vestiti scuri che fasciavano il suo corpo, le sue labbra rosee sempre un po' socchiuse e umide, quando vedevo tutto questo, raggiungevo l'inconscio. La mia mente non faceva altro che pensarlo. Ma non pensavo a un possibile 'Io e Lui' perché capivo quanto potesse essere difficile si realizzasse. Pensavo solamente a lui, tenendo tutto dentro la mia testa.  Forse il mio era più un inconscio dentro, e un conscio fuori. Ero cosciente che non potessi anche solo parlargli, ma era tutto ciò che la mia mente voleva. Invece, lo guardavo e basta.

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Io e Ethan avevamo appena finito di studiare e lui si era rivelato davvero molto bravo ad ascoltarmi e a capire l'argomento velocemente. Non era stupido come pensavo.

-Vuoi guardare un film?-

Proposi, mi piaceva la sua compagnia.

-Certo! Cosa in particolare?-

-Beh, non ho molta scelta a dire il vero ma possiamo guardare qualcosa alla TV.-

Fui felice quando accettò la mia offerta con piacere e mentre guardavamo Friends, lui mi parlava un po' di se.

-Mio padre è un imprenditore, mia madre infermiera. Io voglio fare il pompiere. Voglio davvero aiutare la gente e essere sempre presente per le persone che ci circondano. Al contrario di certi ragazzini che a vent'anni pensano solo a bere e non al loro futuro, per me è l'unica cosa davvero importante. Ovviamente mi vivrò comunque i miei diciannove anni come si deve, senza però rovinare quello che potrò forse essere un giorno.-

Le sue parole mi colpirono. Si capiva che era un tipo a cui piacevano le persone e nella vita, ci voleva avere a che fare. 

-Ti piacciono le persone? -

-Sono solo le uniche con cui posso dialogare o interagire, aiutare e conoscere.-

-Beh ci sono anche gli animali!-

-Gli animali danno solo affetto. Non mi ci posso di certo innamorare.-

Voleva innamorarsi?

-Perché cerchi l'amore Ethan? Arriverà da solo.-

-Lo cerco, perché è troppo che lo aspetto.- rise -Comunque il tuo ragazzo mi ha già avvisato di starti lontano, non ti porto via da lui Coralie.-

-Scusa, di chi stai parlando?-

-Di quel ragazzo alto e riccio! L'altro giorno che ti ho accompagnata alla classe, era alla fine del corridoio. Penso pensasse che ci volessi provare con te, mi ha esplicitamente detto di cambiare strada. Oggi sono venuto lo stesso spero non ti dispiaccia. Comunque, non è il tuo ragazzo?-
Cosa?

Stockholm Syndrome. Hs.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora