Three.

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Camminavo per andare a scuola. Non era molto distante e in più, avevo del tempo da dedicare alla musica del mio lettore. Ascoltavo solitamente quello che trasmettevano alla radio, ma ero abbastanza convinta che fossero troppo conosciute e a me, non piacevano le cose che piacevano a tutti. Non amavo le persone, soprattutto quelle stupide e senza personalità. Parlavo con le persone solamente perché non avevo nessun altro con cui farlo. Ma quando ci parlavo di mia volontà era per chiarire che a me le persone non piacevano. Poi c'erano le eccezioni. 

Mi piacevano quelle persone che sapevano tenerti testa su argomenti banali, quelle che ti facevano capire la logica, quelle che ti portavano in altri mondi e quelle indifferenti a cui non importava di notare, ma che dentro notavano tutto.

- - -

Quando quella mattina entrai a scuola non potei che non notarlo. Indossava una maglia bianca, i jeans neri fin troppo stretti e un paio di quei soliti stivali. Mi passò per la testa il fatto che lo stessi fissando ma mi stupii quando, alzando lo sguardo, lo scoprii a fare la stessa cosa su di me. Avvampai di getto e mossi le gambe, dove era fisso il suo sguardo. Lui lo alzò e mi guardò. Non capii quanto tempo passò prima che una mano si posasse sulla mia spalla facendomi spostare lo sguardo. Era un ragazzo che avevo si e no visto due volte nei corridoi dell'ultimo anno.

-Sei Coralie Jones, giusto?-

Chi era? Cosa voleva? Come sapeva il mio nome?

-Sì, sono io.-

-Scusa, non volevo davvero disturbarti, mi chiamo Ethan e il professor Dubs mi ha detto che te la cavi in matematica e ti volevo chiedere se mi potevi dare una mano, almeno per riuscire a superare il prossimo compito.-

Era stato carino da parte del professor Dubs indicarmi ad Ethan come 'aiutante', ma penso che avrebbe davvero potuto prima chiedere a me. Ad ogni modo accettai di vederci il venerdì prossimo, per non sembrare scortese.  Insistè per accompagnarmi alla mia classe e, nel silenzio dei nostri passi, cercai di guardarlo meglio. Era poco più alto di me, con i capelli corti e scuri alzati nel più che monotono crestino con gli occhi fin troppo grigi. Arrivati, lo ringraziai e lui mi ricordò del nostro incontro di venerdì. Lo guardai andarsene notando, più lontano, una testa riccia squadrarlo per poi guardarmi.

Stockholm Syndrome. Hs.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora