Fourteen.

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Guardavo il soffitto da ore. Tutto quello che volevo fare in quel momento era saltare nel letto, urlare di gioia e cantare a squarciagola con in mano una spazzola, al posto di un microfono.

Di prendere sonno il mio corpo non voleva saperne.

Avevo ancora in mente, parola per parola, il discorso di Harry. Come me lo aveva detto con tanta sicurezza, come teneva i miei occhi nei suoi con una tale facilità.
E poi le sue labbra. Sulle mie.
In quel momento ero come in paradiso. Erano così morbide, e, ogni volta che smetteva di baciarmi, lo desideravo ancora.

Mi aveva accompagnata a casa.
Mi aveva mormorato un 'a presto' davanti alla porta di casa mia poi mi aveva sfiorato la gucia con la bocca.
Si era voltato e se n'era andato.

Era impossibile non guardarlo mentre camminava, o anche solmente se stava fermo.
Era avvolto dal mistero.
Voleva passare inosservato, ma quello che gli succedeva era sempre il contrario.
Attirava a se occhi. Occhi curiosi. Come lo erano i miei. Occhi che volevano sapere sempre più cose su di lui.
Speravo davvero che arrivasse quel giorno i cui lo conoscevo meglio delle mie tasche.

Dovevo solo aspettare.

-  -  -

-Coralie, sono le nove e mezza.-

La voce di mia madre mi sveglió bruscamente quella mattina. Aprii un occhio, vedendo il frizzante sorriso mattutino di mia madre, seduta sul bordo del mio letto.

-Buuongiorno cara.-

Tiró un po' più lunga la 'u' della prima parola, segno che era emozionata per qualche strana ragione. Aprii anche l'altro occhio in attesa della sua rivelazione.

-C'é qualcuno che ti aspetta giù, lo faccio salire.-

Non mi lasció neanche il tempo per assimilare tutte le parole che aveva detto, che era già al piano di sotto.

Poco mi importava di chi era, anche se speravo in qualcuno in particolare.

Sarei rimasta a letto comunque. Non esisteva che mi alzassi così presto, di domenica.

Tre battiti netti alla mia porta mi impedirono di riprendere sonno.
-Avanti.- dissi tenendo ancora gli occhi chiusi e quasi affondando in tutto il mio ammasso di coperte pesanti.

Una risata contagiosa riempì la mia stanza. La conoscevo bene.
Aprii gli occhi per trovare a guardarmi gli occhi cerulei di Ethan.

-Buongiorno anche a te Coralie.- rise.

-Ethan cosa vuoi alle 9:30 di domenica?- sbuffai ma tenendo un tono scherzoso.

-Pensavo di trovarti sveglia, e invece ho dovuto svegliarti.- mi tiró in piena faccia un cuscino che ero solita tenere alla fine del letto.

Io e Ethan avevamo legato molto. Soprattutto nell'ultimo periodo. Era da poco iniziato novembre e da circa ottobre, io e lui eravamo diventati amici, se così si puó dire. Gli avevo parlato di Harry e un po' della mia vita in generale, lui era sembrato entusiasta di tutto ció che gli dicevo.
Lui mi aveva parlato di se, e era al settimo cielo per il fatto che non fossi scappata, pensando che lui fosse un psicopatico, quando mi disse di avere una collezione, di circa mille pezzi, di rose rosse essicate.
Io gli dissi che la trovavo una cosa affascinante, e mi prenotai per poterla vedere presto.

Era alle stelle alla mia richiesta.

Amavo passare del tempo, con quello che dopo anni, sembrava davvero essermi amico.

-Ti serviva qualcosa?-

-Mi servi tu Coralie, vestiti dobbiamo uscire.-

-  -  - 

-Ti avevo detto che dipingo, vero?-

-Si Eth.-

-Bene. E tu mi avevi detto che suonavi il piano, vero?-

-Si Eth, ma non sto capendo niente.-

-Non ti preoccupare.-

Arrivammo poco dopo, in una casa. Che presumevo fosse la sua.

-Vieni, entra.-

La casa all'interno era perfettamente ordinata e bianca.
Era letteralmente completamente bianca. Pareti, mobili, arredamenti.

-I miei l'hanno voluta bianca perché io la potessi decorare per loro.-

-É una cosa fantastica.- mi guardavo intorno.
-Hai già pensato a come farla?

Mi sorrise.

-É per questo che sei qui.-

Mi condusse in una stanza. Nella porta c'era una targhetta con su scritto 'oceano'.
Entrammo. Al centro c'era un pianoforte.
Le quattro pareti erano bianche. Nel soffitto c'era una finestra dalla quale entrava una luce naturale perfetta.

-Cora, puoi suonare quello che vuoi. Mi servi per l'ispirazione. La musica mi aiuta sempre.
Cercheró di dipingere tutte e quattro le pareti, tu suona finché non ti senti esausta.-

Non mi sentivo obbligata o forzata, anzi, non vedevo l'ora. Sebbene non me lo avesse neppure chiesto ero felicissima di poterlo aiutare.

-Ah prima di iniziare, potresti dirmi delle cose che ti vengono in mente pensando all'oceano?-

-Profondo, buio, scuro, sconosciuto, freddo, crisallino, enorme..-

-Perché aggettivi così....negativi?-

-Forse perché lo temo. Insomma, é una cosa che mi ha sempre spaventata. É la mia più grande paura, l'oceano. Vedi sono abituata ad avere qualcosa di stabile sotto i miei piedi, se me lo togli, potrei affogare. Non riuscirei a salvarmi da sola. É una cosa che mi infastidisce a morte, sai? Perché io sono sempre stata una persona molto indipendente. Non ho mai avuto bisogno di qualcun'altro per cavarmela.
Ma so che se mi trovassi da sola nell'oceano, vorrei a tutti i costi qualcuno al mio fianco, in grado di salvarmi.
Forse in questo periodo ci sto vivendo nell'oceano, ma non con così tanta paura. Finalmente ho trovato qualcuno che ha voluto salvarmi.-

I suoi occhi erano fissi su di me. Nella mia mente c'era solo Harry.
Mi sorrise quasi come se fosse fiero e contento di me ,e mi disse -Iniziamo.-

Mi posizionai al piano, pensando al mio discorso e concentrandomi nella melodia, che ancora dopo anni, non avevo dimenticato.

Ad ogni mia nota corrispondeva una pennellata di Ethan.

Eravamo trasportati dalle note che si imbattevano forti nelle pareti, quasi come fossero onde negli scogli.

La luce dalla finestra ormai penetrava debole. Ultime note uscivano dallo strumento. Le mie dita erano stanche. Ethan, mise apposto i pennelli.

Io per la prima volta alzai lo sguardo.

La meraviglia di quei dipinti era immensa. C'erano particolari piccolissimi che notavi solo guardando con estrema attenzione.
Guardai in basso e quello che vidi mi stupì ancora di più.

Tutte le parole del mio discorso facevano da cornice all'opera.

Iniziai a piangere, non so bene per quale motivo, ma era quello che volevo fare in quel monento.

-Cora.-

Ethan mi richiamó dall'angolo opposto della stanza. Sembrava che i suoi occhi riflettessero i colori del dipinto. Lo guardai.

-Puoi contare anche su di me, se vuoi essere salvata.-

Piangevo.

-  -  -  

BABIESSS okay sono viva tranquille.
Odiatemi visto che é da un'eternità che non aggiorno.

Volevo dedicare questo capitolo ad Ethan perché per me é un personaggio importantissimo. Il perché lo capirete presto

Niente spero vi piaccia come sempre, magari lasciatemi qualche commento su quello che pensate, mi fa sempre piacere leggerli

E giuro che aggiorneró più spesso

Vi voglio bene, bacinii

Stockholm Syndrome. Hs.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora