3. ARTIGLI SGUAINATI

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If you wish, I'll enshroud you
With my claws still bared...
-Cit. Kuroshitsuji, manga, capitolo n.62

Sebastian si alzò dal letto circa un'ora più tardi. La sua pelle, guscio di un corpo orribile e letale, era tornata normale. Ma accidenti, ripulire tutto quel sangue non sarebbe stato da poco, realizzò, guardandosi intorno. Meglio cominciare subito. Si allungò sul letto per raccogliere i vestiti sporchi, e in quel momento la porta si aprì.
Come era possibile? Nessuno entrava mai nella sua camera.
In effetti, a stento vi entrava lui stesso.
-Signorino...!- esclamò il demone, sorpreso, quando vide che la persona ferma sulla soglia era il suo piccolo padrone.
Fermo ed immobile, dritto come il bastone che si portava sempre dietro quando usciva, il ragazzo fissava tutto il sangue sparso sul letto.
Anche il petto di Sebastian, sebbene fosse guarito, era ancora nudo e coperto di sangue. Non aveva ancora fatto in tempo a vestirsi.
Ce n'era così tanto che persino l'olfatto umano di Ciel era infastidito dal suo metallico odore.
-Sebastian...?- sussurrò. Per un attimo la sua voce suonò incerta, e il ragazzino si guardò confuso attorno. Non si era atteso quello spettacolo, quando era entrato.
-Sebastian, che succede qui?- domandò, con voce più sicura.
-Cosa ci fate voi qui, signorino? - domandò l'uomo, severamente. Non credevo che il padroncino si disturbasse a visitare gli alloggi di un maggiordomo. -
Il ragazzo strinse i pugni.
-Innanzitutto, non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. E comunque sono venuto perché ti ho chiamato già per tre volte. Avevo finito di mangiare, volevo farti riportare i piatti in cucina. Tu non hai mai risposto.- spiegò, stizzito.
Sebastian si spostò una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio, pensieroso.
Aveva dunque perso coscienza, mentre era disteso sul letto?
È tutta colpa di quell'angelo.
Prima il ritardo di un minuto e mezzo, poi la mancata risposta al richiamo del padroncino. Chinò la testa, vergognandosi. Lui, proprio lui che desiderava essere perfetto sino all'ultimo istante, quel giorno stava commettendo così tanti errori.
Si inginocchiò davanti al ragazzo, portando così il viso quasi alla sua altezza.
-Chiedo umilmente il vostro perdono, mio signore.-
Ciel gli tirò uno schiaffo. Usò la mano con gli anelli, e chiunque sia mai stato colpito da una mano inanellata sa che non si tratta certamente di una pratica indolore.
Ma il demone non disse niente.
-Perché non hai risposto, cane maledetto? Ormai hai compiuto il tuo dovere, pensi di poterti rilassare?- gridò. Era... no, sembrava furioso.
Sebastian sentiva chiaramente l'odore della paura, l'unica vera emozione che albergava nel suo animo disperato.
Ti ucciderò e tu lo sai, eppure non puoi fare a meno di volermi al tuo fianco. Perché? ... davvero, perché?
Subito dopo, la sua mente fu attraversata da un pensiero terribile.
Che cosa ti ho fatto?
Lo guardò, e per un attimo desiderò con tutto il cuore stringerlo a sé, come se volesse rassicurarlo. Con tutto il suo cuore? Che idiozia. Lui non aveva un cuore.
O, almeno, non lo aveva mai sentito battere. Mai.... prima d'ora. Ma ora lo sentiva chiaramente, lo sentiva quasi gridare. Prima dell'arrivo dell'angelo, era stato incapace di decifrare quella voce, quel canto strano che gli partiva dal petto e gli sussurrava strane parole. Ma ora i suoi messaggi sembravano più chiari.
-Ciel... - mormorò. Voleva davvero stringerlo a sé, abbracciarlo, ma poi pensò che era una cosa stupida. Chi sopporterebbe l'abbraccio di un uomo - un demone - che ha promesso di ucciderti?
Il ragazzo deglutì, sentendolo chiamare il suo nome. Era molto raro che lo facesse.
-Non... pronunciare il mio nome, demone. - lo ammonì. -Diventa disgustoso, detto da te-
Sebastian esitò, poi annuì. Per qualche ragione, gli diede profondamente fastidio quel divieto.
-Sì, mio s... -
-...Stai zitto.- disse il conte, acido.
-....Prego? -
-Quella frase. Non dirla più. Smettila con questa finzione. Ti odio... - per un attimo fece una pausa, come se cercasse un'emozione più forte dell'odio, ma non la trovò. - Sì, io ti odio. Sapevo dall'inizio come sarebbe finita, ma vederti qui, ai miei piedi, simulare emozioni che non provi fino alla fine, mi....- esitò, e il suo sguardo divenne strano. Per un momento, parve fragile, come il bambino che era, e non aveva mai accettato di essere.
Sebastian chinò lo sguardo.
-....Vi?- domandò, curioso, inducendolo a continuare.
Ciel scosse la testa.
-Sei un demone. Non capiresti.-
Quelle parole gli rimbombarono nella mente. Il loro suono era forte, insopportabile e terribile, coma un'eco in un palazzo di vetro.
Sei un demone. Non capiresti.
-Chi siete voi per poter dire cosa capisco e cosa non capisco?- domandò, rude, al suo piccolo padrone.
Ciel, udendo quel tono di voce, che Sebastian usava raramente, tacque. Inclinò la testa di lato. E di nuovo nei suoi occhi brillò una scintilla di debolezza. Il demone si chiese a cosa stesse pensando.
-Per favore, uccidimi adesso, Sebastian. Non posso vivere altri giorni in questo modo. Non essere tanto crudele, con me, e prendi ciò che di diritto... è tuo.- disse.
Il demone trasalì. Ah!.... Era sempre così impulsivo, il suo padrone, nell'invocare la morte!
Per un attimo, al solo pensiero, i suoi occhi divennero rossi. Ciel li vide, e chiuse i propri istintivamente. Non riuscì a controllare il tremore delle sue membra, e se ne vergognò. Non riaprì gli occhi, perché temeva di vederlo ridere, dal momento che stava tremando.
Il tuo istinto ti dice che la tua fame sarà soddisfatta se ti nutrirai della sua anima, ma il tuo cuore non dice questo, il tuo cuore impazzirebbe per il dolore!
Sebastian si fermò. Il cuore, dentro di lui, gridava e il grido era sempre più forte. L'uomo poggiò le mani sulle spalle del ragazzino.
-Non adesso. Non ne ho voglia.- sorrise, sadico, senza lasciar trapelare alcuna emozione. Era una cosa che gli riusciva bene. Forse, quella che gli riusciva meglio.
Ciel era sconvolto. Sebastian lo stava lasciando nell' agonia... perché non aveva voglia di ucciderlo?
Non riusciva quasi a crederlo.
-Sei più abominevole di quanto pensassi. - gli disse, disgustato, ancora tremante. - Perché lo stai facendo? -
Non te lo dirò.
-Non lo so.-
-Vuoi vendicarti per ciò che ti ho fatto passare?-
No. In fondo, questa vita non è mai stata del tutto spiacevole.
-Forse.-
-Odi così tanto questo mondo? -
I suoi occhi luccicarono ancora di rosso, un rosso acceso.
No. No.
-Probabilmente è così. -
-Odi anche me, vero? -
Non credo. Non lo so. Vorrei. Non ci riesco. Perché sei solo un bambino, ed io ti ho trascinato in un mondo oscuro... hai visto cose che non avresti dovuto vedere neppure negli incubi...
Sapeva cosa voleva dire.
"Lei è la persona che odio più di tutti, signorino. Per me non siete che un mero pasto, seppur immensamente delizioso."
Desiderava dirlo, ma non era ciò che pensava, dunque per farlo avrebbe dovuto mentire, e non gli era possibile. Ma non poteva neanche dirgli la verità.
Così si limitò ad inclinare la testa nella sua direzione, in un gesto che poteva significare qualunque cosa, ma che sperava lui fraintendesse come un sì.
-Il cacciatore non odia la preda. - disse, ambiguamente. -Se ne nutre, e basta. Non conta niente, per lui. -
Il ragazzino lo guardò, senza parlare. Deglutì.
Odiami, Ciel, devi odiarmi. Già dici di farlo, ma non è vero, io posso sentirlo, tu non ci riesci, non mi odi dal profondo del tuo cuore! E non è normale che tu non lo faccia. Odiami, sii come tutti gli altri. Non essere diverso. Non essere speciale. Ti prego, odiami!
-Nessuno mi ha mai umiliato tanto. Lo merito? Merito tutto questo? -
Mentiva. Non lo aveva umiliato. Con quelle parole terribili lo aveva ferito. Sentirsi dire di non essere nemmeno degno di odio, ma solo di indifferenza, gli fece male.
-Merito davvero ciò che mi stai facendo? - chiese, nuovamente, a voce bassa.
Sebastian non rispose. Non sapeva che dire.
-Spero che avrai presto voglia di uccidermi. La mia gustosa anima è pronta. - gridò, senza neanche curarsi che qualcuno nella magione potesse sentirlo. E a che serviva tenerlo nascosto, ormai?
Chiuse la porta alle sue spalle, con un tonfo.
Come poteva, Sebastian, essere così freddo? Così privo di cuore, di emozioni? E perché non riusciva ad odiarlo? Perché?
Si sentiva uno stupido. Si portò una mano al collo, e cercò di respirare.
Uccidimi presto, Sebastian. Ma non è poi così importante.... già il pensiero che tu mi ucciderai senza provare il minimo rimpianto... ecco, già questo mi uccide. Pensavo che, dopo tutto questo tempo... tu mi volessi almeno un poco di bene... che ti fossi affezionato a me come io a te... che stupido sono stato!
***
Sebastian si passò una mano fra i capelli, esasperato. Mentre si metteva una camicia pulita, si chiese perché si era comportato in quel modo. Perché si era frenato, invece di soddisfare il proprio appetito?
Di certo era colpa di quella luce che l'angelo gli aveva messo nel cuore...
... sciocco angelo...
No! Non era vero, e lo sapeva benissimo. Già prima della visita dell' angelo, aveva cominciato a non sentirsi troppo felice al pensiero di uccidere Ciel.
Lui non era come gli altri, sembrava, a volte ... che gli volesse bene. Ma nessuno gliene aveva mai voluto. Mai, in migliaia di anni. Era possibile che qualcuno potesse farlo ora... o no? Ecco perché, dopo la vendetta, gli aveva dato un'altra settimana.
Ciò che più lo preoccupava, poi, non era tanto il fatto che Ciel gli si fosse affezionato. Quanto invece lo turbava il fatto che lui si era affezionato a quel bambino.
Non era un gioco come pensava Ciel. Si stava dando del tempo.
Tempo per decidere cosa fare.
Povera, piccola preda. Sei indifesa fra gli artigli del cacciatore, artigli sguainati....
non cerchi di scappare, per il terrore di essere squarciato da quelle armi letali? Non hai paura del predatore?
No, non lo temi. Non hai paura di niente.
Tu guardi il predatore negli occhi, e nelle tue iridi mille emozioni diverse si susseguono.
Il predatore si perde nei tuoi occhi.
Il predatore si confonde.
Il predatore non è più sicuro di niente.  

UNA VOLTA I DEMONI ERANO ANGELIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora