6. ALI NERE

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  Ciel diede ordine ai servitori di scortare Elizabeth a casa, nonostante la ragazza insistesse per sapere cosa stava accadendo al suo occhio.
-Non è niente- aveva detto il ragazzino, sorridendo. -Devo solo riposarmi. A volte succede. Ci vediamo presto, Lizzy! -
A volte succede??
Certo, come no. L'occhio mi sanguina spesso. E brucia in questo modo....
Cosa gli stava accadendo, diamine?
Sebastian.
Deve entrarci lui in questa storia. L'immagine del demone che gli sorrideva poco prima di lasciare la stanza gli tornò nella mente. Come faceva a volergli bene, nonostante lo ferisse in quel modo?
Doveva smetterla di farsi quella stupida domanda. Esistono sentimenti come l'amore e l'affetto, che non conoscono ragioni.
Si rese conto di essere rimasto solo, e si incamminò nel corridoio buio, verso la stanza di Sebastian, come se un richiamo segreto lo chiamasse. Sapeva che lui era lì.
La porta era socchiusa, una lama di luce si riversava sul pavimento.
Ciel non esitò ad entrare, ma appena varcò la soglia i suoi occhi si riempirono di orrore.
-Sebastian! - gridò, portandosi le mani alla testa.
***
Sebastian stava seduto sul pavimento, la schiena poggiata contro il letto.
Non indossava la giacca con le code, il panciotto e la camicia, che giacevano gettatati a terra poco lontano da lui.
Dietro la sua schiena si stendevano due grandi ali dalle piume nere, sporche di sangue.
Oscillavano piano nell'aria, e probabilmente per molti non sarebbe stato uno spettacolo piacevole da guardare.
Ma Ciel pensò che il suo sguardo non si fosse mai posato, prima di allora, su qualcosa di tanto magnifico.
La mano con il pentacolo, priva di guanto, era trapassata da un pugnale nero.
Il demone sollevò gli occhi verso Ciel.
-Padroncino... mi duole molto mostrarmi a voi in questo stato indecoroso- si scusò, umilmente. Il suo petto nudo si alzava e si abbassava lentamente, come se faticasse a respirare.
Il ragazzo era spazientito.
-Sebastian.... seriamente: hai un pugnale conficcato nel marchio, il mio occhio sanguina e hai un aspetto terribile, e tutto ciò che sai dire è scusarti di essere visto in questo stato? -
Sebastian si portò l'indice della mano buona al mento, pensieroso.
-Temo che... a volte mi sfuggano le priorità umane.- rifletté. -Mi dispiace per il vostro occhio- aggiunse poi, notando il sangue. -Fa molto male? -
-Brucia un po'. -
Sebastian sorrise, soddisfatto.
-Bene. Il rito ha funzionato. Io sto provando il dolore di entrambi. Non sarebbe tollerabile per il vostro piccolo corpo un dolore simile, perciò non potevo lasciarvelo provare. -
Ciel non capiva.
-Ti ordino di dirmi cos'è questa storia, Sebastian. - chiese, incrociando le braccia sul petto.
-Ciel...- disse lui. Il ragazzo sussultò. Si accorse che gli piaceva il suo nome, pronunciato in quel modo dalla voce di Sebastian. Non era vero che lo trovava disgustoso, detto da lui. Gli sembrava solo una bugia. Ma, in quel momento, non lo era. Aveva il suono di una cosa vera.
-...vieni qui. Per favore. –
Il ragazzino gli si avvicinò, e lui allungò le dita, come per accarezzargli una guancia, poi ritirò la mano, come se temesse di non essere degno di quel gesto.
Ciel trasalì, non se lo aspettava.
-Tu mi hai cambiato, piccolo bambino. Mi hai fatto vedere una luce che da tanto avevo abbandonato. – chiuse gli occhi, come se avesse un ricordo davanti agli occhi, qualcosa che lo faceva soffrire e che dunque non voleva vedere.
-Sebastian. ...- sussurrò Ciel, senza allontanarsi. L'uomo lo guardò, e capì dalla sua espressione che stava per dire qualcosa di importante.
-Io so che cosa hai provato a fare, stanotte.-
Il maggiordomo trasalì.
-Lo sai?-
-Sì. Volevi prendere la mia anima. Non mi sarei svegliato mai più. Nessun addio. Nessun dolore. Te ne sarei stato grato.-
Sebastian non sapeva cosa dire.
-Non...-
-Non ci sei riuscito. Vero? -
-Vero.-
-Cosa farai, ora? Riproverai?- domandò, un po' spaventato.
Sebastian scosse la testa.
-No. Ciel, non lo hai capito? Sto rompendo il contratto. -
Ciel gemette. Non aveva osato sperarlo.
-Parli sul serio?-
-Io non... mento mai. - disse, in risposta.
Ci fu silenzio. Ciel allungò una mano su quella di Sebastian, non trafitta dal coltello. Non voleva toccargli quella ferita, e causargli un dolore ulteriore.
L'uomo però si ritrasse, come se toccandolo lo avesse ferito ugualmente.
-Non mi tocchi – disse, distogliendo lo sguardo. – Sarebbe una terribile mancanza di rispetto da parte mia azzardarmi ad un contatto con voi senza indossare i guanti. Come se io, un misero servo, potessi essere alla vostra altezza. E' ridicolo. –
-Ciò che dici è ridicolo. -
Il ragazzino lo bloccò, e con entrambe le mani gli strinse la sua. Era una mano grande, la mano di un uomo, ma tremava come quella di un bambino. La prese con delicatezza e se la portò alla guancia. Il demone rimase a fissare la propria mano, stretta fra quelle del padroncino, premuta sulla sua guancia calda, con meraviglia e stupore.
-Non mi interessano queste cose, Sebastian. Non più. – sussurrò, con voce dolce. Si sentiva sul punto di piangere, anche se non sapeva bene perché.
In realtà non mi sono mai interessate. Ma prima era diverso. Io ero la tua cena, e tu il mio servo. Ora io non sono più solo la tua anima, e tu non sei più il mio maggiordomo. Non più. Non solo. Da molto tempo, in realtà, per me non eri più solo questo. Lo capisci?
Voleva spiegarglielo, ma non sapeva come dirglielo, perciò non glielo disse. Tenne ancora la mano di lui sulla sua guancia, chiuse gli occhi e sperò che lui capisse da solo, senza che ci fosse bisogno di aggiungere niente. Sebastian abbozzò un sorriso, e nei suoi occhi castani splendettero scintille cremisi.
-Ciel, tu sai che una volta i demoni erano angeli?-
Il ragazzo aprì gli occhi e si morse la labbra, sforzandosi di pensare.
-Devo aver sentito qualcosa del genere.- ammise.
-Lo ero anche io. Ero bellissimo. -
Ciel sorrise. E cercò di immaginarsi Sebastian vestito di bianco, con candide ali piumate. Non riusciva ad immaginarselo, ma lui non poteva mentire, quindi una volta doveva essere stato davvero così. Non riusciva proprio ad immaginarlo con l'aspetto di un angelo, ma riusciva ad immaginare, chissà perché, i suoi occhi con una dolcezza angelica, con lo stesso sguardo che gli aveva rivolto quella mattina.
-Perché sei diventato un demone? -
Lui non rispose.
-È....doloroso per me, ricordarlo.-
Ciel lo guardò. -Allora non te lo chiederò più. -
-Ho bisogno del tuo aiuto, Ciel.-
-Per cosa?-
Sebastian si tolse il pugnale dalla mano con il pentacolo, cercando di nascondere una smorfia di dolore, e lo porse a Ciel. La lama era affilata, sporca di sangue, e luccicava di un bagliore argenteo e sinistro. Un coltello insolito, pensò Ciel, osservandone l'impugnatura.
Sebastian longuardò seriamente negli occhi.
-Devi tagliarmi le ali. Fallo per me. - Ciel inorridì.
-N-non -non posso, i-io... -
Sebastian gli pose un dito sulle labbra. Poi gli prese la mano e strinse le dita del ragazzino intorno all'impugnatura del coltello.
-Ciel... fallo. Per me. Per favore. Io lo sto facendo per te, perché così non potrò più farti del male. Sarà meno doloroso, se sarai tu a farlo.-
-Anche questo serve a rompere il contratto? - Sebastian esitò.
-No, questo no.-
-E allora che...-
-Questo è per te. Solo per te.- disse, senza dare ulteriori spiegazioni.
Gli mise una mano sulla spalla.
-Puoi riuscirci. Fidati di me.-
Ciel si sentì confortato, a quel tocco. Sebastian allontanò la mano e gli volse la schiena.
Abbassò le ali, permettendogli di accarezzarle. Erano soffici. Più morbide di qualsiasi altra cosa avesse mai toccato. Se solo avesse non potuto, non avrebbe mai smesso di accarezzarle.
-Sono piacevoli le tue carezze.- disse Sebastian. Ciel era sorpreso. Non credeva che lui potesse sentirle...
Ma allora soffrirà, pensò, con una stretta al cuore.
-Non essere indeciso. - si raccomandò. Entrambi sapevano perché. L'indecisione nel taglio avrebbe causato ferite più dolorose.
Ciel si fece coraggio, respirò profondamente e con il pugnale cominciò a tagliare le eleganti, morbide piume nere di quelle grandi ali.
Il suono dei gemiti che Sebastian si sforzava di trattenere erano la musica più terribile che le sue orecchie avessero mai udito.

UNA VOLTA I DEMONI ERANO ANGELIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora