2. GIÙ, NEL PIÙ PROFONDO BUIO

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Sebastian uscì dalla stanza del signorino più sconvolto che mai.
Aveva effettivamente ritardato. Di un minuto e mezzo.
Non era mai accaduto. E c'era una ragione. Dopo che Finnian lo aveva chiamato per mostrargli quel maledetto fiore, e lui-diamine-lo aveva toccato, era iniziato l'imprevedibile. Nonostante indossasse i guanti, le dita avevano cominciato a bruciargli, come se fossero state scottate. Si era ritirato nella sua stanza, si era sfilato il guanto, e aveva constatato che la sua mano stava cambiando colore, che si stava coprendo di chiazze rosse. Preso dal panico, non aveva potuto riflettere a lungo su quanto gli stava accadendo perché il padroncino lo aveva chiamato pretendendo il solito spuntino del pomeriggio.
Per un attimo, ricordò le sue parole.
Fra un settimana avrai la mia anima. Vedi di meritarla.
Sorrise, leccandosi le labbra.
Sarebbe stato un pasto delizioso.
Aveva percepito, naturalmente, la sua paura.
Attendere una settimana metteva a dura prova persino il coraggio di Ciel Phantomhive.
Eppure, Sebastian non poteva negare a sé stesso di provare un certo... disagio, nel realizzare che quel ragazzino non avrebbe più respirato, nel concepire che i suoi occhi blu non si sarebbero aperti più. Occhi?
No, uno solo. L'altro gli apparteneva già, dall' inizio.
Quel pensiero, per un attimo, lo turbò seriamente.
Scosse la testa. Non doveva pensare a queste cose. Doveva preoccuparsi della situazione della sua mano, e di quello strano dolore che si stava propagando lungo tutto il suo braccio.
Si avviò nella propria stanza e si chiuse dentro, dopodiché si sfilò il guanto con delicatezza, gettandolo sul letto.
Una smorfia contorse il suo bel viso falso.
La mano era coperta di vene scure, talmente gonfie che sembravano sul punto di esplodere.
Si liberò in fretta della giacca e della camicia, e rimase a petto nudo. Anche il petto era nelle stesse condizioni della mano. E bruciava, bruciava come o più delfuoco.
-Cosa mi sta succedendo?- si chiese ad alta voce, inorridito. Non gli era mai accaduto nulla di simile.
-Probabilmente posso risponderti.- disse una voce, alle sue spalle. Sebastian si voltò, anche se non aveva bisogno di guardare negli occhi il proprietario della voce per riconoscerlo.
-Finnian? Cosa vuol dire tutto questo?- domandò, con gli occhi rossi, sollevandolo per il bavaro della camicia.
Il ragazzo rise.
-Oh, ma io non sono Finnian.- disse. Sebastian lo lasciò andare, ed osservò con stupore il suo viso che si trasfigurava, assumendo fattezze femminili.
I suoi capelli si allungarono sino alla vita, e divennero color argento. Infine, gli occhi rivelarono la loro iride viola e due grandi ali si spalancarono dietro la sua schiena.
-Un angelo!- esclamò il demone, scioccato, lasciando la presa. La donna annuì.
-Già, sono un angelo. A quanto sembra sei così affamato e l'odore del tuo padrone è diventato talmente forte da inibire e confondere i tuoi sensi, visto che non mi hai percepito.- lo canzonò.
Sebastian non rispose. Come poteva negare? Il suo appetito era tale da farlo quasi impazzire, ogni volta che vedeva Ciel, quella piccola, profumata e deliziosa anima era tutto ciò che gli ossessionava la mente.
Dinanzi alla sua espressione l'angelo sorrise, soddisfatto.
-A quanto vedo ho ragione-
-Cosa mi hai fatto? Cos'era quel fiore? Perché ti stai intromettendo fra me ed il mio padrone? -
La donna sbatté le ali due o tre volte.
Gli occhi viola le si ridussero a due fessure.
-Innanzitutto, Ciel mi interessa. È un bambino. Non avevi il diritto di farne una cosa tua, demone. -
Una cosa tua.
Ciel è MIO.
Sebastian sorrise.
-Mi chiamo Sebastian, e rispondi alle altre domande.- rispose lui. La donna annuì.
-Ti stai rispondendo da solo, Sebastian. Non ti rendi conto che quel ragazzino ti ha cambiato, se ci tieni persino ad usare il nome che lui stesso ti ha dato, rendendoti simile ad un essere umano? -
Sebastian si coprì la bocca con una mano.
Tradito da sé stesso.
-Non è come dici. Solo... penso che mi dia un certo contegno.-
-Ah, sei un vero bugiardo. Perché non ammetti la verità? Il solo pensiero di ucciderlo e saziarti ti fa impazzire per il piacere, ma è in contrasto con la tua mente, che impazzirebbe per il dolore! - Sebastian arretrò, come se fosse stato morso.
L'angelo continuò.
-Per la prima volta, demone, il tuo istinto e la tua mente sono in contrasto. Per la prima volta, non sai a quale desiderio obbedire!-
Sebastian sgranò gli occhi, quando vide la mano dell'angelo avvicinarsi al suo petto, per toccargli il punto in cui doveva trovarsi l'organo chiamato cuore.
-Ciò che ho fatto, con quel fiore, è liberarti. Ti ho liberato dalla tua schiavitù.-
-La mia... schiavitù? -
Sebastian non capiva.
-La tua anima demoniaca è contaminata dall'affetto che provi per quel bambino, ormai da molto tempo. Ho solo reso più chiara quella luce. Tutti sanno che una volta i demoni erano angeli. -
A sentir nominare il suo passato, Sebastian chinò lo sguardo. Non gli piaceva ricordare la Caduta. A nessun demone piaceva.
-Ma anche in quelli come te c'è ancora una scintilla di luce. - continuò l'angelo - Anche se è tanto nascosta, non può essere cancellata in nessuna creatura, neppure in un demone superiore come te. Io l'ho solo riportata in superficie.
Ora puoi scegliere- sbatté le ciglia, e sorrise.
-Scegli, demo... Sebastian, se rimanere la bestia immonda che sei o aprire il tuo cuore a qualcosa di sconosciuto. -
Il demone fissò l'angelo con l'espressione più astiosa che gli riusciva.
-Non negherò la mia vera natura.-
La donna sorrise ancora.
-Non lo farai, lo so. Devi solo affermare ciò che sei.-
Subito dopo, scomparve. Ed il demone si accasciò sul letto, come se l'energia che lo aveva sostenuto in piedi sino a quel momento fosse svanita, perdendo sangue dal petto, mentre il suo cuore si espandeva dentro di lui con atroci dolori. Senza più la forza di stare dritto, rimase disteso sul letto, a guardare il soffitto bianco, bianco come il nulla, in attesa che quella cosa terminasse, che quel processo finisse.
Man mano che i dolori peggioravano, Sebastian pensava a Ciel. Ormai aveva trascorso talmente tanto tempo insieme a lui da poterselo immaginare benissimo anche se non lo aveva davanti. Pensò ai suoi begli occhi che avevano visto l'orrore più grande del mondo, ossia la morte di chi amava; al suo viso innocente, che non aveva mosso a pietà i mostri che gli avevano fatto del male; al suo corpo ferito e rovinato dal marchio sulla schiena, che aveva subito inaudite violenze. Perché aveva dovuto essere vittima di tutto quel male? Per quale ragione aveva dovuto soffrire così tanto? Spinto da una disperazione inaudita, una disperazione che nessuno dovrebbe mai provare, aveva accettato persino l'aiuto di un demone. E aveva deciso di vivere senz'altro scopo, se non quello di compiere la sua nemesi. Giorno dopo giorno, i suoi occhi avevano perso ogni luce. Erano diventati opachi e vuoti. Ogni traccia di vita, in Ciel era sparita, come se si fosse rassegnato a vivere da morto. Aveva smesso di vivere il giorno stesso in cui i suoi genitori erano stati uccisi.
Disteso fra la lenzuola bianche ed il proprio stesso sangue, Sebastian sentì che gli doleva quella cosa che si stava espandendo, nel petto, a sinistra. Si ritrovò a piangere per il povero conte a cui la vita aveva smesso di sorridere sin da bambino, e a cui lui aveva regalato solo giorni di morte, tempo per ottenere una mera vendetta che non lo aveva soddisfatto, il tutto in cambio di un'eterna dannazione

UNA VOLTA I DEMONI ERANO ANGELIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora