VI

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«Alla buon'ora! Avreste potuto lasciare anche un bigliettino, un messaggio, un saluto dal cielo!». L'ansia e la preoccupazione di Niall si trasformarono in rabbia e risentimento, non appena il ragazzo scoprì che Harry e Louis erano andati a farsi un "giretto" chissà dove nell'immensità celeste.

«Sì hai ragione, non ci abbiamo proprio pensato» provò a giustificarsi Harry senza convinzione.

«Sono passati ben cinque giorni dalla vostra sparizione, potrei almeno ricevere la grazia di conoscerne il motivo?»

«Devi sapere innanzitutto che nei viaggi interdimensionali può verificarsi una leggera alterazione del tempo, per cui qualche ora nel Regno Celeste in questo caso ha corrisposto a pochi giorni sulla Terra» intervenne Louis, subito interrotto dal commento di Niall «Cinque giorni, per la precisione».

«In breve» proseguì l'altro «i nostri superiori ci hanno convocato per comunicarci che nei prossimi tempi saremo sotto la sorveglianza del caro Ed, l'angelo superiore che si nasconde dietro di me». Scivolando di lato mentre pronunciava le ultime parole, Louis fece spazio a un ragazzo loro coetaneo che sorrideva imbarazzato: aveva i capelli rossi, una barba appena accennata e due magnifici occhi celesti molto simili a quelli di Louis.

«Ciao, io sono Ed»

«Piacere di conoscerti, Ed. Io sono Niall, ma sospetto fortemente che questi due loschi individui ti abbiano già raccontato ogni cosa possibile su di me» gli sorrise Niall, guardando di sbieco i diretti interessati. Ed, contagiato dalla spontaneità del ragazzo, sorrise a sua volta.

«Non ti preoccupare» rispose facendo l'occhiolino «non dirò a nessuno di quella volta in cui hai baciato il tuo orsacchiotto per fare pratica prima di uscire con Stan».

Avrebbero formato una bella squadra insieme, Niall ne era certo, mentre rincorreva Harry e Louis per tutta casa, gridando come un ossesso, sotto lo sguardo preoccupato e colpevole di Ed.




Liam si sentiva osservato con insistenza, come se ci fosse un giudice ad esaminarlo, e una sensazione di inquietudine gli attanagliava lo stomaco. Eppure non riusciva a decidere, si trovava in bilico tra due burroni e doveva scegliere da che parte buttarsi, capire quale dei due gli avrebbe procurato meno dolore. Il dilemma che lo dilaniava era questo: scriverle o non scriverle? La metà timida e codarda di sé tentava di convincerlo che Doniya non sarebbe davvero voluta uscire con lui, e che si era sentita in dovere di lasciargli il numero solo per ricambiare il suo gesto cavalleresco. La metà coraggiosa e ottimista invece, pur essendo meno influente rispetto all'altra, lo spronava a mandarle un messaggio, azione che non gli avrebbe causato alcuno sforzo ma che gli avrebbe permesso di ottenere risultati insperati.

Mentre ancora valutava le due opzioni cambiando idea ogni manciata di secondi, Liam alzò lo sguardo dal cellulare che aveva in mano e si trovò impreparato a sostenere l'esame a cui lo sottoponeva il suo giudice inflessibile. Lì, sulla scrivania, il post-it giallo fluorescente si divertiva a fissarlo sardonico, armato di quei pochi numeri che costituivano il fulcro del suo tormento, quegli stessi numeri che Doniya gli aveva scarabocchiato velocemente sul braccio pochi giorni prima.

«Mi stai sfidando, è così? Pensi che non abbia il fegato di farlo?» lo provocò Liam «Ti sbagli, mio caro, e te lo dimostrerò!». Dopo aver staccato il post-it con un'espressione feroce sul viso, cominciò a digitare sulla tastiera parole sconnesse tra di loro, fino ad arrivare a comporre un messaggio comprensibile:

"Ciao Doniya, sono Liam, il ragazzo che ti ha accompagnato in ospedale. Spero che tu stia meglio ora :) Se domani sei libera potremmo fare una passeggiata insieme, che ne dici?"

Avvicinò lentamente il pollice al tasto "invia" e, in un gesto eroico, lo premette. Incredulo delle sue azioni Liam si sentì orgoglioso di se stesso e osservò il post-it trionfalmente «Ora non fai più il superiore come prima, eh? Ho vinto io, mio caro». Ma quello continuava a fissarlo impassibile, come a dire "Non ti ha ancora risposto, io aspetterei a cantar vittoria".




Quando sentiva l'impulso di fare qualcosa, quando il suo infallibile sesto senso lo spingeva in una direzione, Greg sapeva di non doversi opporre a questo richiamo inspiegabile. Non aveva più dubitato del suo istinto da quella sera di diversi anni prima in cui, mentre si stava divertendo in discoteca, aveva provato all'improvviso il bisogno di uscire da lì, per poi scoprire la mattina dopo che nel locale era scoppiato un incendio devastante. Per questo motivo, quando quella mattina si era svegliato con l'impulso di chiamare Mary, la sua migliore amica d'infanzia che non vedeva da qualche anno, Greg non aveva esitato nemmeno per un istante.

«Pronto?»

«Piccola hacker! Ti ricordi di me?».

Dopo qualche momento di silenzio, Mary rispose incredula «Greg!».

«Ero certo che mi avresti riconosciuto subito» confermò con il sorriso sulle labbra.

«Da quanto tempo non ci vediamo, sembra passata un'eternità dall'ultima volta! Come stai? Come stanno gli altri?»

«Tutto bene, non è cambiato granché in questi anni. Che ne dici se vieni a cena da noi stasera, così possiamo parlare con calma? Farebbe tanto piacere anche a Niall e ai miei»

«Farebbe molto piacere anche a me, ma stasera è proprio impossibile. Venerdì sera andrebbe bene? Così ho il tempo di organizzarmi per venire lì»

«Perché, ti sei trasferita?» chiese Greg sorpreso.

«Sì, circa due anni fa. Non l'ho detto praticamente a nessuno, mi hanno offerto un posto di lavoro a Winchester e me ne sono andata da un giorno all'altro»

«Effettivamente Holmes Chapel non offre molte possibilità di fare carriera, quindi hai fatto proprio bene»

«Devo ammettere però che mi manca casa mia, la pace del paese, la tranquillità che si respira» continuò Mary con una nota malinconica nella voce «Qui invece è tutto così frenetico che mi sembra sempre di essere rimasta un passo indietro rispetto agli altri, sembra che nessuno abbia il tempo di fermarsi un attimo e godersi un po' di riposo... ma almeno posso fare il lavoro dei miei sogni, e sono disposta a sopportare tutto questo»

«Sulla questione lavoro mi sento un privilegiato rispetto ai miei coetanei, ho lo studio medico di papà, non ho mai dovuto impegnarmi a cercare qualcuno che mi assumesse» rispose Greg leggermente a disagio.

«Lo studio!» esclamò la ragazza «Ti ricordi quando ci giocavamo da bambini?»

«E come potrei dimenticarmi? Ci divertivamo tanto a giocare nella sala d'attesa e a nasconderci dalla segretaria, se ci ripenso mi viene ancora da ridere».

I ricordi cominciarono ad affiorare lentamente, ricucendo i fili allentati della loro amicizia storica e provocando un graduale e sempre più impellente bisogno di vedersi, parlarsi e condividere ancora le loro vite.

«Venerdì ti dovrò aggiornare su tutto quello che mi è successo in questi anni, preparati!»

«E tu preparati a ricevere il terzo grado dai miei genitori, quando darò la notizia andranno in escandescenza!»

«Non sai quanto mi siete mancati tutti voi Horan, non vedo l'ora di riabbracciarvi»

«Fammi sapere a che ora atterra l'aereo, così vengo a prenderti in macchina»

«Certamente, appena compro il biglietto ti scrivo»

«Allora a venerdì»

«A venerdì» rispose Mary «e grazie di cuore».

La coscienza di NiallDove le storie prendono vita. Scoprilo ora