prefazione

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Un silenzio denso e trepidante sgorgò sibilando fra le rocce consunte, affogate nell'ombra di una notte invernale. Arrancava nell'abisso il flebile bagliore delle fiaccole riarse, s'alzavano sospiri sopiti come fiori selvatici di bosco.

Il dedalo di atri e sottopassaggi si snodava fluente avviluppandosi al cuore nero dello Snowdon, un aggregato di imponenti gole rocciose nel Galles nord-occidentale. L'ala est della fortezza sotterranea taceva, immersa nel sonno, quando Aarya M. Weiss sbatté poco elegantemente la porta sui cardini e si avviò lungo il corridoio con passo cadenzato.

Non era tipo da infilare le dita in guanti altrui, ma la prospettiva di infilarle negli occhi di Havilard e cavarglieli senza riguardo avrebbe sicuramente potuto darle una qualche soddisfazione. Ancora tremante di rabbia e con le braccia raccolte al petto per ripararsi dal vento di bora che tirava fra le mura della sua camerata, raggiunse quasi senza accorgersene il portone in legno scuro, alto svariati metri, che separava il quarto corridoio di dormitori dal salone principale. Finemente intagliato a formare un mosaico di cerchi concentrici allineati su una verticale, il più grande dei quali presentava intarsi simili agli ingranaggi di un vecchio orologio da taschino che andavano a fondersi con piccoli fiori tipici delle Highlands meridionali.

Con un occhio ancora chiuso e l'altro semiaperto, Aarya raggiunse il salone principale praticamente alla cieca. Nell' attesa di un caffè bollente, seppellì poi la testa fra le braccia, annodate sul bancone lucido che torreggiava all'estremità del locale.

«E' la terza notte di fila o sbaglio?» Kalee le allungò una tazza di porcellana dalle tonalità violacee ed attese. Tutto ciò che sentì articolare fu un grugnito piuttosto sgradevole.

«Se pavoneggiarti nei dintorni alle tre del mattino è il tuo nuovo hobby, fai una buona azione e sostituiscimi nei prossimi turni» cinguettò, sbattendo le ciglia.

«Sostituirò la testa di Havilard con un lecca- lecca appena sarà a portata di mano. In ogni caso non credo qualcuno noterebbe la differenza » vuotò la tazza e tirò su col naso. «Gli ho fatto rapporto due giorni fa ma l'infame venderebbe gli organi sul mercato nero pur di non risolvere la cosa. La mia camera è un dannatissimo bunker di spifferi gelidi da rimetterci i denti uno per volta».

«Ma la fama lo precede, no?»

«Però sai, il Quartier Generale offre tanti posticini appartati se sai dove cercarli e ho sempre sospettato che avesse una storia d'amore struggente con la Laurent. E poi, per inciso, la Direttrice in carica dovrebbe essere una sola e per giunta sopra i quaranta, mentre noi ne abbiamo due di venti. Problema risolto, una festa continua».

Aarya balzò in piedi evitando di poco il panno candido che Kalee aveva tentato di stamparle in fronte. Le soffiò un bacio da debita distanza e svolazzò innocente verso l'uscita.

Affrontò il caos di atri e corridoi agilmente, col passo svelto di chi ha chiara in mente la propria destinazione. In biblioteca, si disse, avrebbe trovato un tepore familiare e il silenzio appagante che agognava ormai da ore.

Chaise-longue in velluto color prugna e spazi studio adiacenti a muri in pietra rude erano accerchiati su tre lati da interminabili quantità di libri, ordinatamente disposti su robusti scaffali in legno laccato. Mura e soffitto erano stati ridipinti e quest'ultimo deliziosamente decorato con inserti dorati, rinvenibili sui tessuti perlacei delle lampade neoclassiche. Uno stile elegante e raffinato risalente agli inizi dell'800, dominante in ogni ala dei sotterranei e in armonia con gli ambienti tetri e ombrosi.

Oh li aveva a lungo sognati, immaginati, desiderati.

Era cresciuta con storie di sangue e battaglie baciate da rosee albe. Aveva amato il dolce profumo del potere e del fuoco offuscarle la vista, riempirla e scuoterla con tanto ardore da farle tremare le vene ai polsi.

Finché non l'aveva guardata negli occhi, sentito il suo alito freddo sul collo.

Affamata di vita, languida e silenziosa le era passata accanto accennandole un sorriso mesto, d'attesa. Ma non l'aveva mai raggiunta.

Ne aveva vista l'ombra dentro gli occhi Kalee, anni addietro. Una bambola abbandonata al suolo, rigida e composta che appena tredicenne vi aveva giocato a carte per minuti interminabili.

Poi la Morte l'aveva risparmiata, promettendole il resoconto.

Aarya sprofondò nel sonno, il libro che teneva in mano scivolato a terra con un tonfo troppo lieve per rimetterla al mondo. Furono altre mani a raccoglierlo mentre lei era tornata libera e bambina, coi piccoli piedi affondati nell'erba e le guance baciate dal sole ardente. 

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