Blandamente riversa in un divanetto che contava più anni dei suoi, Aarya ascoltava a tratti le basse chiacchiere che fomentavano nell'aria pregustando nel frattempo il tepore della sala. Tremolanti fiamme nel camino alle sue spalle le disegnavano in viso un danzare di ombre e pace.
L'imperversare del freddo e del vento sferzante erano la prova lampante che dicembre volgeva ormai al termine. L'arrivo imminente del nuovo anno sortiva in molti l'effetto di una bevuta post esame o, nel caso di Aleksandar, un fortuito avvenire gradito come neve nelle calze. Varcò la soglia poco dopo, immerso in un alone di palpabile trepidazione mentre con gli occhi malediva chiunque osasse gravitare all'interno della sua visuale.
«...no, Jed mi serve per la playlist, dovrai sbrigartela da sola». Kalee Dalton, il groviglio di capelli erano fermati in cima al capo e vistosi cerchi viola le incorniciavano lo sguardo.
«Aula cinque, penultimo livello. L'orario è ancora da definire» continuò «in proposito, dolcezza, hai l'arduo compito di ingraziarti chiunque possa beccarci a braghe calate» Aarya ridacchiò, un buonumore insolito e dilagante la avvolgeva sommesso. Aveva sempre pensato che musica e bicchieri colmi fino all'alba fossero un dono del cielo, un frangente di vita egoistico e spudoratamente sereno. Un lusso che non era esattamente di casa, non per loro.
«E tu sei abbonato come trafficante d'alcool, perciò rimboccati le maniche o berremo spremuta tutta la serata» Dean annuì, il corpo poggiato alla pietra logorata e sfinita dal perverso correre del tempo. Premette le mani sugli occhi stanchi, inspirò l'aria di quei giorni che sapevano d'attesa.
«Bene, mi serve aiuto anche per l'allestimento della sala. Dobbiamo riciclare luci e decorazioni di qualche anno fa e se qualcuno ha da ridire in proposito verrà ingaggiato come fonte luminosa alternativa e dato alle fiamme. Al momento l'arsenale è sfornito e lo so, ma non intendo perdere altro tempo. Aleksandar e Julie, sarete il mio braccio destro, intesi?» la Amsten sbadigliò, liquidando la questione con un cenno di mano.
«Penserò anche a come tenere fuori i più piccoli così da avere terra battuta. Finora è andata bene, perciò vediamo di mantenere la rotta: qui entri in gioco tu -rivolse parole e sguardo ad Aarya- quindi cerca di rimanere salda sui tacchi e lucida abbastanza da poter distinguere eventuali professori dai colonnati della sala».
Rispose con un cenno di capo, le gambe penzoloni e una ciocca di capelli inanellata fra le dita. Aleksandar non poté impedirsi di percorrerla con gli occhi come si fa dall'alto coi campi fioriti: la curva delle spalle, le vene a fior di pelle, la bocca piccola e sottile, le gote morbide. Lunghe ciglia scure ad adornarne lo sguardo, talvolta perso o distaccato.
«Bene, per oggi passo e chiudo. Mi aspetto che vi buttiate in pista quanto prima, mancano quattro giorni e fra turni di guardia, test e quant'altro rischiamo davvero di restare senza nulla in mano» annuirono tutti alle sue parole, per poi scivolare via come pioggia fino al salone principale, con le borse colme di libri e le vesti stropicciate.
Il pendolo batteva le venti e trentadue minuti e nel cuore dello Snowdon un penoso vociare incessante ne tormentava le mura. Alcuni sedevano con un caffè in mano, preparandosi alla nottata. Altri tornavano dall'allenamento serale, perle di sudore alla base del collo e un blando rossore sulle guance.
Aleksandar attendeva la sciagura corrergli incontro, ma furono altri a parlargli:
«Doppio turno anche stavolta?» Aarya, due forcine fra le labbra e le mani a ravvivare la chioma.
«Non proprio. Hanno deciso in consiglio la scorsa notte di far partire il piano d'informazione quanto prima. Mancano dodici lune. Bisogna cominciare a muoversi». Lo sguardo che gli rivolse, Aleksandar non l'aveva mai associato al suo viso.
«Ci vado io», disse. Sapeva quali erano i protocolli da seguire in quei casi, aveva passato una vita a studiarli. Sapeva che il primo passo da fare era quello più spiacevole di tutti, il più terrificante così come sapeva che, forse, era l'unico punto debole di Aleksandar.
Un brivido gli percorse la schiena, si aggrappò a quel pensiero con sottile e marcia speranza.
«Hai altro a cui pensare» inghiottì il nodo che gli serrava la gola, sorridendo malamente. L'imbarazzo era così palpabile da rendere impossibile non chiedersi come facessero a convivere una stazza forte come la sua, il sarcasmo acuto che lo abitava fin dalla più giovane età e momenti innocenti come quelli in una singola persona.
«Posso chiedere uno scambio di ruoli per stanotte, non sarebbe una novità per nessuno» Aleksandar serrò le mascelle e scosse il capo, incapace di dire altro.
Si lasciò guidare dai passi di lei poco più tardi, lo sfavillio delle stelle e della luna lattea in capo ad esse. Vegliava su quelle rocce come un faro che tutto rappresentava fuorché la salvezza ed era l'unica luce, insieme a quella delle miriadi di fiaccole sotterranee, a cui potevano rivolgere lo sguardo senza nessun timore. Proteggere la propria identità e tenerla nascosta agli occhi di chi era ignaro della loro presenza e del ruolo che avevano il dovere di rivestire era una delle più grandi priorità.
Il fischio di un treno spezzò il silenzio e sferzò l'aria, la Snowdon mountain railway si scioglieva fluente fra le rocce abitate delle mute montagne. Aleksandar, nel quarto vagone dal basso, si trovava a ripercorrere una strada familiare.
La ragazza abbassò lo sguardo, la luce notturna si rifletteva sul manto nevoso sopravvissuto alle temperature insolitamente miti delle ultime due settimane. Si rese conto di come i giorni fossero scivolati via senza che potesse davvero rendersene conto, in un susseguirsi di albe senza pace.
E mentre lei cercava la sua, malconcia e fuggitiva, poco lontano esplosero urla.
Aarya si ravvide d'un rischiararsi all'orizzonte e con lei i compagni del turno. Tuttavia non rimase più nessuno quando i passi di lei s'affacciarono ai piedi del monte: il lago Lyin era insolitamente calmo, non un filo di vento ad incresparlo.
Sul pelo dell'acqua danzavano, però, piccoli piedi abbandonati. Le braccia pendevano stanche e lunghi boccoli le oscuravano il viso, chino sull'abisso sottostante. Una bambola dallo sguardo un tempo dolce, con un cappio intorno al collo e la Morte, lieta, prendere il volo.
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Cor atrum
FantasíaAarya, ventenne amante dei libri e salda nelle sue convinzioni, è stata reclutata all'età di appena otto anni in un circolo di giovani guerrieri, gli Hetairoi. Organizzati in roccaforti sotterranee e di origini molto antiche, chiunque venga chiamat...