capitolo dieci

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Il Salone principale, seppur gremito di giovani guerrieri, era immerso in un silenzio paziente, d'attesa. Le grandi tavolate erano sparite, rimpiazzate da file ordinate di poltroncine in velluto color crema. Chi non era riuscito ad occuparne una, sedeva sul lucido bancone all'estremità del locale o stava a braccia conserte poco lontano. Nessuno che mancasse all'appello.

Drappeggi neri decoravano la sala, fluttuanti e leggeri pendere su tante teste come spade di Damocle pronte a cadere. A percepire più di altri il peso della lama e il dolore feroce del suo trapassare ossa e carne erano due genitori in prima fila, gli occhi vuoti inchiodati sul cadavere della figlia. Un corpo esile attorniato da fiori, i petali fragili e i gambi rotti.

Samuel Davis stringeva le dita della moglie e coglieva con lo sguardo piccole lacrime rotolarle giù per le gote, senza trovare la forza di fermarle. Le sue erano bloccate chi sa dove insieme a tutto il dolore che ora dormiva, lasciandolo lucido e sbigottito. Ricordò di aver sempre pensato che il mondo si limitasse all'oggi, che il domani nella morte non potesse esistere. Trovandosi seduto su quella poltrona, in quel momento, pensò che, probabilmente, chi è credente lo è per amore altrui. Per trovare conforto nell'idea che un corpo morto sia stato solo un paradossale contorno ad un'essenza infinita ed indefinibile e che tutto ciò che un tempo abbia contribuito a renderla tale possa trovare modo d'esistere da qualche altra parte.

Tremava al fianco della moglie, terrorizzato per la loro bambina.

Si accorse che la funzione fosse finita solo quando tutta la sala si alzò in piedi. Lui rimase seduto abbastanza da vedere intorno a lui come ognuno avesse giunto le mani sul petto e chinato il capo in segno di rispetto. Per aspera ad astra, è ciò che tutti mormoravano mentre Annalise Davis veniva trasportata fuori dalla sala, nel luogo in cui il suo corpo sarebbe stato bruciato.

Veronica rimase a guardare le fiamme avvolgere la figlia, a braccia conserte e denti stretti. Samuel prese il cappotto e si avviò all'uscita, desideroso di sentire l'aria gelida pungergli le ciglia. Corse imboccando un corridoio dopo l'altro, il crepitio delle fiaccole in un ululare per lui assordante e lo scalpiccio di passi desolante. Si affacciò su lago Lyin e le montagne circostanti con grandi lacrime negli occhi. Il freddo gliele congelò prima ancora che potessero bagnargli le guance.

Soffici fiocchi di neve si posavano al suolo in una danza calma e delicata. Qualcuno annegava nelle acque del lago, altri si posavano su ciuffi d'erba congelati. Soffi freddi e pallidi che accarezzavano anche il suo viso arrossato dal dolore.

«Devo chiederle di rientrare, signor Davis». L'uomo non rispose, né guardò chi gli avesse parlato.

«Non è prudente rimanere così esposti. Le chiedo quantomeno di tornare all'entrata del tunnel».

Il ragazzo aveva capelli bruni e occhi di un verde molto chiaro. Parlava a singhiozzo e ansimava a causa dello sforzo fatto per tenere il passo in quella folle corsa. Samuel decise di ascoltarlo.

«Come ti chiami?» gli chiese, flebile.

«Jed Graves, signore».

Samuel si prese lunghi attimi di silenzio che Jed gli concesse, prima di interrogarlo nuovamente. Il fiato gli uscì come costretto.

«Cosa significa ciò che avete detto prima? In latino» chiarì.

«Per aspera ad astra» ripeté «Attraverso le asperità si arriva alle stelle. Siamo addestrati per anni ad un solo scopo: essere pronti ad ogni attacco contro gli Ordini ma, soprattutto, all'apertura delle Porte. Il nostro obiettivo è sempre stato quello, da secoli e secoli. E dobbiamo sacrificare molto per raggiungerlo, inclusa qualche vita umana» Jed attese il contraccolpo, che non tardò ad arrivare.

«E' questo che credete? Che le asperità in un percorso tanto onorevole siano la morte di alcuni di voi, un freno alla vostra scalata gloriosa?»

«Non un freno, ma qualcosa che è inevitabile» il ragazzo fissò gli occhi in quelli feriti dell'uomo «e questa è una difficoltà, una fatica con cui conviviamo. La strada per le stelle è fatta di rinunce».

«Mia figlia è solo questo per voi? Una "rinuncia?» sputò tra i denti. Sentiva una rabbia folle sbriciolargli le ossa e fermarglisi in gola, ostacolata solo dal buonsenso che aveva nel non mettergli le mani addosso in quell'istante stesso. La vedeva, un banale nome come altri scritto su una lista e ormai da debellare. 

«Signor Davis, mi perdoni se glielo dico in questo modo ma non ne conosco un altro: i Guardiani sono gli scudi delle prime file, una barriera necessaria. Siamo i più esposti ed è un dato di fatto» si accese una sigaretta. Samuel sghignazzò per il modo in cui gli era appena stato detto di fare pace col cervello. 

Ma lo sguardo del ragazzo era già sparito oltre, lontano. Il fischio acuto e tagliente del treno ruppe l'aria e il silenzio notturno, avanzò nella neve lentamente. Jed attese, consapevole.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 04, 2019 ⏰

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