Tredicesimo (Prima Parte)

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<Juyeon ho un brutto presentimento, riportami a casa ti prego> lo supplicai preoccupata.
<Non ho intenzione di lasciarti andare> rispose lui.
<Juyeon possiamo parlarne con calma?>
Juyeon mi mise una mano sulla mia, quella con cui tenevo l'oggetto.
<Non so essere calmo. Posso solo correre, capito?>
In realtà no, Juyeon.
Non risposi e pian piano che quegli strazianti rumori si facevano più vicini, la mia ansia cresceva e il peso che avevo al petto si intensificava sempre di più.
<Siamo arrivati. Ti tolgo la benda e tu scendi dalla macchina facendo meno rumore possibile, dopodiché accovacciati  qui davanti> spiegò lui.
Sentii le sue mani scendere dai miei capelli alle orecchie, per poi finire alla nuca, dove si trovava il nodo della benda e lo sciolse lentamente.
<Allora? perché ci metti così tanto?> gli domandai frustrata.
In quel momento delle labbra fredde si poggiarono sulle mie, lentamente, dolcemente, spaventosamente.
<Scusa, mi piacciono le tue labbra. Le stavo osservando> affermò Juyeon.
Calmati, y/n. Non sei al sicuro nelle sue mani.
Mi tolse la benda e lo vidi finalmente negli occhi.
I suoi capelli erano blu come il cielo notturno, mentre il suo viso radiava luce lunare.
Mi sorrise e mi fece gesto di andare.
Guardai l'oggetto che tenevo in mano, era un coltello così affilato che il mio cuore saltò un battito.
Ho tenuto questa cosa in mano per tutto questo tempo? Avrei potuto far male a qualcuno, compresa me stessa. Avevo un'arma in mano senza saperlo.
Scesi velocemente dall'auto senza fare troppe domande e mi accovacciai dove mi indicò poco prima Juyeon.
Sentii uno sparo a pochi metri da me, probabilmente dietro lo stabilimento che mi stava comprendo le spalle.
<Juyeon!> lo chiamai.
Lo vidi uscire dalla macchina con una pistola in mano.
Venne vicino a me e mi spinse verso una porta a qualche metro da lì.
<Corri lì dentro> mi sussurrò.
Ancora una volta, feci quello che mi disse.
Entrai dentro quella che sembrava una casa abbandonata da anni. Era buio, c'erano bottiglie di birra rotte al suolo, molti stracci e indumenti consumati appesi alle pareti, sembravano tappare dei pertugi sul muro.
Dopo pochi secondi Juyeon entrò e si chiuse la porta alle spalle.
Fece un sospiro e strisciò con la schiena sulla porta fino a cadere per terra.
<Che cosa sta succedendo? Perché siamo qui?> gli domandai.
Non riuscivo bene a vedere il suo volto, così lo illuminai con la torcia del telefono.
<Oh mio dio> sussurrai.
Vidi la ferita che era stata trafitta sul volto di Juyeon. Sembrava un coltello dalla lama affilata, proprio come la mia.
Mi avvicinai a lui e gli accarezzai il volto, mi guardai in torno per cercare qualcosa per coprire lo sfregio.
<Non toccarmi. Sto bene> affermò lui.
Non riuscii ad ascoltarlo, così con entrambe le mani gli presi il volto.
Mi spinse via all'improvviso, facendomi cadere di schiena.
<Ascoltami per una buona volta!> gridò lui alzandosi velocemente in piedi, puntando il grilletto dritto nella mia direzione.
Iniziai a tremare, volevo allontanarmi ma le gambe non si muovevano.

<Non ti faccio niente, se avessi il coraggio di farti del male saresti piena di lividi> affermò lui lasciando cadere la pistola a terra.
Mi aiutò ad alzarmi tendendomi la mano.
<Ovunque> continuò lui.
<Quindi dove ci troviamo?> gli domandai, ancora con la voce tremante.
<Bene, y/n>
<Te lo dico proprio ora>
Juyeon accese le luci, quel posto faceva veramente schifo.
<Questa è casa mia!>

𝑰𝒏𝒔𝒂𝒏𝒆 | ᴀ ᴛʜᴇ ʙᴏʏᴢ ғᴀɴғɪᴄᴛɪᴏɴDove le storie prendono vita. Scoprilo ora