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Kuroo non aveva molto tempo a disposizione, lo sapeva.

Kenma vedeva l'inevitabile trascritto su ciascuno dei suoi lineamenti, percepibile dal battito del cuore riportato sul monitor che diventava ogni giorno più debole. Sembrava l'ombra della persona che il bassino aveva incontrato tanti anni prima. Quelle stesse ombre che avevano spento tutta la sua luce avevano sostituito i suoi radiosi sorrisi in labbra dritte e sguardo vuoto. Kenma lo vedeva giorno dopo giorno sparire via, la pelle un tutt'uno con le coperte candide.

Faceva male.

Ma il corvino non aveva ancora pronunciato quelle fatidiche tre parole, forse l'unica speranza che lo aiutava a dormire qualche ora. Finché non le avesse dette, sarebbe stato qui con lui.

Però sapeva che quel momento era vicino, lo poteva avvertire dal cuore che doleva piano.

Cercava di ignorarlo con tutte le sue forze.

Era seduto a gambe incrociate ai piedi del letto, lo guardava soltanto. Osservava l'alzarsi e l'abbassarsi rapidi e affannosi del suo petto, come se ogni respiro lo facesse soffrire più del precedente. Era ancora sveglio, lo percepì attraverso la sottile piega della fronte, l'unico modo che aveva per capire se fosse ancora in vita.

Kenma trattenne le lacrime che minacciavano di uscire occhi, a vederlo soffrire inerme. Sentiva il senso di colpa salirgli nel petto e scombussolarlo totalmente; era Kuroo quello che soffriva, non lui. Non gli sembrava giusto piangere, ma non sapeva nemmeno cosa fare, se non stare lì seduto, in silenzio. Il modo in cui si sentiva impotente stava diventando un fardello sempre più difficile da sopportare. Non importa ciò che avrebbe o non avrebbe potuto fare per arrecargli sollievo, non c'era nulla che potesse compiere per aiutarlo. Era tutto inutile.

Tuttavia, non voleva ancora dire di aver abbandonato la speranza.

"Kuroo," lo chiamò. Non aveva nessun motivo per farlo, a parte quello stessa stretta al cuore.

Kuroo non si mosse, non sbatté nemmeno le palpebre.

Il ragazzo. cerco di non lasciar posto al panico, ed inspirò profondamente.

"Kuroo?" Lo chiamò di nuovo.

Niente.

Si concentrò sul debole segnale acustico che rimbombava nella stanza ospedaliera, l'unico modo che aveva per sapere che era ancora lì, con lui.

Kenma non era ancora solo.

Sembrava essere passata un'infinità di tempo prima che Kuroo finalmente parlasse, la sua voce era fragile e tremante come un uccello perso in una tempesta tumultuosa.

"Kenma." sussurrò.

Il corvino si arrampicò ai piedi del letto, inginocchiandosi al suo capezzale, afferrando la sua mano per avvertirlo della sua presenza.

"Sono qui." rispose.

"Fa... male."

Ed il mondo gli cadde addosso, spezzandogli il cuore.

Per la prima volta il ragazzo stava esternando a voce tutto il suo malessere. Non si era mai lamentato, nemmeno quando gli era stata diagnosticata la malattia, né quando i sintomi avevano avuto la meglio su di lui. Nonostante tutto il male che la vita gli stava dando, lo aveva gestito con un'integrità che Kenma riusciva a malapena a comprendere. Per il bene di entrambi.

Kenma non si era mai lasciato ingannare da quella corazza che si trascinava dietro. Era estremamente consapevole del fatto che Kuroo avesse passato più tempo a cercare di proteggere suo, piuttosto che dare voce alle sue stesse lotte. Non importava di quante volte Kenma gli avesse detto che non era necessario fare il più forte, non si era mosso da quella sua decisione, testardo come era.

the galaxy is endless // kuroken (TRADUZIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora