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La sveglia suonò, il sole filtrava fra le aperture della finestra. 
Sul comodino si vide una mano vagante alla ricerca di un unico bottone per far tacere quel baccano infernale per tornare a dormire. 
Erano le 6:30 di Lunedì mattina, e come tutti gli adolescenti, non aveva affatto voglia  di alzarsi, di andare a scuola, di rivedere gli stessi compagni e stessi professori di sempre. 

C'era la Professoressa di matematica: non era tanto alta, forse non superava il metro e sessanta; nascondeva i capelli ormai grigi, con una tinta che andava sul castano chiaro...La facevano sentire più giovane, una ragazzina. Vestiva sempre con jeans e magliette lunghe per coprire le varie curve in eccesso che tanto odiava. Era severa, forse era una delle peggiori; se non facevi i compiti era una nuova insufficienza sul registro, e Reki, ormai ne faceva la collezione. 
Guai a prendere un voto superiore al cinque!
Giravano voci che la professoressa abitasse da sola, che il marito defunto l'avesse lasciata sola qualche anno prima, forse due tre, e questo suo dolore lo riponeva ai suoi alunni. Tutto avrebbe dato un senso logico a questa sua rigidità.
C'era poi, il professore di italiano e storia. Neutrale, bravo a insegnare niente di più; forse un po' troppo veloce nelle spiegazioni, ma compensava con i voti abbastanza alti. Non aveva un capello in testa, da quanto fosse lucida vi si poteva vedere il proprio riflesso. Era un bell'uomo, non superava i quaranta, e per essere il primo incarico aveva un bel rapporto con i suoi alunni. Li ascoltava e ci parlava, accoglieva le loro idee, le loro opinioni riguardo qualsiasi argomento. Li piaceva confrontarsi con loro, sui personaggi storici e letterali, e non si faceva problema a dire che: Dante, prima di aver preso un palo dalla sua stessa amata, aveva lasciato Virgilio all'inferno con un semplice bacio a stampo.

"Ma se a lui piaceva Virgilio...perché è andato da Beatrice?"
"Se non fosse andato da lei, il racconto non sarebbe finito e tutti noi, adesso, non avremo avuto occasione di parlarne."
"Si, okay...ma non poteva farla finire in un altro modo?"
"Saresti qui adesso se avresti scelto un altro finale?"

E la classe si zittiva di colpo. Aveva ragione, e loro lo sapevano benissimo.
Ma Reki non stava tanto attento alle sue lezioni, non gli interessava la scuola, la considerava solo una perdita di tempo. 

C'era anche la prof di Inglese, che era perfettamente lo stereotipo della tipica professoressa americana: in carne, vestiti colorati e a volte sul nero; viso paffuto, capelli ricci castano chiaro. A ogni lezione mangiava qualcosa, la maggior parte delle volte sgranocchiava una mela rossa: la guardava, la puliva sul giacchetto di lana che arrivava alle ginocchia; la osservava attentamente come per riuscire a trovare anche quella piccola imperfezione; per poi alzare le spalle e morderla con quei denti così BIANCHI, da portare invidia alla neve.  
Poi parlava, non importa se era coerente o meno all'argomento della lezione. 
C'era quella di filosofia che parlava di quanto importante fosse importante la vita, di quanto il cielo fosse blu, e di come le nuvole fossero bianche. Citava sempre i suoi filosofi preferiti, e ne erano anche tanti: Talete, Anassimandro e Anassimene. Tutti greci.
Era la prima a credere nella speranza della vita, al grande dono che ci era stato dato...ma era la anche  prima che non toccava cibo durante le feste. Gli si potevano vedere le costole quando si metteva magliette attillate.
Nessuno aveva il coraggio di chiederle se tutto andasse bene, nessuno si interessava più di tanto alla sua saluta. A loro bastava la sufficienza. 
Poi c'era Reki, che una volta gli porse una pera matura  arrossendo per l'imbarazzo. 
"Ha solo 35kcal...credo che almeno metà le farà bene..." 
La docente sorrise e lo ringraziò accettando calorosamente la sua proposta. 
 
Quello di ginnastica ce l'aveva a morte con il ragazzo. Lo guardava sempre di mal grado tirando diverse occhiatacce che Reki ignorava.
Pantaloncini corti da bascket e canotta da maschio etero medio non mancavano mai. Urlava, non riusciva ad usare un tono di voce normale, equilibrato. Al collo portava un fastidiosissimo fischietto giallo che usava per dare il tempo a ogni esercizio. 
Meno male che lo avevano una volta alla settimana; si diceva che era stato lasciato dalla maglie e che si era portata con se i suoi bellissimi gemelli. Questa frustrazione la faceva ricadere nei suoi studenti, facendoli fare doppi giri di campo per riscaldamento. 

... 

Reki dovette muoversi a mettere le scarpe slacciate. Anche quella mattina era in ritardo e  Langa non lo avrebbe aspettato al solito incrocio; aveva un compito importante  e avrebbe preso gli ultimi banchi anche a costo della vita stessa. 
Glielo aveva detto in sogno... Non si fece domande.
La giornata passò come tutte le altre giornate di scuola: Dietro banchi a fissare stupidi libri, composti da pagine, riempite con delle frasi costituite da parole, formate da singole lettere scritte a computer.
La campanella suonava. Tre secondi di libertà, il tempo che la prof cambiasse aula. E il girone ricominciava. 
C'erano, però, quelle poche volte che l'adrenalina, la paura, la felicitò veniva a farti visita. 
La tensione di quando il dito passava sul foglio bianco numerano : un sospiro di sollievo, ogni volta che l'occhio si allontanava dal tuo nome, e, sull'attenti ogni volta che si riavvicinava. 
Uno scenario incredibile si alzava se il superiore pronunciava le fatidiche parole: "Oggi interrogo." 
Persone che avevano improvvisamente la vescica piena; teste chine a leggere non so cosa sul libro, che, forse, non era neanche di quella materia. Alunni che iniziavano a cercare qualcosa nello zaino, come se lì dentro ci fosse una soluzione. Solo i più coraggiosi avevano il coraggio di guardare negli occhi il proprio interlocutore. Di solito erano i secchioni, quelli tanto odiati in ogni classe; quelli che fanno finta di essere dalla parte degli studenti, dei suoi compari, quando invece, era schierato dalla parte del dittatore. 

Anche Reki aveva una compagna così, non la sopportava. Se c'erano da fare gli esercizi, la Secchione alzava quel maledetto braccio (che avrebbe voluto tagliate) e glielo ricordava...MA solo dopo avuto il consenso dal docente.  
C'era quello sempre impreparato, quello che il giorno della verifica si presenta con : 
"Ah, ma c'era una verifica?". Era solitamente accompagnato da un secondo; tutti  li reputavano fratelli. "Che verifica?" 
Loro erano detti Gli Smemorati. 

C'era il "Buffone" di turno. Quello che era capace di buttarsi dal terzo piano pur di essere al centro dell'attenzione.
Il Dormiente, lo Sfaticato, l'Originale, il Depresso, il Grasso, l'Anoressica ecc... 
Reki aveva un'etichetta che non sapeva di avere...o meglio, lo sapeva ma non ci dava tanto peso, anche perché erano solo parole. 
Lui si chiamava: "Rosso malpelo" o "Figlio del demonio." Uno dei soprannomi che più li piaceva era "l'Escluso". Lo raffigurava al 100%. 

"Oggi ci vediamo?" 
"Si dai ci sta...a che ore?" 
"4:30 pm?" 
"Okay allora a dopo!" 
"A dopo" 
Un rumore assordante simile a una forchetta che riga un  piatto di ceramica, lo fece svegliare dal sonnellino sul banco. Oltre alle solite lamentele della prof, questa volta c'erano anche le grasse risate di sottofondo. 
Lui  sbuffò e uscì dall'aula sotto gli occhi di tutti, stanco delle solite dicerie.












Spazio me
Bene. Questo è il capitolo. 
Mi piace un casino soprattutto la parte degli insegnanti...No che cmq non pensavo di riuscire a scrivere una roba così profonda XD 
L'ho riletto e tutto...e cazzo! Cioè, altro che poesie e poesie! XD 
Boh ok niente...  Se aggiorno poco è perché i prof ci odiano :,)
Come al solito  lascate il vostro parere così da migliorare un po' :3
Sayonaraaaaaaaaaaaa

Mio: Per sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora