Capitolo 12: Emergency Meeting (parte 2)

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Chiuse gli occhi: in realtà non c'era una vera motivazione per farlo, ma era come se Drift, in cuor suo, la considerasse una difesa, un modo per sfuggire e assentarsi della realtà.

Drift era fermo, ammanettato su quella sedia da un tempo indeterminabile.

Kile, invece, lo fissava, continuando a sussurrargli frasi riguardanti il fatto che sarebbe morto, e che la sua famiglia non avrebbe mai potuto ritrovare il cadavere, di come le sue bambine sarebbero cresciute senza padre, dimenticandolo nel corso del tempo, come lacrime nella pioggia.

Nel frattempo lo torturava, scavando nella sua carne con una lama trovata su quella nave deserta, in balia della morte.

Drift non trovava nemmeno la forza di replicare.

Kile, credendo che ormai fosse troppo sfinito per poter reagire, si avvicinò a lui, puntandogli la lama alla gola. Accarezzò dolcemente la pelle del collo, quasi come fosse stato un materiale di valore, facendo un lieve solletico a Drift, il quale si mise leggermente a tremare.

- Sei vivo allora... Puoi sentirmi...

Puntò la parte affilata proprio nella parte centrale del collo, si stava preparando a tagliargli la gola.

- Vedi Drift, sono un uomo di poche parole. Non mi piace far aspettare gli amici, quindi...

- Fallo - disse infine, debolmente - Cosa ti ferma?

Il killer restò a fissarlo per qualche secondo, poi lo guardò con aria quasi affettuosa, come fosse stato un povero canarino, con le ali rotte, rintanato in un buco di fortuna in una ventosa notte d'inverno.

- Niente, in effetti.

Kile fece passare lentamente la lama sul collo dell'altro, come per spaventarlo, ma non lo uccise.

Allontanò rapidamente la lama.

- Tutti hanno diritto a una pausa! - esclamò all'improvviso.

Si alzò e si diresse verso l'uscita della stanza. Fingeva di guardare la porta, ma in realtà stava osservando Drift, di sottecchi. Uscì, e la porta si richiuse.

Drift, allora, provò a rielaborare i pensieri: Kile era impazzito e l'aveva imprigionato sostenendo che avesse, in qualche modo, "bisogno" di lui, e che lo usava per "sfogare le onde di negatività presenti su questa nave".  Non riusciva a capirne il senso, capiva solo che le sue braccia, ferite con tagli profondi, gli dolevano tantissimo.

Poco tempo dopo però, un tempo che non seppe definire, si accorse di una cosa: era ammanettato, sì, ma... non del tutto.

Riuscì a sfilare la manetta destra e, senza molto sforzo, sfilò anche l'altra.

Si alzò, barcollando, ricadendo però in avanti. Si diede subito una rimproverata mentale: non doveva far rumore!

Era certamente strana tutta questa facilità di movimento, prima non ci aveva nemmeno provato perchè paralizzato dal terrore.

Stringendo i denti, con il dolore alle braccia e il formicolio alle gambe, Drift riuscì a raggiungere la porta. E se fosse una trappola? Forse Kile era lì dietro ad attenderlo per ucciderlo.

"Adesso o mai più"- pensò. Aprì la porta e si fece scudo con le mani: non c'era nessuno. Guardò a destra e a sinistra. Il silenzio era tornato surreale. Si focalizzò sul proprio respiro: possibile che fosse stato così facile? 

Percorse il corridoio. A un tratto inciampò, ma riuscì a rimettersi in piedi. Gli era sembrato di vedere una sagoma, ma era solo un effetto ottico. Continuò a camminare, svoltò l'angolo. Cercò di fare mente locale di dove si trovasse l'hangar navette, ora che ne aveva l'opportunità doveva tornare sulla Dreamquest One e avvisare di ciò che stava succedendo.

Among Us: La nave dei morti (romanzo) (fan fiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora