Lost Time

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Harry, come aveva promesso, iniziò a parlare della sua storia. Il tut-to entrò nella testa dei due proprio come se fosse un film. Gerard po-teva quasi vedere il trascorrere della vita del ragazzo velocemente.

Partì tutto dallinfanzia di Harry, che sin da bambino era stato indi-rizzato per volere dei propri genitori verso larte pittorica e non solo, infatti, già a tre anni venne iscritto al suo primo corso darte. Ma quando alletà di quindici anni Harry decise di abbandonare tutti i corsi e tutti i concorsi i suoi genitori decisero di cacciarlo di casa, tanto che per almeno tre mesi nessuno si rivolse la parola.

Harry, infatti, andò a stare a casa del nonno, che però morì quello stesso anno per una malattia a lui sconosciuta, da lì capì che le cose sarebbero solo peggiorate. Infatti, solo due mesi dopo la morte del caro, il suo migliore amico Paul che ormai da quattro anni lo aiutava con i suoi sbalzi di umore, decise di smettere di frequentarlo, fu in quel momento che si vide costretto a tornare a casa dei propri genitori, che lo iscrissero nuovamente a dei corsi di pittura e arte. Fu proprio in una di quelle vecchie e rovinate classi che conobbe Beatrice, colei che da lì a poco sarebbe stata la persona per cui avrebbe perso la testa. Non era la prima però, infatti, aveva avuto un fidanzato quando era nel paese del nonno.

Harry sistemò i propri capelli lunghi, gli arrivavano alle spalle, li le-gò con un piccolo codino. Guardò la ragazza e avvicinandosi si pre-sentò.

«Ehi, tu devi essere»

«Beatrice. Tu invece?» Aveva il sorriso stampato sul viso, dannato sorriso che mandò in autodistruzione Harry, che guardò negli occhi la ragazza prima di iniziare un discorso che sarebbe durato minuti, se non ore.

I due si conobbero sempre di più, fino a quando alletà di dicias-sette anni e mezzo, dopo ormai un anno di relazione, entrambi anda-rono in vacanza insieme, progettando un trasferimento per lanno dopo. Andava tutto bene, finalmente Harry aveva trovato la propria pace, lontano dai genitori che lo stressavano, libero dalla nostalgia del nonno e vicino alla persona che più amava, Beatrice. Si svegliò, erano ancora in vacanza, era inverno e la neve scendeva dal cielo, era ancora notte fonda. Harry la guardò e dopo averle baciato la guancia, tornò a dormire.

Passò il tempo, molto tempo, Harry e Beatrice stavano insieme ormai da quasi due anni. Questa volta era autunno, 28 novembre, la pioggia sbatteva violenta contro le finestre e il vento faceva tremare le tapparelle come foglie sugli alberi durante una tormenta, come acqua marina durante le tempeste. Harry che aveva appena finito di fare la doccia, il suo telefono che fino a quel momento era rimasto spento, si trovava in camera, mentre lui era ancora in accappatoio in bagno.

Tirò un sospiro, pettinò i capelli e dopo aver messo la sua solita camicia nera e i suoi soliti jeans, si diresse verso luscita, sorrideva, no-nostante il tempo continuava a dirgli di restare a casa, di rimanere nella parte salva del mondo, lui era pronto per andare a trovare la sua parte di mondo preferita, casa di Beatrice, infatti, il suo intento era di farle una sorpresa e di andare a casa sua con lauto per portarla a fare una passeggiata sotto la pioggia. Non appena però mise in moto lautomobile notò che due auto della polizia, seguiti da unambulanza corsero nella direzione in cui lui sarebbe andato, decise di fare in fret-ta, vedendo poi con i suoi stessi occhi che tutte e tre le vetture erano andate a casa di Beatrice. Scese dallauto e correndo verso i poliziotti chiese loro cosa stesse succedendo, essi lo invitarono ad andare via e allontanarsi non dando però alcuna spiegazione. Preso dalla paura e dalladrenalina della preoccupazione, fece il giro della casa e scavalcan-do entrò in giardino, dove notò che solo una delle luci era accesa, quella della camera da letto della ragazza. Harry, allora, iniziò ad arram-picarsi, cadde una volta da almeno tre metri e dopo essersi rotto il polso strinse i denti e ritentò, riuscendo questa volta ad entrare in ca-sa.

«Okay, questo è il bagno, devo solo accendere la luce»

Dolorante accese la luce, notò che sul lavandino cera un biglietto di carta, su di esso vi era il suo nome Per Harry lo aprì e lesse sus-surrando.

«Caro Harry, sono sicura che questo biglietto ti verrà consegnato dalla polizia o da qualcun altro, scusa se non sono stata capace di urla-re abbastanza, ma i problemi sono diventati sempre più grandi, non riesco più a reggere il peso di un mondo più grande di me. Sono stata molto bene con te e spero di poter sorvegliare su di te anche da dove sto andando ora, ti prego non mollare mai, ti amo tantissimo, tua Dante, per il mio Beatrice.»

Il foglio si coprì di lacrime, Harry spostò quindi la sua mano sulla maniglia, la porta che conduceva alla sua camera era davanti a lui, ma aveva paura di vedere con gli occhi la realtà. Iniziò a urlare, infischian-dosene della polizia fuori casa.

«EHI BEATRICE! SO CHE MI SENTI! Ho portato la mia gon-naso che la voleviIO Io non la uso più, se vuoi posso»

Aprì la porta e vedendola stesa senza vita sul suo letto iniziò a piangere di più, la sua testa era avvolta da delle soffici coperte di san-gue, non erano vere coperte, era solo una metafora che in quel mo-mento mangiò la mente di Harry, che dopo aver visto la propria ra-gazza in quello stato andò lentamente verso di lei, barcollando, addos-so aveva ancora il suo zainetto, lo aprì e dal suo interno tirò fuori la sua gonna nera, svestì le gambe della ragazza con delicatezza, le tolse pantaloni e scarpe, che erano sporchi di sangue, mise la gonna e to-gliendo le proprie scarpe mise le sue a Beatrice, rimanendo scalzo.

«Veditisei bellissima»

Di colpo cadde in ginocchio davanti a lei, schiacciò la sua faccia tra le gambe della ragazza e iniziò a piangere come non aveva mai fatto. La polizia entrò di colpo, ma il ragazzo non ebbe alcuna reazione, non si spaventò nemmeno, era troppo preso dal momento.

Uno dei poliziotti allora si chinò e mettendo la mano sulla sua spalla destra cercò di consolarlo, senza però alcun risultato.

Passò più di un anno, Harry era andato a vivere da solo e da mesi cercava un modo per contattare Beatrice, non voleva parlarle ogni giorno, non chiedeva di rimanere con lei per sempre, voleva sempli-cemente dirle che la amava e che non si sarebbe mai dimenticato di lei. Si sedette sul suo letto, rinunciò con tutte le forze, non voleva più provarci, da quel momento lavrebbe lasciata stare alleterno riposo. Sospirò e non appena uno dei ciondoli che aveva dimenticato di to-gliere iniziò a muoversi, lui alzò la testa e lacrimando iniziò a sorridere.

«Ti amo»

Gerard guardò Harry e lo abbracciò di colpo, stringendolo a se.

«Grazie Gerard, questo significa molto per me.»

«Ti ho ricordato lei vero?» Harry annuì.

«Ed è anche per questo che non eri spaventato nel vedermi o nel sapere che io ero qui con te. Ma ora sono qui con te, okay?»

«Anche io sono qui con te e vorrò esserlo per ancora molto tem-po.»

Gerard sorrise, finalmente dopo tanto tempo, aveva un amico.

Harry [Ghosts Eat Roses And Regret Death]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora