Rumori improvvisi come dei manici di scopa che si spezzano lo fanno svegliare di soprassalto. La fronte madida di sudore e il respiro affannoso. Joanna sussultò sotto le lenzuola, ascoltando i suoi lamenti. "Alex? Che cosa è successo?". "Spari. I tedeschi stavano attaccando la barca". Lei si mise a sedere, prendendolo per mano.
"Alex, la guerra è finita da un pezzo. Adesso sei a New York, con me". Lui comprese che quel conflitto era ormai dietro le sue spalle, anche se sarebbe rimasto sempre impresso nei suoi ricordi. Tornò a stendersi accanto a Joanna, attirandola a sé per poterla abbracciare. Gli diede la schiena, infilando le dita nelle sue. "Mi dispiace di non poterti aiutare a superare quei momenti". Alex tirò su con il naso, affondandolo nella sua criniera dorata.
"Lo stai facendo. Inconsapevolmente mi stai curando dalle cicatrici. Tu sei la mia cura, l'antidoto e il palliativo". Joanna soffocò una risata, volgendo lo sguardo verso di lui. Affondò la mano nei capelli di Alex, attirandolo verso di sé per poterlo baciare. Nel frattempo lui la strinse tra le sue braccia, avvolgendola con le lenzuola leggere. "Dormiamo adesso. Domani sarà una lunga giornata".
Trascorsero i giorni e le settimane e Alex era ancora lì, a New York. Non aveva alcuna intenzione di tornare a Londra ma avrebbe dovuto farlo, per poter rivedere la sua famiglia. Comunque si tenne in contatto, inviando lettere e chiamando una volta al giorno. Joanna sentì suo padre e lo ringraziò per l'assegno. Tommy disse di avere delle novità, e aggiunse che non ne avrebbe parlato al telefono. "Vi voglio entrambi qui. È una notizia che richiede la presenza di tutta la famiglia, e Alex fa parte della famiglia".
Lui quasi si commosse sentendoglielo dire. Chiese a Joanna di passargli la cornetta. "Questa novità ha a che fare con Daisy?". Erano mesi che non pronunciava quel nome, ed era ben felice di averla dimenticata. Era stata un'infatuazione fugace. Una svista, volta a fargli capire che cosa desiderava davvero: l'amore di una ragazza dalla bellezza naturale e dal carattere affabile e sognatore.
"Ripeto, non è una notizia che comunicherò attraverso una cornetta. Quando avete intenzione di tornare a Londra?". Alex cercò Joanna con gli occhi. In quel momento lei era davanti allo specchio a prepararsi per poter scendere al negozio. "Non lo so. Joanna è impegnata con il lavoro e...". Alex si grattò la nuca, perplesso.
"Ho capito. Devo raggiungervi?". Joanna si voltò, scrutando il volto preoccupato del ragazzo. Mise una mano sulla cornetta, ovattando il suono. "Tuo fratello vuole venire qui". Lei scosse la testa, raggiungendo il telefono. "Torneremo a Londra la settimana prossima. Abbiamo già preso i biglietti per la nave". Alex la guardò storto. "Va bene, allora vi aspetto per il pranzo di Pasqua". Joanna riappese, tornando davanti allo specchio. "Perché hai mentito? Non abbiamo preso nessun biglietto".
"Non potevamo di certo dirgli la verità, non ancora... cercheremo i biglietti, e se siamo fortunati li troveremo a poco prezzo. Adesso scendo al negozio. Ci vediamo stasera". Joanna si sporse su di lui per scoccargli un bacio all'angolo delle labbra. Alex non riuscì a rispondere. Si limitò a sorridere, rimettendosi a dormire. Non aveva chiuso occhio durante la notte. Gli incubi erano ritornati. E per quanto cercasse di scacciarli per non dover preoccupare Joanna, loro sembrarono voler venire a galla con prepotenza, rammentandogli i suoi fratelli di reggimento saltati sulle mine e il ragazzo francese lasciato a morire nella barca affondata.
Dopo aver dormito un paio d'ore, si diede una ripulita e raggiunse il centro città. Nelle ultime settimane, Joanna gli aveva presentato un paio di amici suoi coetanei con cui Alex poteva passare il tempo nel frattempo che lei era al negozio. Intanto cercò un impiego, ma niente sembrò ispirarlo. Non aveva alcuna passione, nessun interesse. Joanna d'altro canto era portata per la sartoria e sarebbe diventata una grande stilista. Le sue creazioni erano semplici, sensuali e uniche. John, uno degli amici di Joanna, notò le sue mani.
"Hai le dita sottili, affusolate. Forse so che cosa potresti fare". Gli chiese di raggiungerlo al suo appartamento, e quando furono lì gli porse una chitarra di liuteria. Alex la osservò con scetticismo. "Cosa dovrei farci con questa?".
"Devi suonarla, imbecille". Lui sgranò gli occhi. "Non ho mai suonato uno strumento musicale in venticinque anni. Perché dovrei iniziare adesso?". John si portò le mani sui fianchi. "Stai cercando qualcosa che ti appassioni. Inizia a suonare".
Alex si mise seduto sul letto, le dita sulle corde. "Non so da dove iniziare. Come si distinguono le note e i suoni?". John lo aiutò, seguendolo passo passo. Quelle lezioni improvvisate perdurarono per giorni, e i due non ne fecero parola con Joanna. Alex voleva farle una sorpresa. John aveva dichiarato di non aver mai usato la chitarra, e che era rimasta a prendere polvere nel suo sgabuzzino. Quindi gliela regalò. "Ne farai un uso migliore del mio, ma quando diventerai famoso, ricordati del tuo amico americano".
Tornato da Joanna, lei confessò di aver trovato i biglietti. "Per la gioia di Tommy, venerdì prossimo torneremo a Londra". Alex le prese le mani, guardandola negli occhi. "Non sembri felice di tornare a casa". "Lo sono ma... ho paura. Secondo te come reagiranno i miei genitori?".
"Secondo me saranno felici per noi. Avevo già detto a tuo padre che sarei rimasto a New York con te, nel caso in cui saresti stata promossa sul lavoro". Lei non sembrò rasserenarsi, quindi Alex la fece accomodare ai piedi del letto. Sfilò la chitarra dalla custodia, portandosela in grembo. "E quella che cos'è?".
"Un regalo di John. Pensa che possa usarla meglio di lui...". Joanna si preparò a rispondergli ma Alex la zittì con un suono dolce e melodico, che echeggiò imperterrito intorno ai loro corpi esagitati dalla gioia e dalla speranza. Seguì la melodia con delle parole sincere e intrise d'amore, intanto che il suo cuore scalpitò nel petto. Quello di Joanna batté all'unisono. Indugiò con gli occhi sulle dita di Alex che si muovevano armoniosamente sulle corde sottili, come se fosse il suo stesso corpo a emettere quel suono melodioso. Quella canzone nostalgica e pura terminò, lasciando un leggero eco nella stanza illuminata parzialmente dall'abat-jour sul comodino.
"Allora, che ne pensi?". Joanna si passò il dorso della mano sotto alle narici. "Non sapevo suonassi. L'hai scritta tu?" Alex annuì. "Mi ha insegnato John. È stato piuttosto bravo. Non credevo che sarei mai..." Joanna non lo fece finire di parlare. Lo liberò della chitarra, gettandola sul tappeto per potergli sedere sulle gambe. "Pensi davvero quelle parole che mi hai cantato?".
"Certo, non te le avrei dedicate altrimenti. Sono pronto, sono giovane e sono perdutamente innamorato. Tu mi hai aiutato con gli incubi, adesso io vorrei aiutare te a superare questo ostacolo. Andremo dai tuoi genitori e staccheremo il gancio dalla granata, insieme. Non una perfetta metafora per uno che non riesce a dimenticare la guerra...". Nonostante la sua battuta ironica, entrambi risero di gusto. "...allora, sei disposta a venire a Londra con me?". Joanna annuì. "Sarai un padre meraviglioso, Alex Shepard".
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𝐀𝐥𝐞𝐱 | 𝐓𝐡𝐞 𝐒𝐮𝐫𝐯𝐢𝐯𝐨𝐫 [H.S]
FanfictionGiugno, 1940. Alex, scampato dall'invasione dei nazisti a Dunkerque, riesce finalmente a tornare nel Regno Unito. Le prime notti non riesce a sopportare l'inflessibile senso di vuoto, e continua a sognare i giorni in cui si trovava in guerra. Prova...