Capitolo 3

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Fui svegliato da uno schiaffo in faccia. Scosso e agitato mi saltò il cuore in gola e nel mentre cercavo di reagire, di aprire gli occhi, ma qualcuno mi mise le mani in bocca. Cercai di morderlo per istinto tuttavia codesto indossava un guanto molto spesso e i miei lunghi canini mi si incastrarono. Finalmente riuscì ad aprire gli occhi: nella mia stanza c'erano tre uomini mascherati e incappucciati vestiti totalmente in nero come dei ladri e portavano con se dei fucili e nella cinghia dell'aglio e una boccetta di vetro. Da questi indizi capì che erano dei cacciatori di vampiri e mi allarmai ancor di più. Tuttavia cercai di batterli con l'astuzia perciò non mi mossi e aspettai di vedere cosa avrebbero fatto.

Il primo uomo, che mi teneva fermo per la testa, tolse il guanto dalla mia bocca e mi osservò più attentamente infatti iniziò a guardarmi il collo e a toccarmi i capelli. Poi si girò verso gli altri due e disse loro qualcosa in russo, loro annuirono e mi presero per le braccia. Mi fecero scendere dalla scala a pioli fuori dalla finestra e notai che il Sole stava albeggiando. Sotto di noi c'era un furgone bianco senza alcuna scritta sopra. Una volta scesi, il terzo uomo aprì le porte del cofano che dentro aveva una ciotola d'acqua per cani e un cuscino. Intanto il primo uomo e il secondo salirono in macchina e mi lasciarono solo con il terzo che mi buttò nel cofano, ma io colsi immediatamente l'occasione e scappai triandogli un pugno sul naso. Lui urlò qualcosa in russo ai compagni che partirono al mio inseguimento. Cercai di seminarli per la piazza buttandomi alle spalle i cestini della spazzatura, ma loro riuscirono a superarli. Erano abbastanza goffi perciò decisi di salire su una scala a pioli che mi portò sui tetti delle case dove, saltando dall'uno all'altro, riuscì a sbarazzarmi di uno di loro. Il Sole stava sorgendo e mi stavo avvicinando alla stazione dei treni così feci un'ultima acrobazia in modo da liberarmi anche dell'altro e poter salire sul primo treno che mi capitava. Feci un salto molto lungo che nessun essere umano avrebbe mai potuto fare, infatti in qualche modo mi sembrò di volare. Atterrai illeso su un altro tetto, mi guardai alle spalle ridendo e mi avviai verso la stazione.

Una volta lì comprai del cibo e un biglietto per il primo treno che mi avrebbe portato al confine. Mancavano cinque minuti alla partenza per Arad quindi ero in tempo per organizzarmi. Da Arad avrei preso un pullman che mi avrebbe portato fino a Gorizia e poi avrei dovuto cambiare di nuovo veicolo per arrivare dall'altra parte della Pianura Padana, al confine con la Francia. Salì sul treno con il cappuccio in testa e una sciarpa sulla bocca perché non dovevo farmi notare. Infondo era Dicembre perciò quel abbigliamento non sarebbe apparso inopportuno o stravagante. Entrai in una cabina con due letti molto vecchi e malridotti. Per un secondo sperai che nessuno dormisse con me, ma subito dopo entrò un uomo con un cappello marrone e una cravatta rossa. Appoggiò la sua valigetta sul letto di sotto perciò io salì sul mio e restai in silenzio. Fuori dal finestrino il paesaggio iniziò a muoversi e in men che non si dica mi addormentai.

Al mio risveglio c'era una signora con un carrello pieno di cibo che stava servendo il signore sotto di me. Appena uscì costui iniziò a mangiare e mi disse: "Finalmente sei sveglio ragazzo. Hai dormito fino all'ora di pranzo". Non so come si fosse accorto che mi ero svegliato, forse per lo scricchiolio del letto, ma in ogni caso non risposi. "Sei un tipetto strano sai? Dormire a quest'ora è alquanto insolito", ancora una volta non risposi. Iniziavo a comportarmi come un vampiro e questo non andava molto bene. Finalmente mi decisi di aprire bocca: "Ha una cartina europea signore?". "Come scusa?", domandò. Allora io ripetei: "Per caso ha una cartina che raraffiguri l'Europa, signore?". "Certo. Te la regalo", disse mentre prendeva dalla sua valigetta una cartina. Io la afferrai e notai che il dorso della sua mano era molto peloso e che le sue unghie somigliavano piuttosto a degli artigli. Immediatamente mi ricordai della storia di Victor e mi resi conto che, anche lui come me, cercava di nascondere, con l'aiuto dei vestiti lunghi e bizzarri, il suo vero aspetto. Con la coda dell'occhio scorsi il piatto su cui giaceva una grossa fetta di carne e alcune ossa rosicchiate. Tornai a guardarlo e lui mi sorrise mostrando i denti aguzzi e affilati. I suoi canini assomigliavano vagamente ai miei ma la differenza era che i suoi denti erano tutti così lucidi e appuntiti, i miei no. Lo guardai negli occhi e mi sorpresi nel ritrovarmi faccia a faccia con quelli di un lupo, gialli e luminosi.

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