Capitolo 5

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Mi chiesi se la luce candida che filtrava dalle folte chiome degli alberi e che mi accarezzava gli occhi fosse segno che mi trovassi in Paradiso, ma una forte nausea mi risvegliò urlandomi chiaramente di essere vivo e vegeto. Cercai di mettere a fuoco le chiome che regnavano sopra di me, ma quella luce candida si trasformò in un grido militare che mi imponeva di alzarmi. Obbedì e mi misi seduto massaggiandomi le tempie martellate dal sangue che si rimise in moto. Mi guardai attorno confuso e curioso: il portale non c'era più ed ero circondato da un folto bosco costellato da latifoglie, in particolare querce. Dinnanzi a me si ergeva una parete in pietra non troppo alta dove prendevano posto i menhir del portale ancora lì a guardarmi.

Mi alzai in piedi e, preso da un capogiro, mi appoggiai ad un albero. Non avevo ancora modo di sapere se fossi nel Regno degli Elfi perciò pensai di dovermi aggirare per la zona e cercare qualcuno del posto. Prima di partire controllai che nello zainetto ci fosse tutto anche se non avevo altro che dei fazzoletti, la mappa e l'Odissea. Il mio stomaco cominciò a brontolare così forte che i succhi gastrici rimasti non riuscirono più a trattenersi e in un batter d'occhio erano già fuori dal mio corpo sull'erba.

Stavo già camminando da dieci minuti buoni quando vidi una vecchia insegna di legno coperta da muschio appesa ad un albero. La freccia intagliata sopra indicava una stradina coperta da ghiaia e polvere che si allontanava dal sentiero che stavo percorrendo inoltrandosi nel bosco. Fino a quel momento non vidi animali o altre forme di vita ma i miei sensi, divenuti più acuti dopo la trasformazione, mi assicuravano che non ero solo. Quando mi ritrovai davanti alla locanda in legno e pietra, simile ad un Bungalow, la fame prese il possesso del mio stomaco. Non mangiavo da quella mattina e ora il Sole stava per tramontare. Una sete di sangue improvvisa accese ancora di più il desiderio di mangiare e me ne accorsi perché, pensandoci, iniziai a sbavare.

La maniglia della porta dell'antico Bungalow scricchiolò sotto il peso della mia mano destra, pallida come la morte. Entrai e anche il pavimento si aggiunse al coro rivelandomi una grossa stanza piena di tutti i tipi di mostri esistenti nelle favole. Ero ufficialmente in qualcuno dei regni, ma non scorsi nessuna creatura simile ad un umanoide dalle orecchie a punta: c'erano giganti alti quattro metri come anche nanerottoli alti appena qualche centimetro, fatine che facevano da cameriere, brutti Goblin puzzolenti e qualche altra strana creatura che non riconobbi. Qualcuno stava giocando a poker o a biliardo e altri si stavano azzuffando lanciando bottiglie di vino o birra vuote, proprio come in un sudicio pub umano.

Mi misi il cappuccio della felpa in testa e mi incamminai verso il bancone del bar dove chiesi al barista qualche alimento o bevanda a base di sangue. Il barman era una specie di elfo con le orecchie afflosciate e la pelle celeste vestito da gentiluomo degli anni '80. Portava un monocolo all'occhio destro e attraverso quello mi rivolse uno sguardo sospettoso e pieno di rancore. Una volta che si immerse in cucina accanto a me si sedette una figura con un mantello nero e il cappuccio sulla testa. Appoggiò le mani sul bancone permettendomi di notarne il colore grigiastro. Avevano una vaga somiglianza a quelle umane, alle mie, anche se il loro colore lasciava desiderare. Non mi guardò e non mi parlò finché il barman non tornò con un liquido giallastro sistemato in una brocca. Lo guardai sconcertato perché di solito il sangue è rosso a meno che non sia di qualche strana creatura. La figura accanto a me toccò il bicchiere sussultando e poi mi prese per il braccio con una forza stupefacente e mi trascinò fuori dal pub. Tutti smisero di fare quel che stavano facendo per sentire me dimenarmi come un pesce fino a quando non fummo fuori.

La figura mi abbandonò sulla ghiaia e rimase davanti a me girata di schiena. "Ehi, ma ti pare il modo di comportarti con gli sconosciuti?" le urlai. Lei non disse niente e rimase così davanti a me aspettando che mi alzassi, poi continuò a camminare. Io iniziai a seguirla cercando di comprendere il suo gesto: "Vuoi spiegarmi perché ti comporti in questa maniera? E poi perché non ti mostri?" A quelle parole si fermò, facendomi cadere. "Quella bevanda era avvelenata" "Come scusa?" domandai alzandomi. Continuò a camminare lasciando il sentiero e inoltrandosi nel bosco: "In quella bevanda c'era midollo di fata, mortale per i vampiri" Cercai di mantenere il passo ma era complicato dovendo superare i vari cespugli e tronchi caduti. "E poi dove stiamo andando e, tra l'altro, perché ti sto seguendo?" dissi rivolgendomi più a me stesso che alla creatura. Si sentì un fruscio e lei si fermò di scatto tappandomi la bocca con il palmo della mano destra.

Appena mi zittì mi lasciò andare ed estrasse una spada dalla cinghia che portava sotto il mantello. Il fruscio si ripeté e la creatura che lo produceva si stava avvicinando sempre di più. E se prima camminava ora stava correndo e non appena uscì dalle fronde la vidi: era una sorta di cervo alto due metri con una coda da pavone, gli zoccoli da cavallo, il manto baio mentre la criniera era bionda. La sua particolarità più evidente era il palco che assomigliava ai rami di un albero rivolti in avanti. Quando si imbatté in noi impennò, ma non cercò di scappare come io pensai, bensì attaccò la misteriosa creatura che poco prima mi accompagnava. Io mi buttai a terra accanto ai cespugli e da lì potei osservare che alla creatura cadde il cappuccio e si rivelò un'elfa.

L'elfa iniziò a distrarre il cervo cercando di proteggersi con la spada e schivando gli attacchi. Però il cervo la spinse più nel fitto della foresta allora l'elfa mi urlò di scappare e di andare lontano da lì. Così cominciai a correre nella direzione da cui era arrivato il cervo senza mai voltarmi. Con la nuova agilità che avevo acquisito non mi fu difficile allontanarmi e quindi mi voltai per controllare che il cervo non mi avesse seguito. Sfortunatamente, proprio nell'atto di girarmi, inciampai in una radice e iniziai a rotolare giù per una discesa, ovviamente sempre sbattendo contro i cespugli e le altre cose che c'erano lungo la strada, perciò persi i sensi.

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