Capitolo 6

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Una delle cose che odio di più è certamente perdere i sensi, ma odio ancora di più perdere i sensi e ritrovarmi appeso ad un tronco come una salsiccia trasportato da degli elfi. Questo è ciò che stava succedendo al mio risveglio. La prima cosa che feci fu muovere le mani e i piedi, senza risultati. Successivamente mi ricordai del mio zaino, per cui guardai attorno a me e vidi che due elfi mi stavano trasportando, uno davanti e uno dietro. Poi c'è n'erano altri sei attorno a loro con delle lance che sembravano incandescenti solo a guardarle e dietro tutti loro altri elfi che sembravano meno importanti, come se fossero una semplice folla. Quelli che facevano parte del corteo che mi trasportava, che si riconoscevano dalla folla per le loro armature scintillanti e le lance, avevano la pelle molto scura con dei profondi solchi che sembravano cicatrici. Quelli che componevano la folla invece avevano la pelle verdastra e indossavano vestiti molto simili tra loro.

In quel momento stavamo camminando lungo un sentiero in mezzo alla boscaglia che si faceva a mano a mano meno fitta. Molto presto infatti gli alberi lasciarono spazio ai cespugli e il sentiero sterrato ad una strada di ciottoli. La folla di elfi verdi non ci seguì oltre e si dispersero lentamente nella foresta quasi come se stessero svanendo nel nulla. Poco dopo ai lati della strada la terra scomparve lasciando spazio ad un burrone molto profondo. Ai margini della strada si innalzarono dei muriccioli di pietra e mi resi conto che mi stavano portando, lungo un ponte, verso un centro abitato. Ma fu peggio di così.

Attraversammo un cancello molto alto e vidi attorno a me altri elfi, ma questi avevano colori più vari di pelle e abiti misti. Le case erano abbastanza diverse tra loro quindi supposi che c'erano più tipi di elfi che vivevano lì. Avanzammo fino ad arrivare all'entrata di un castello estremamente alto. Qui uno degli elfi con la lancia disse ad un altro elfo che non vidi con precisione qualcosa riguardante me perché sentì la parola "vampiro" detta dal mio accompagnatore. Così proseguimmo scendendo lungo una scala a chiocciola per un tempo che mi parve infinito. Dopodiché fui slegato e buttato in una cella molto fredda per via delle spesse pareti di pietra. Solo allora mi ricordai nuovamente del mio zaino che gli elfi appesero davanti alla mia cella. Parlarono un po' tra loro e poi se ne andarono.

Così rimasi da solo perché nelle celle non c'era nessun'altro vivo per lo meno. Sapendo ormai di essere un vampiro pensai che sarei rimasto lì per almeno un altro secolo e iniziai ad agitarmi. L'andare avanti e indietro per la cella non durò molto perché iniziai ad avere fame e perciò mi distesi a terra per risparmiare energia. Cominciai a pensare agli elfi e alle loro differenti colorazioni. L'elfa che mi aveva salvato dal cervo aveva la pelle azzurra e non indossava vestiti che avessi già visto negli altri elfi. Inoltre aveva dei tatuaggi strani sulle braccia che assomigliavano a rune. Non ero sicuro ma mi parve di vedere che mentre impugnava la sua spada quelle rune si erano illuminate. Invece gli elfi che abitavano dentro le mura avevano colori e costumi diversi tant'è che iniziò a incuriosirmi la questione e mi domandavo a cosa servisse tutta quella diversità riguardante l'aspetto fisico. Non saprei dire con certezza quanto tempo rimasi chiuso lì. Dopo aver contato tutti i ciottoli sul muro della cella e le sbarre del cancello almeno tre volte gli elfi guardiani mi portarono un bicchiere di sangue di qualche animale strano perché non era rosso. Sinceramente preferisco tutt'ora non sapere cosa fosse, comunque per la fame lo bevvi tutto. Dopo quella bevanda iniziai a stare male. Avevo nausea e la testa continuava a girarmi, ma non credo fosse per il sangue bensì per una visione che mi stava arrivando.

Vidi di nuovo quella piccola elfa dai capelli innevati che stava correndo lungo un corridoio. Il tappeto rosso con bordature dorate attutiva i suoi passetti corti e le torce le illuminavano il cammino. Di tanto in tanto si girava all'indietro e rideva come fanno tutti i bambini, con una risata innocente e spensierata. Si sentiva anche l'eco di una voce maschile abbastanza profonda che gridava qualcosa in tono giocoso. Ad un certo punto la piccola elfa svoltò a destra per nascondersi lungo una scalinata a chiocciola. Aspettò che l'altro elfo passasse e poi uscì da quell'anfratto per dirigersi di fronte a lei. Percorse una scalinata che la portò in un luogo buio e freddo con le pareti in roccia scura e le torce spente. L'elfa sembrava impaurita ma continuò a camminare e presto raggiunse delle celle che erano uguali a quella in cui mi trovavo io. Si guardò intorno e io percepivo il rumore delle gocce d'acqua che cadevano per terra e della corrente fredda che le smuoveva delicatamente i capelli. La piccola si fermò davanti ad una cella molto buia perché c'era una specie di farfalla luminosa che lampeggiava distesa sulle pietre. Così l'elfa la prese in mano dicendo "Tranquilla piccolina, ora tornerai a volare. Non voglio vederti mai più in questo stato!". Così chiuse il palmo attorno all'insetto che, quando lei lo riaprì, si rimise a volare entrando nella cella. Così la bambina lo seguì cercando di indirizzarlo all'esterno ma quando entrò iniziò ad urlare perché c'era uno teschio lì dentro. In quel preciso istante arrivò l'elfo che prima la inseguiva e la portò via lasciando alla mia vista solo la farfalla oscillare le ali con leggerezza su quel teschio...

Un odore di bruciato mi svegliò. La testa mi pulsava incredibilmente, ma non avevo il tempo di lamentarmi perché tutto stava andando a fuoco nel corridoio per entrare nella stanza delle celle. Da sopra si sentiva un continuo trambusto di persone, o elfi che fossero, correre avanti e indietro e urlare ordini su ordini. Di tanto in tanto arrivavano delle scosse come quelle dei terremoti solo che dall'alto e di conseguenza esplosioni e crolli di porzioni del castello. Iniziai a gridare aiuto e pregai qualcuno di farmi uscire, ma nessuno poteva sentirmi da lì. Ben presto il fuoco si espanse fino alle travi che sorreggevano il soffitto delle celle. Cercai di pensare a qualche metodo per riprendermi lo zaino e scassinare la cella oppure a qualche potere nascosto dei vampiri, ma non c'è ne fu bisogno perché la trave sopra l'entrata della mia cella crollò buttando giù le sbarre. Non ci pensai due volte e corsi a prendere lo zaino. Con la mia velocità scappai dal castello poco prima che tutto crollasse.

Dopo aver superato guardie ed elfi in fuga riuscì ad uscire all'esterno da qualche parte dietro il castello dove c'era un altro ponte. Non potevo credere ai miei occhi: in cielo c'erano draghi enormi blu e rossi che sparavano palle di fuoco e fulmini sul castello. Notai che in realtà quest'ultimo era protetto da uno scudo magico che però era ceduto per colpa dei bombardamenti. Se una palla incandescente di fuoco non fosse caduta a pochi metri da me sarei rimasto lì imbambolato per un altro decennio. Quindi corsi nella foresta il più lontano possibile senza guardami mai alle spalle.



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