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Ogni tanto ripenso a quello che mi ha detto Olivia Del Pozzo Feroldi quando ci siamo incontrate per la prima volta: mio padre frequentava la casa dei suoi genitori.

Non ho problemi a seguire la contabilità della Strawman S.p.A. perché lo faccio già da un pezzo per la V.Tutto Investigazioni. È un'altra di quelle cose che mi ha insegnato mio padre. Victor Tutto teneva traccia cartacea di tutti i suoi pagamenti con la stessa puntualità metodica dei tempi in cui era un poliziotto ed era tenuto a fare rapporto dopo ogni operazione sul campo. In un ripostiglio dell'agenzia investigativa c'è una scaffalatura piena di faldoni, all'interno dei quali sono conservati decenni di fatture.

Ho passato il sabato sera a sfogliare quei faldoni, ma non risultano pagamenti a beneficio di mio padre da parte della famiglia Del Pozzo Feroldi. Escludo che Olivia stesse mentendo, che motivo avrebbe avuto per farlo? Forse il pagamento è avvenuto tramite prestanome. Forse quella fattura è andata persa, dopotutto sono passati più di trent'anni.

O forse mio padre non stava indagando per loro. Forse indagava su di loro.

L'unico cognome nobiliare che compare sui faldoni nel periodo di riferimento è quello dei Kinsky-Grätz, una dinastia aristocratica viennese, magnati dell'acciaio, gente rispetto alla quale pure i Del Pozzo Feroldi fanno la figura dei poveracci. Perché dei ricconi austriaci dovrebbero ingaggiare un investigatore privato italiano è un altro grande punto di domanda, le fatture parlano di generiche "prestazioni professionali", ma pare non ci siano collegamenti coi genitori di Olivia: se è possibile che le due famiglie si conoscano, stando a quanto si trova in Rete non sono imparentate nemmeno alla lontana.

Comunque, benché alla detective che è in me non piaccia lasciare misteri in sospeso, tutto questo è storia passata.

Il presente è il martedì pomeriggio. Samantha, seduta al Polo Est del tavolone rotondo, è coinvolta in una conversazione telefonica che da parte sua si compone soprattutto di avverbi assertivi come «Certamente», «Sicuramente» e «Assolutamente», mentre regge il telefono tra testa e spalla e si passa lo smalto sulle unghie. Io faccio scorrere col pollice sullo smartphone le foto che ha scattato la mia penna spia ieri sera tra le venti e le ventidue.

C'è l'ufficio di Martello vuoto. Poi Samantha. Walter. Poi di nuovo l'ufficio vuoto. Poi Martello da solo. Martello con So-yon. Martello con Erjona. Certo che quell'ufficio è proprio un porto di mare. In ogni caso, non ho ancora niente di compromettente. Sono a un punto morto.

Ho appena chiuso la cartella Immagini del telefonino quando Milo Martello in carne e ossa appare nel vano della porta della nostra stanza, agita una mano in segno di saluto, dice

«A domani»

e se ne va.

A domani? Sono le quattro, dove sta andando? Dovrei seguirlo ma non posso, ho del lavoro da fare. Sono incastrata qui, cazzo.

Aspetto che Samantha concluda la telefonata e le chiedo: «Dov'è andato Martello?»

«Smart working» ribatte lei. «Tutti i martedì alle quattro in punto Milo va a lavorare da casa. Dice che ha bisogno di staccare dall'ambiente dell'ufficio. Spazio di decompressione, lo chiama». Si soffia sulle unghie per far asciugare lo smalto.

Smart working? Puzza di balla lontano un miglio.

«Ma secondo me è una balla» prosegue Samantha. «Decompressione, figuriamoci, Milo ama la Strawman come fosse suo figlio, in ufficio ci dormirebbe pure. Una volta abbiamo perfino provato a chiamarlo di martedì pomeriggio al telefono fisso di casa e, indovina un po'? Il suo cameriere ci ha risposto che non c'era».

«Quindi tu pensi che nasconda qualcosa?»

«Tesoro, tu pensi che per un uomo come lui sia possibile non avere segreti?»

Non l'ho mai pensato nemmeno per un secondo.

Ormai Martello è andato, anche se mi inventassi un pretesto per uscire non lo beccherei più, però ho avuto un'intuizione. Con la scusa di andare in bagno, raggiungo il porto di mare. Butto l'occhio all'interno per verificare che non ci sia nessuno ed entro. Apro il cassetto della scrivania: oggi non ci sono mutande, ma stavolta il mio obiettivo è l'agenda. L'agendina nera sulla quale Martello si segna tutti i suoi impegni.

La tiro fuori dal cassetto e la sfoglio. Ogni singolo martedì riporta la stessa parola: "Maria".

E a lato di ogni "Maria" è disegnato un piccolo cuore.

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