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Did you know? Le api sono insetti strettamente diurni. Oltre al fatto che hanno difficoltà a volare con le basse temperature, i loro occhi non funzionano molto bene senza la radiazione ultravioletta della luce solare. Perciò negli alveari, proprio come nei pensionati delle suore, la regola è che si rientra prima del tramonto. A volte però capita che un'ape ritardataria, confusa dalle condizioni di luminosità non ottimali, nel tentativo di tornare alla base vada a infilarsi nel buco sbagliato. Tipo la gola di Arturo.

Almeno abbiamo verificato sul campo che Arturo è allergico anche al veleno delle api. Dobbiamo ringraziare Samantha e il suo diploma da operatrice sanitaria: se non fosse stato per la respirazione bocca a bocca che lei ha avuto la prontezza di praticargli subito, lì, sul prato di casa Martello, forse lui non avrebbe superato il picco della crisi respiratoria e invece che al pronto soccorso sarebbe finito al cimitero.

Non c'è bisogno di essere una detective per ricostruire cos'è successo nella testa di Arturo. Forte di un bagaglio di esperienze col genere femminile che presumo scarso tendente al nullo, per la prima volta in vita sua si è ritrovato a condividere lo stesso tetto con una donna che non fosse sua madre, a vederla girare mezza nuda per casa, a sentirne l'odore da vicino. È possibile che si sia davvero innamorato, o che abbia creduto di esserlo, che è la stessa cosa. Quando gli ho chiesto di diventare il mio ragazzo per un giorno ha cominciato a domandarsi se il suo sentimento non fosse almeno in parte ricambiato. Quando gli ho proposto di rifarlo ha deciso di giocarsi il tutto per tutto, sperando che davanti a un gesto così plateale anch'io realizzassi all'improvviso di essere innamorata di lui, come nei film. Arturo non è uno stupido, se fosse stato lucido avrebbe capito che poteva finire solo male. Ma a quel punto ormai era confuso come un'ape al tramonto.

Sono rimasta nella sala d'aspetto del pronto soccorso finché i dottori non hanno dichiarato Arturo fuori pericolo. Ce ne siamo andati che era quasi mattina. Nel viaggio di ritorno il mio coinquilino non ha proferito parola, proprio come all'andata, con la differenza che stavolta non avrebbe potuto parlare nemmeno volendo: ci vorrà qualche giorno prima che la trachea gli si sgonfi abbastanza da consentirgli di emettere suoni intelligibili. Per ora le sue facoltà espressive si limitano a qualche vocalizzo da delfino.

Appena siamo rientrati nel nostro appartamento Arturo mi ha fatto capire a gesti che voleva carta e penna. Gli ho dato una matita e il mio block notes. Col suo stampatello tondeggiante e infantile ha scritto

SCUSA

e

SONO STATO UN COGLIONE.

Il che è vero, ma ho preferito non infierire: è già stato punito a sufficienza. E poi in fondo è anche un po' colpa mia. Non dovevo coinvolgerlo dall'inizio.

Dopodiché Arturo ha aggiunto

HO ROVINATO I TUOI PIANI?

«Al contrario», gli ho risposto, «mi hai fatto un favore».

Ora sono la ragazza che in una sola sera ha ricevuto una proposta di matrimonio a sorpresa e ha quasi visto morire il suo potenziale marito. Quando ho scritto una mail a Martello per chiedergli un paio di giorni di permesso dal lavoro, già sapevo che la mia richiesta sarebbe stata accolta senza resistenze. Martello avrà pensato che mi serviva tempo per accudire Arturo convalescente, magari anche per riflettere sulla mia relazione. Non poteva immaginare che in realtà il mio unico obiettivo fosse avere il martedì libero.

Martedì pomeriggio. Sono alla finestra della mia vecchia postazione con vista sulla Strawman. Ho gli occhi incollati al mio binocolo Olympus, un pacchetto di patatine al bacon a portata di mano e aspetto che Martello esca dall'ufficio per andare al suo appuntamento settimanale con Maria. Siamo al finale di partita.

Trovo stranamente inadeguato che l'amante di Martello si chiami Maria. Uno come lui lo facevo più un tipo da Deborah, o Chantal. Maria è un nome fuori moda, da vecchia zia. D'altronde i fatti parlano chiaro: le vecchie zie non le vai a trovare di nascosto in orario lavorativo, e soprattutto non te le segni in agenda precedute da un cuoricino.

Sono di ottimo umore perché sto per chiudere il caso e, in subordine, perché oggi se mi guardo allo specchio mi riconosco. Niente cravatte, niente gonnelline da segretaria sexy, niente stupidi occhiali finti del cazzo: sono tornata ai miei abbinamenti androgini camicia – pantalone. La Valeria Tutto versione Strawman è morta e non mi mancherà. Stasera stessa manderò a Martello un'altra mail nella quale gli dico che mi vedo costretta a interrompere prematuramente il mio stage perché lo shock di sabato mi ha spinta a rivedere le mie priorità e adesso voglio soltanto diventare la miglior compagna possibile per Arturo, o qualcosa del genere. Tanto da domani il mio ex capo sarà troppo impegnato a rispondere alle telefonate dell'avvocato divorzista di sua moglie per preoccuparsi di quello che faccio io.

Liscio come l'olio.

Martello, jeans camicia giacca antracite e scarpe da barca, esce dal portone del palazzo alle sedici e zero zero in punto. Quell'uomo è impeccabile perfino nella gestione dell'adulterio.

Non mi attivo subito. Non raccolgo le mie cose in fretta e furia. Non mi precipito sul pianerottolo. Non premo freneticamente il tasto di chiamata dell'ascensore, né corro giù per le scale. Viceversa, sgranocchio l'ultima patatina, ripongo con la massima calma il binocolo nel mio tascapane insieme alla mia Nikon e mi dirigo fischiettando verso l'uscita. Me lo posso permettere, poiché stamattina ho piazzato sotto la macchina di Martello un rilevatore GPS; un aggeggino comprato online per venticinque euro, che però fa il suo dovere. Finché il bersaglio si trova a meno di trenta chilometri da me, non può sfuggirmi.

Guidare nel traffico seguendo sul navigatore il puntino lampeggiante della Lexus che si muove per le strade della città è come giocare a Pac-Man nella vita reale. Mantengo un distacco sufficiente ad azzerare il rischio di essere vista, ma rimango abbastanza vicina alla preda da poterle piombarle addosso in qualunque momento. Ci vuole mezz'ora buona prima che il puntino intermittente sulla mappa si fermi. Comprensibile: anch'io, se fossi un uomo che ha tanto da perdere quanto ce l'ha Martello, cercherei di incontrarmi con la mia amante in un posto lontanissimo dai miei soliti giri.

Mi avvicino alle coordinate che riporta il navigatore. Parcheggio a distanza di sicurezza, scendo e proseguo a piedi, continuando a seguire il segnale del GPS sul cellulare. La Lexus è parcheggiata nel cortile interno di un edificio. Nascosta dietro un cassonetto, con la Nikon pronta all'uso, resto a guardare mentre Martello scende dall'auto e si infila in una porta laterale che dà sul cortile.

L'edificio è una chiesa, stile romanico, credo Dodicesimo Secolo.

Sulla facciata, a fianco del portone principale, è affisso un cartello che dice

PARROCCHIA DEL SACRO CUORE DI MARIA.

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