17.

272 15 7
                                    


Una delle poche cose che mi ricordo del programma di filosofia del liceo è che esistono due metodi di ragionamento, deduttivo e induttivo. Il più diffuso, ma anche il più fallace, è il ragionamento induttivo, quello che parte da premesse particolari per arrivare a una conclusione generale: se ho visto cento, mille, un milione di corvi neri concluderò che tutti i corvi sono neri, ma non potrò mai esserne del tutto sicura, perché per smentirmi basterà un solo corvo bianco. Il metodo deduttivo, viceversa, permette di addivenire a verità assolute, a una condizione: le premesse devono essere a loro volta assolutamente vere.

Stamattina, occhiali, camicetta, cravatta e gonna corta, mi sono presentata alla Strawman, sono andata a sedermi al mio posto, ho acceso il computer e ho continuato il lavoro che avevo lasciato in sospeso venerdì scorso. L'ho fatto contro la logica, il buon senso e anche il mio interesse; ormai non avrei più nessun motivo per affrontare la settimana e mezza di stage che mi resta. La mia indagine è finita, tutti i martedì Milo Martello va in chiesa a confessarsi per espiare una colpa che la stragrande maggioranza dei maschi faticherebbe a riconoscere come tale, questo è il suo unico segreto. Avrei dovuto andare dalla Del Pozzo Feroldi, fare rapporto, incassare e sparire.

Invece sono tornata in quell'ufficio. La verità è che non accetto che questa storia finisca così, non mi arrendo all'evidenza di essere stata smentita. Dopotutto il mio era un ragionamento deduttivo, dal generale al particolare, verità assoluta:

· tutti gli uomini che possono essere infedeli lo sono, premessa maggiore;

· Milo Martello ha infinite possibilità di essere infedele, premessa minore;

· conclusione, Milo Martello è infedele.

Solo che in realtà, alla prova dei fatti, non lo è. Non è infedele. E se la conclusione è falsa, devono essere false anche le premesse, o almeno una delle due. Che Martello non faccia un passo senza inciampare in un'opportunità di tradire sua moglie mi pare innegabile, perciò la fallacia dev'essere per forza nella premessa maggiore.

Mercoledì sera, verso le diciannove e trenta. Sono uscita dall'ufficio in anticipo e ora sono seduta in macchina, col motore spento ma la chiave inserita nel cruscotto, pronta a partire. Dal finestrino inquadro il portone di un palazzo dall'altra parte della strada, simile a quello della Strawman ma in tutt'altra zona della città. Sì, è un appostamento ma no, stavolta non mi pagano per farlo. Sono in missione per conto di me stessa.

Dall'edificio escono a ciclo continuo uomini e donne dall'aria facoltosa, ma finora non c'è traccia dell'individuo che sto aspettando. Eppure so che lui è lì dentro: in quel palazzo c'è lo studio dove lavora e poco lontano è parcheggiato il suo SUV Bentley Bentayga verde militare, lo stesso di due anni fa, impossibile dimenticarlo. Mi auguro che lui, al contrario, non si ricordi della mia Mazda.

Sono quasi le diciannove e quaranta quando il portone si apre e dal vano emerge il mio bersaglio. Scivolo giù lungo il sedile per poter continuare a spiarlo dal finestrino minimizzando le chance di essere vista. Rispetto a due anni fa mi pare un po' peggiorato, come se avesse perso la sua aura di eccezionalità, o forse sono io che di recente ho fissato dei nuovi standard. Rimane comunque un gran bell'esemplare, atletico, elegante, tipico materiale da adulterio. All'anulare della sinistra gli scintilla la fede nuziale. Ciao, Samuele.

Riassunto delle puntate precedenti: Samuele ha sposato una sua collega, tale Barbara, dopo che io l'ho respinto. L'ho respinto perché non credevo che un uomo come lui potesse essere fedele, e da allora non me ne sono mai pentita perché ho sempre dato per scontato che stesse tradendo Barbara come avrebbe fatto con me al suo posto. Nelle ultime settimane, tuttavia, ho scoperto che non tutti i corvi sono neri e ho cominciato a dubitare. Stasera sono qui in cerca di conferme. L'intenzione era seguire Samuele per qualche giorno in orario extralavorativo nella speranza di beccarlo con le mani in pasta, ma a quanto vedo non ce ne sarà bisogno.

Dal vano del portone sbuca un'altra persona. Una ragazza bionda, formosetta, bassa di statura, che non corrisponde a nessuno dei miei file mentali. Samuele le sta tenendo la porta aperta, lei ricambia con un bacio. Un bacio sulla bocca, frettoloso ma indiscutibilmente più che amichevole.

Grazie, Samuele. Non ho mai smesso di credere in te e tu non mi hai deluso: sei diventato il pezzo di merda fedifrago che ho sempre pensato. Oggi mi hai fatto un bellissimo regalo, hai dimostrato in via definitiva che rifiutando la tua proposta di matrimonio ho schivato un proiettile. Tale è il sollievo che per un attimo sono tentata di risparmiarti, ma è giusto un attimo. Scusa, Samuele, sono una cacciatrice di stronzi e non posso lasciarne impunito nemmeno uno, è una questione di principio.

Certo però che ti facevo più furbo. Sei un avvocato, peraltro divorzista: menzogna e gioco sleale dovrebbero essere i tuoi strumenti del mestiere. Già farsi l'amante nello stesso studio dove lavori gomito a gomito con tua moglie non è un segno di grande intelligenza, ma almeno non fermarti a baciarla in pubblico sotto il portone dell'ufficio. Non è che magari Barbara è una di quelle mogli che preferiscono fingere di non vedere? Davanti a una mail anonima con prove fotografiche in allegato sarà dura che continui a negare la realtà.

Sfodero la Nikon, punto e poso l'indice sul pulsante dello scatto.

Dopodiché realizzo che quella è Barbara.

È cambiata, ha qualche chilo in più e si è schiarita i capelli. A distanza l'avevo presa per un'altra, ma lo zoom del mio teleobiettivo da duecento millimetri mi permette di identificarla senza dubbio come la collega di Samuele che lui mi aveva presentato quando stavamo ancora insieme e che ha portato all'altare dopo che ci siamo lasciati. La donna che il mio ex ha appena baciato sulle labbra e con la quale si sta allontanando mentre le passa un braccio sulle spalle è la sua legittima consorte.

Ok, non significa nulla. Samuele potrebbe avere una doppia faccia, marito premuroso alla luce del sole e traditore cronico dietro le quinte, ne ho incrociati a decine così. Potrei seguirlo lo stesso.

Potrei, ma all'improvviso non mi va. Osservo quei due che, beatamente ignari della mia presenza, raggiungono il SUV Bentley verde. Lui le apre la portiera, lei dice qualcosa, ridono. Non voglio correre il rischio di scoprire che in questo caso le cose sono proprio come sembrano e Samuele, pur essendo il tipo d'uomo che può avere tutte le donne che vuole, sa accontentarsi di una. Non voglio essere costretta a constatare che due anni fa, quando ho detto di no, ho buttato via un'occasione per essere felice. Non voglio, soprattutto, che il castello di convinzioni sul quale ho fondato le mie scelte, i miei rapporti, la mia visione del mondo, la mia intera esistenza di adulta e perfino la mia vita professionale si riveli un castello di sabbia. Con l'erezione dell'obiettivo ormai puntata verso il basso, resto a guardare il SUV che parte.

Alla Valeria Tutto di ieri non sarebbe successo. La Valeria Tutto di ieri non si sarebbe messa in discussione per così poco, non avrebbe mollato il colpo con tanta facilità, e d'altronde non sarebbe nemmeno venuta qui stasera a cercare rassicurazioni, perché aveva la fede. Non la fede in Dio e men che meno la fede al dito, ma una fede incrollabile nel fatto che qualunque uomo, se scavi abbastanza a fondo, è colpevole.

Poi è apparso Milo Martello: l'errore di sistema, l'anomalia statistica, la fallacia nel ragionamento. Il corvo bianco in mezzo ai corvi neri.

Un corvo di un candore accecante.

Vale TuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora