Da quella sera cominciai a lavorare con meno convinzione, no, non voglia... la voglia c'era, eccome, era l'unica che mi aiutasse ad esser credibile, solo... era come se non fossi più sicura di quello che stessi facendo, stavo cominciando a pensare di lasciare la casa chiusa ma mi bloccava il fatto che dopo sarei finita a chiedere l'elemosina sotto qualche ponte o davanti al portone di una chiesa, allora sì che avrei potuto anche suicidarmi per la disperazione. Ma non volevo pensarci. I giorni e i mesi passavano e non passava un solo minuto che non pensassi a lui, ai suoi lineamenti così fini, il suo dolce sorriso, i suoi occhi e quelle labbra... Dio, come desideravo baciarle! Volevo rivederlo, ne avevo bisogno.
Una volta a settimana, al bordello, la matrona organizzava uno spettacolo per i clienti, voleva farli sentire come a Parigi, diceva, voleva che le ragazze più belle si esibissero in un ballo e ci sarebbe stata musica e alcool tutta la notte. Mi proposero di partecipare ed io, un po' a malincuore, accettai. Fecero venire un'insegnante di ballo da Parigi, le lezioni erano tutti i pomeriggi, la casa chiudeva dalle tredici alle diciotto, i clienti più assidui ne sembravano infastiditi e subito si tranquillizzavano quando dicevamo loro che stavamo preparando una sorpresa per tutti i clienti: l'idea mi piaceva in fondo, mi serviva per distrarmi, distogliere i pensieri dalla realtà. Passarono nove lunghi mesi e intanto dentro di me si affermava sempre più quella voglia di rivederlo, fissare ancora i suoi occhi belli e perdermici.
Era dicembre e a Milano nevicava, i tetti e le strade si erano imbiancate, c'era un'atmosfera quasi surreale. Adoravo l'inverno proprio per questo: tutto quel bianco mi trasmetteva serenità.
Il ventiseiesimo di quel mese, B. dava al Teatro alla Scala una nuova opera. Già da giorni si vedevano le locandine per le strade, ero entusiasta al solo pensiero che finalmente avrei potuto andare a teatro ad assistere ad una delle sue rappresentazioni! Non avevo aspettato altro da mesi. Avevo chiesto un paio d'ore di permesso alla matrona.
- Parlane con mio marito... - Mi rispose. - E' lui che si occupa di queste cose.
Una nuova paura mi assaliva: avrebbe accettato di darmi il permesso? Mi diressi alla porta e bussai con delicatezza, un vocione sgradevole mi diede il permesso di entrare.
- Signore... - dissi appena entrata. - ho bisogno di un paio d'ore di permesso, stasera... Vostra moglie mi ha detto che dovevo rivolgermi a Voi.
Era un omone grosso e grasso, stava seduto dietro a un'imponente scrivania in mogano, in mezzo a cartacce e sacchetti di stoffa pieni zeppi di monete, davanti aveva pile di monete minuziosamente ordinate, stava tutto il giorno a contarle. Mosse solamente gli occhi, rimanendo col capo chino sulle carte dove stava scrivendo qualcosa, guardandomi da sopra gli occhiali da lettura che teneva poggiati sul naso adunco. Sorrise.
- Signorina Bordeaux, pretendete davvero che io vi lasci andare così? Non avete ancora saldato la cifra di Marzo!
- Signore... Vi scongiuro, ho davvero bisogno di questo permesso... è importante.
- Ah, è importante? - chiese ironicamente, togliendosi gli occhiali - Ve lo dico io cos'è importante! E' importante che tutte le ragazze lavorino sempre! Mi avete fatto perdere milioni quella sera!
Voleva quei dannati soldi, mi avrebbe dato il consenso, ma solo se fossi stata in grado di guadagnarli entro l'ora d'inizio della rappresentazione. Me lo disse con un ghigno che avrebbe fatto innervosire il più calmo degli uomini. A stento riuscii a trattenermi dal mollargli uno schiaffo. Era impossibile guadagnare mille scudi in qualche ora, si potevano accumulare solo in una giornata intera di lavoro.
- E' impossibile... - replicai. - ... e Voi lo sapete!
- Certo che lo so... ma... o i soldi, o niente permesso.
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Storia di un'anima nera
Historical Fiction"Non sapeva che fossi prigioniera del Passato, un Passato al quale era difficile voltare le spalle." Milano, 1830.