Finalmente mi ero ricongiunta a lui. Il diamante aveva ritrovato la sua luce, tutto aveva ripreso il suo naturale corso. Tutto scorreva. Come un fiume, l'Amore lavava via le intemperie passate della vita e sotto la sudicia e pluristratificata coltre del Passato non rimaneva altro che purissimo Presente. Il Presente. Nulla più.
Il Presente era Vincenzo B. e con lui coesisteva l'immediata leggerezza del Futuro, poiché tutto sbiadiva, diventava sempre più tenue e non aveva peso. Tutto finiva nei più profondi meandri della memoria, prossimo a venir gettato nel baratro della dimenticanza. Dimenticare il Passato: ora potevo farlo.
Tutto diventava più semplice e insignificante, non c'erano più fantasmi del passato a tormentarmi.Ora poteva iniziare il mio sogno, la mia vera vita, perché il mio posto era sempre stato al fianco dell'uomo che amavo.
Fu abbastanza difficile impostare l'evento di presentazione tra padre e figlio, quindi cercai di organizzare tutto al meglio, nel grande salotto inglese della tenuta Bordeaux. Era un ambiente sobrio ma elegante, le pareti, d'un colore celeste tenue, tendente al grigio, erano arricchite da stucchi bianchi che si mescolavano tra la rigidità e l'ordine dettato dalle figure geometriche e la sinuosa e sobria eleganza degli elementi naturali in essi. Sul pavimento, rigorosamente in parquet, vi era un grande tappeto persiano che riportava colori delicati e freddi tra cui il blu e il verde acqua; al centro di esso, un tavolo rotondo in ciliegio attorniato da sei sedie. Di fronte al tavolo, riscaldava la sala un camino incassato nella parete, aggraziato da un rivestimento arricchito degli stessi stucchi bianchi che decoravano la stanza.
Un dolce profumo di rose riempiva l'ambiente e la pace della primavera tingeva coi suoi raggi color giallo pallido tutte le superfici lucide che potessero riflettere la sua luce. Il Sole era ancora alto, nonostante fossero le cinque del pomeriggio: l'ora del té. Dei passerotti cinguettavano allegri sulle querce davanti alla villa e il loro canto era l'unica cosa che rompesse il silenzio, assieme a un lieve fruscio del vento tra le fronde verdi, smosse dolcemente da Eolo. Era come se il Dio dei Venti stesse suonando un inno alla Pace, quella tranquillità che aveva finalmente riempito il mio animo. Balsamo per le bruciature della Vita.
Rose color pesca dentro a un vaso di vetro abbellivano il tavolo. Me le aveva portate Vincent quella mattina, perché mi aveva vista finalmente felice, dopo tanto tempo.
Io l'avevo abbracciato forte, a lungo, come non facevo da troppi anni, ero troppo occupata a lasciare che la vita mi schiacciasse, ma ormai era tutto passato, perché al mio fianco avevo i miei due più grandi doni.
Tutto era finalmente pronto e io non stavo più nella pelle. Avevo mandato via Vincent per qualche minuto, in modo da fargli una sorpresa, quando sarebbe tornato.
Alle cinque e mezza, potei vedere una vettura gialla fermarsi davanti al cancello di ferro battuto in perfetto stile barocco. Uno dei due postiglioni scese ad aprire lo sportello.
Mi parve di poter vedere quella scena a rallentatore.La mano del postiglione abbassò la maniglia. Uno stivale nero lucido di ottima fattura che pareva appena uscito dal calzolaio, si posò sullo scalino della carrozza, poi un paio di mani coperte da delicatissimi e candidi guanti bianchi (di cui una reggeva una tuba) si posarono sul bordo dell'entrata dell'abitacolo. I polsi adornati dagli elegantissimi polsini di volants della camicia che uscivano fuori dalle maniche scure della giacca.
Quasi successivamente potei vedere una massa ordinata di ricci dorati fuoriuscire dall'abitacolo. Alla sola vista di quell'angelico scalpo, il mio cuore prese a fare i salti di gioia. Finalmente il tanto atteso ospite scese dalla carrozza, facendo sollevare le code della giacca. Si sentivano le voci lontane e ovattate dei due uomini attraverso i vetri. Restai imbambolata davanti alla finestra per tutto il tempo con una mano sul petto: un vano tentativo di placare i battiti. Sussultai quando sentii il campanello suonare e subito mi precipitai allo specchio più vicino, per controllare per la venticinquesima volta che fossi presentabile. Bloccai la serva che si apprestava a fare le mie veci, dato che era compito suo, dicendole che avrei accolto di persona l'ospite, poi feci un respiro profondo ed uscii di casa per andare ad aprire il cancello esterno.
Mi sembrava quasi di non avere più le gambe, ma ali ai piedi. Il mio cervello aveva perso quel minimo di razionalità che mi ero raccomandata di avere, facendomi comportare come una ragazzina inesperta al suo primo incontro con un ragazzo.
Me lo vidi davanti con la tuba sulla testa e una bellissima finanziera grigia col bavero di volpe sulle spalle. Non faceva freddissimo, ma l'aria si era fatta un po' più frizzante.
Il profumo fresco della sua colonia mi inondò le narici e mi ubriacò piacevolmente, intensificando la sensazione nel mio stomaco: le cosiddette "farfalle".- M-maestro...
Riuscii a balbettare.
- Non ti ricordavo così bella, mia dolcissima Claire...
Disse lui prendendomi le mani tra le sue e baciandole con affetto.
- Il viaggio in carrozza è stato un'agonia. Se avessi avuto le ali, sarei volato da te...
Io lo guardavo e sorridevo, sentendomi tutta in fibrillazione alla sua sola vista, senza prestare troppa attenzione a quello che mi diceva, ma il mio volto non poteva esprimere tutta la felicità che mi scoppiava dentro. Il mio cuore urlava e diceva frasi che la lingua degli umani non poteva dire. Gli gettai le braccia al collo e lo baciai con trasporto, lui mi strinse a sé e ricambiò con la stessa intensità. I nostri cuori avevano parlato e si erano capiti.
Dopo poco ci distaccammo e lui mi sorrise dolcemente, sfiorandomi una guancia col pollice.
Io lo presi per mano invitandolo ad entrare in casa. Percorremmo il sentiero fino alla porta d'ingresso correndo e ridendo allegri come due ragazzini.
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Storia di un'anima nera
Historical Fiction"Non sapeva che fossi prigioniera del Passato, un Passato al quale era difficile voltare le spalle." Milano, 1830.