X. I REMEMBER YOU

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\ - 297 giorni \

dopo arrivi tu ehi
nei tuoi occhi blu ehi
trovo la paura che ho di innamorarmi
tiro su una nube fatta dalle scuse che mi invento solo per non avvicinarmi

▶️Ferma a guardare, Ernia

Non appena varco i controlli del paddock, mi sembra di entrare in paradiso.

Il cielo azzurro e privo di nuvole osserva dall'alto la moltitudine di motorhome allineati come tanti soldatini, che al momento appaiono tutti al mio cospetto, mentre una fresca brezza mi colpisce le guance bollenti, contribuendo a placare lievemente il mio nervosismo.

Percorro la via che si districa tra i vari hospitality affollati, con lo sguardo alto e una cartellina rossa sotto al braccio, e osservo lo spazio attorno a me con curiosità. Una moltitudine di colori e luci e loghi si confondono sotto il mio sguardo, a tratti anche mescolandosi tra di loro in un mix esplosivo, e non posso evitare di sorridere leggermente di fronte a quella vista spettacolare.

Arrivare qui non è stato affatto facile per me, né tanto meno lo è realizzare di avercela finalmente fatta. Tante mancanze e perdite e delusioni mi hanno spinto verso la volontà di arrendermi, eppure eccomi qui, ad un passo dalla realizzazione di una delle mie ambizioni più grandi.

Ammetto che non sono mai stata una vera appassionata di questo sport, al contrario di mio padre. Lui non si perdeva neanche una singola gara di Formula Uno, nemmeno nei suoi ultimi giorni di vita, quando era in ospedale. Ricordo che mandava me a chiamare le infermiere ogni singola domenica di gara, affinché gli consegnassero il telecomando del televisore presente nella sua stanza. Perfino quando aveva un intervento programmato in concomitanza con una gara, supplicava i dottori di spostarlo, pur di non perdersi nemmeno un minuto della corsa.

Mio padre voleva sempre che rimanessi lì con lui per tutta la durata della gara, e pian piano mi ci ero anche abituata. Di tanto in tanto osavo portare un libro con me, poiché avevo un esame a breve, ma lui me lo toglieva dolcemente di mano e mi diceva sempre che lo studio avrebbe potuto aspettare, ma la Formula Uno no. E così iniziava a spiegarmi ogni singolo dettaglio delle vetture, dei piloti, dei circuiti, e perfino dei membri del team, tra cui di tanto in tanto captavo qualche nome a me famigliare. Non c'è mai stato un solo secondo in cui io mi sia annoiata nel sentirlo parlare di questo sport che tanto lo appassionava.

Per questo sono qui ora.

Da quando mio padre è morto, ho iniziato a seguire a mia volta ogni gara e, anche se non posso ancora definirmi una fanatica dello sport, mi sto abituando a modificare leggermente la mia routine per potermi ritagliare due ore da spendere davanti al televisore. Non so ancora se sarò all'altezza di questo mondo, ma sentirmi parte intangibile di esso mi aiuta a sentirmi già un po' più unita con mio padre.

Continuo a camminare con la testa alta, immersa nei pensieri, finché non mi fermo di fronte alla mia meta. Impietrita, fisso l'imponente edificio rosso, che mi sovrasta in tutta la sua maestosità e lucentezza.

<<Tu sei la ragazza che lo scorso mese è caduta dalla seggiovia sulle piste da sci delle Dolomiti?>>sento improvvisamente esclamare, e quando mi volto mi trovo davanti niente meno che Charles Leclerc, vestito di tutto punto con una polo della Ferrari identica alla mia e un paio di jeans neri. È intento a guardarmi con il capo inclinato ed un sorrisino in volto, che mi dà parecchio sui nervi.<<Mi ricordo di te.>>aggiunge, dopo avermi squadrato il viso a lungo.

Di sicuro non immaginavo che il nostro primo incontro avvenisse in queste circostanze, ma ormai con la sua domanda mi ha messo nei guai fino al collo.

Mi ricordo benissimo di quella giornata di un mese fa, quando la mia migliore amica Isabelle mi ha letteralmente trascinata in Italia a trovare i suoi nonni e ha colto l'occasione per visitare le stupende piste da sci situate sulle Dolomiti.

TIME//Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora