5. FIGHTING

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\ + 31 giorni \

è da tempo che lo cerco questo tempo che mi manca
è da tempo che sai penso che anche il tempo non mi basta

▶️Ti dedico il silenzio, Ultimo

<<Sai che non dovresti fumare, ti fa male.>>dice una voce alle mie spalle, e poco dopo percepisco una presenza che si siede silenziosamente al mio fianco sul muretto di pietra.

Max.

Si passa lentamente una mano tra i capelli biondi totalmente in subbuglio per poi sfregarsi gli occhi con i palmi, stanco. Osservandolo meglio, effettivamente ha due notevoli borse sotto agli occhi spenti, e sembra quasi che gli sia stata risucchiata via ogni energia.

<<Non iniziare anche tu.>>lo riprendo, facendo un tiro dalla sesta sigaretta della mattinata non tanto perché ne abbia voglia, ma più per dargli fastidio.

Lui sbuffa, tuttavia si limita a quello, senza dire nulla, e il suo silenzio è la cosa più gratificante che possa offrirmi.

Finita la sigaretta, getto il filtro nel tombino lì di fianco, per poi saltare giù dal muretto ed alzarmi in piedi.

Max mi osserva, incapace di scavare dentro i miei occhi a causa dei miei soliti occhiali da sole con le lenti specchiate, e per questo leggermente irritato. Tuttavia, poco dopo si alza anche lui.

<<Te ne vai?>>domanda flebilmente, quasi come se intendesse che dovrei fermarmi ancora un po', un altro minuto, attendere qualcosa.

Ma no, ormai non c'è più nulla da attendere. Ormai è tutto perduto.

Alzo le spalle, affermando:<<Non ho più nulla da fare qui.>>

La gente continua a passarci di fianco formando un continuo via vai che entra ed esce dall'imponente struttura ospedaliera, come uno sciame di api in costante fermento. Alcuni sono allarmati, altri preoccupati, altri ancora in lacrime, ma per noi sembrano tutti degli estranei, anche se la maggior parte di loro sono nostri conoscenti. Restiamo in silenzio ad osservare passivamente il paesaggio davanti a noi, che alla fine è soltanto un affollato parcheggio, eppure ci sembra più vivo lui di noi.

Io e Max, in questa situazione, siamo più simili di quanto vogliamo ammettere.

Siamo due anime che hanno perso una parte fondamentale di loro, e che da allora vagano senza meta per il mondo cercando scuse e pretesti e soluzioni a problemi fondamentalmente irrisolvibili. Non siamo nient'altro che esseri umani privati della maggior parte delle loro emozioni, che si aggrappano al dolore per sopravvivere, perché è l'unica cosa che li lega a ciò che hanno perso.

Il dolore è ormai l'unica cosa che mi lega a Charles.

Non voglio assopirlo, né tanto meno trascurarlo, anzi. Voglio sentirlo dentro di me, voglio sentire che mi logora le membra e mi toglie il respiro, voglio sentire che mi lacera da dentro, voglio sentire la sua presenza costante nella mia vita.

Perché il dolore è la sola cosa che mi permette di non impazzire, di non affogare nei dubbi e nei sensi di colpa e nelle paure.

È la sola cosa che mi ricorda che lui c'è stato, che noi eravamo qualcosa, che l'ho avuto davvero al mio fianco.

È la sola cosa che mi permette di stabilire che al mio fianco in questo momento c'è Max, non lui.

TIME//Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora