Voglio raccontarvi una storia, così, tanto perché non ho un cazzo di meglio da fare. In questa storia non ci sono draghi, non ci sono cavalieri e neppure fate, eppure forse vale la pena di ascoltarla comunque: voglio raccontarvi la storia della prima volta in cui sentii la leggenda della chiave di Artemij.
È passata un'eternità e mezza, forse anche due, ma ricordo quella notte come se fosse ieri, anche se all'epoca ero solo una bambina che scappava insieme a un ragazzo incontrato per strada. Da cosa scappavamo? E chi lo sa? Era un periodo di merda, scappavano praticamente tutti: chi dalla guerra, chi dalla fame, chi dalla suocera imbestialita, ognuno aveva la sua scusa, ma non mi ricordo da cosa scappavamo noi, so solo che scappavamo. In ogni caso, era sera inoltrata e noi ce ne stavamo stretti stretti vicino al nostro piccolo falò in mezzo a una piccola radura, cercando di scaldarci. Faceva un freddo cane, ma del resto quando mai non fa freddo in Russia? Io fissavo il fuoco, studiavo la danza delle fiamme cercando qualcosa che non avrei mai trovato...forse soprattutto perché non sapevo nemmeno cosa stessi cercando. Lui invece mi stringeva le braccia attorno alle spalle e vagava con lo sguardo sul cielo terso, quasi stesse contando le stelle. Si chiamava Vladimir, ma non credo di averlo chiamato Vladimir nemmeno una volta: l'ho sempre chiamato Volodija, ma mi rendo conto di star divagando. Volodija aveva quindici anni e a sentire lui prima che cominciassero a succedere i disastri, viveva con sua nonna un po' ovunque, asseconda di dove li portava il vento. Era bravo a farsi amica la gente: in poco tempo quel ragazzo alto, con i capelli biondo cenere, gli occhi grigi, una bellezza che tendeva al felino e un'inesauribile vena di sarcasmo per me era diventato come un fratello maggiore.
Quella sera però la sua ironia sembrava essersi andata a sotterrare da qualche parte: se ne stava là buono, taciturno e malinconico come raramente lo avevo visto, di conseguenza io mi annoiavo a morte. Non so come mi venne l'idea, probabilmente non mi venne proprio e la bocca fece tutto per conto suo, fatto sta che non ci misi molto a rompere il silenzio.
-Volodija, mi racconti una storia?- Ammetto che quello era uno degli aspetti che più mi piacevano di quel ragazzo: aveva sempre qualche buona storia da raccontare, qualcosa di interessante da riferire ed era immensamente bravo a farlo.
-Non adesso Anja, non ne ho voglia.- sembrava stanco quella sera, ma andiamo, avevo sette anni! Secondo voi poteva fregarmene qualcosa?
-Dai! Per piacere, mi annoio!- indovinato! Non me ne fregava un accidente.
-Pff...e va bene. Ti ho mai raccontato la leggenda della chiava di Artemij?- in quanto bambinetta ignara del mondo, mi incuriosii subito. La chiave di Artemij? Sembrava figo!
Un secondo e mezzo dopo Vladimir stringeva fra le braccia una pargoletta avida di racconti che lo minacciava di morte se si rifiutava di continuare.
-Avevo circa la tua età quando l'ho sentita la prima volta.- esordì-All'epoca io e la nonna abitavamo in un villaggio dimenticato da Dio a una cinquantina di chilometri a nord di San Pietroburgo. Era il classico villaggio russo: una manciata di capanne di legno con qualche albero mezzo morto ogni tanto lungo le vie, eppure...era un posto strano. I boscaioli e i cacciatori raccontavano di rumori strani sentiti nel bosco e più di qualcuno spergiurava di aver visto un'ombra aggirarsi come un'anima in pena per gli stessi sentieri. Poi c'era la Villa: un vecchio palazzo, anzi, quasi un castello, situato proprio nel bel mezzo del villaggio. Aveva un paio di secoli, ma c'era chi diceva che ne avesse addirittura tre ed era estremamente spaventosa: enorme e tetra, circondata da mura gigantesche annerite dal tempo, anche se senza dubbio la cosa più inquietante era il parco giochi abbandonato. Era dentro una specie di recinto a se, circondato da mura come tutto il resto e separato dal resto del giardino tramite un muro più basso con un enorme cancello di ferro battuto che, malgrado gli anni e le intemperie, era sempre perfetto, senza nemmeno un filo di ruggine e che nel corso dei decenni era stato ricoperto da un roseto che per qualche misteriosa ragione fioriva solo in pieno inverno, quando le temperature si facevano deplorevolmente basse e la neve copriva tutto. Come se questo non fosse già abbastanza strano, dava sempre e solo rose nere come l'inferno.
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Storie per quando non avrete niente di meglio da leggere
AcakRaccolta di storie scritte allegramente alla cazzo per quando voi lettori non avrete niente di meglio da leggere e io niente di meglio da scrivere. (Non escludo che certi episodi vengano riciclati in altre mie storie) *presenza di una ff Wholock a p...