Through James's eyes

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Svegliarsi ogni mattina e rendersi conto che la vita è breve è uno schifo. Dico sul serio.
Soprattutto se questa improvvisa realizzazione è dovuta al fatto che hai un tumore piantato nel bel mezzo della testa che ti sta mangiando il cervello un po' alla volta e ti sta fottendo su tutti i fronti.
Soprattutto se, subito dopo, ti passa per la testa che ci sono persone che stai lasciando indietro. Persone che non vuoi (o non puoi) lasciare indietro.

Questi però sono pensieri decisamente troppo depressivi, per uno che ha aperto gli occhi da nemmeno cinque minuti.

Mi tiro un po' su sul materasso morbido e mi appoggio alla testiera del letto, tirando su le coperte fino al mento.
Fa freddo qui dentro, il che è un po' paradossale: la luce sembra così calda...forse sono io. Forse è colpa di un altro pezzetto del mio cervello che se n'é andato in pensione...o chissà, magari fa davvero freddo...ma c'é il sole ed è quasi estate.

Sono decisamente io.

Sbadiglio e mi guardo attorno. Probabilmente non sono ancora le sei, e il mondo è ancora in ordine.

Il sole del mattino entra leggero e soffuso dalla finestra accompagnato dal chiacchiericcio confuso dei primi uccelli e dal rombo lontano dei primi motori che si accendono, illuminando le pareti dipinte di giallo chiaro, rendendole quasi rosate.
È bellissimo stare dentro questa stanza all'alba: il colore dei muri è proprio indovinato e se penso alla fatica immane che abbiamo fatto quella volta per dipingerli, mi sento davvero fiero.

Ho sempre adorato quest'ora del mattino: c'é una tale pace...

Se il tempo si bloccasse e il sole restasse sempre in questa posizione e la gente, per una volta, si dimenticasse di svegliarsi, potrei stare qui fermo per anni. A guardare la luce che gioca sulle pareti, o anche solo a pensare per un po', con gli occhi chiusi e nessun filo logico per la testa.
Ti accorgi di quanto sia bello avere la facoltà di togliere il freno ai pensieri e lasciarli vagare e basta, quando a quarantaquattro anni ti ritrovi con un cancro in testa e capisci che pensare è un lusso che ti sarà concesso ancora per poco.

Quel maledetto...coso dentro al mio cervello...finisco sempre per pensare a quello, per quanto provi a evitarlo. Evidentemente ho paura, per quanto provi a negarlo.

Sotto sotto, sinceramente mi sembra quasi ironico che, con tutte le possibilità che c'erano, io debba morire proprio per questo: ho curato le menti malate della gente per quasi venti maledettissimi anni, e adesso un grumo di cellule impazzite mi sta strappando la mia, di mente, e fra poco non riuscirò nemmeno più a fare pensieri connessi.

Quanto meno è improbabile che diventi cieco...quanto meno la luce dell'alba potrò vederla fino alla fine, e non so perché, ma è rassicurante.

Certo però che ha dell'assurdo, svegliarsi la mattina e cercare di imprimere nei propri ricordi ogni particolare di ciò che si ha attorno.
Ha dell'assurdo svegliarsi ogni mattina nel proprio letto e avere il terrore che sia l'ultima volta...

Sono ancora qui però, e, malgrado tutto, ci resterò. Almeno per qualche mese. Qualche mese che, se tutto va secondo i piani, sarà un Inferno, ma a ognuno la sua croce, giusto?

Sono anche fortunato, in realtà, perché non è nemmeno che abbia così tanta paura come a volte mi sembra, a dire il vero...be', certo, sì: ho paura.
Una paura fottuta, ma non è per me: anche se non sono esattamente tranquillo all'idea che fra qualcosa come sei mesi di me non resterà praticamente niente, l'ho accettato.
Sto morendo ed è una cosa tremenda, certo, ma non mi sembra il caso di farne una tragedia: non è che ci si possa fare qualcosa, in fondo, e poi tutti dobbiamo morire prima o dopo, no? È la vita.
Ci sono persone però, persone a cui voglio bene, che non la pensano così e che forse, se le conosco almeno un po', non la penseranno mai così.

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