capitolo 21: sempre la stessa

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sembrava un dejavù, perché forse l'avevo sperato tanto. di sentire ancora il calore del suo corpo attaccato il mio, e la sua bocca nella mia. gli domandai l'accesso alla lingua, e non ci staccammo l'uno dall'altra per una buona mezz'ora. non so perché io lo stessi abbracciando, sembrava stessimo ballando un lento, accompagnati dalle note lontane della musica giù in discoteca. il suo profumo m'invadeva da capo a piedi.
"se vuoi torna' dagli altri..." disse d'un tratto, a tono basso. forse aveva capito quello che volevo, ma ora che l'avevo ottenuto, mi parve di non desiderarlo più.
"stiamo qui ancora un po'.." risposi quasi come fosse una supplica. alla fine era più bello, se eravamo soli io e lui. mi strinse più forte, ma mai senza esagerare.
"mi spiace del tempo sprecato.." dissi in un sospiro.
"mo sei qui." adesso lo strinsi io. mi era mancato andare d'accordo con lui. mi era mancato ricordarmi il nostro rapporto complicato, perché non eravamo più evidentemente solo amici. e io cos'eravamo, davvero non lo sapevo. tornammo nel privé, io cercai ovunque vane, solo per provare ad evitarlo, come i bambini. strinsi la mano di davide, sopra la mia coscia, mentre nic mi fissava negli occhi, visibilmente confuso, ma pur cercando di non darlo a vedere, come volesse fosse normale. e non lo era. in realtà, guardando manu e mauri bere con un paio d'oche, mi resi conto di quanto a nessuno fregasse un cazzo di ciò che succedeva a me, o a davide. meglio così, pensai. ma poi la cosa precipitò,
come sempre, perché alessandro era tornato, con la birra in mano e facendo fatica a tenere gli occhi completamente aperti. intanto percepii da' al mio fianco irrigidirsi, mentre la pressione mi schiacciava il petto. gli scemi avranno pensato fossi stata troia, poi non avevo nemmeno mai scopato. poi il cuore mi si spezzava il triplo rispetto a quelli che non volendo spezzavo, perché alla fine, tutti siamo la fonte del dolore di qualcuno. perché alla fine è giudicare, quello che più amiamo fare.
"davide, devo..." mi presi un secondo per pensare a come dirlo.
"si, va" mi precedette sul tempo. gli feci un sorriso quasi complice, poi mollai la sua presa e mi alzai. vane mi fissava col mento tendente al basso, gli occhi rossi incazzati.
"non voglio sentire le tue scuse" invenne biascicando.
"vane..."
"che cazzo hai fatto in tutto sto tempo? hai faticato per restare sempre la stessa?!"
"mi dispiace!" lo interruppi a denti serrati, cercando di fargli abbassare il volume della voce. non volevo fare una scenata, non davanti a tutti. anche io avevo bevuto, ma riuscivo a controllarmi. o almeno pensavo che l'avrei fatto.
"non importa. tanto daremo la colpa all'alcol." io sospirai.
"basta. sei tu ad esagerare sempre.."
"quindi è colpa mia? se sei impegnata,
o qualsiasi altra cosa tu abbia in testa di essere, perché cazzo non mi hai fermato?"
"non sono impegnata" lo interruppi, perché di fatto era così. credo. perché se lo fossi stata, non avrei mai fatto quel che avevo fatto.
"soltanto.. è sbagliato."
"pensi non lo sappia?" alzai le spalle.
"non le vorrai sentire, ma io ti chiedo scusa lo stesso. perché hai i tappi nelle orecchie, che cazzo ne so, ma io voglio sentirmi a posto con me stessa."
"quindi si tratta di questo? mi chiedi scusa solo perché devi fare ammenda per la tua pace interiore? cristo, allora non te ne frega proprio un cazzo di me.."
"vuoi davvero pensare questo dopo tutto quello che c'è stato?" lui era stato parte della mia vita, anche se ora non più, e non poteva pensare di passare per uno sconosciuto, e mai avrebbe potuto. stavolta sospirò lui.
"spero tu sia felice" disse trascinandosi dietro le parole, sull'orlo dell'isterismo.
"anche io, vane..." risposi avvicinandomi, come per rassicurarlo, anche se non sapevo se avesse bisogno di quello, al momento, e soprattutto se da me.
"siamo andati avanti così bene" ripresi sorridendo.
"già, forse hai ragione." io e alessandro non ci rivolgemmo più parola per il resto della serata, e temetti poi anche per il resto delle nostre vite. ma infondo è così. si va avanti, sempre, altrimenti non vale esistere. cercai di guardare altrove, fare altro, per distrarmi dai sensi di colpa, più che da lui in carne ed ossa. perché infondo ero stata bene per molto tempo, anche senza lui. ma per quanto avrei dovuto, non potevo provare ansia in nessun modo, perché davide mi rimase appiccicato tutto il tempo. con lui vicino, era impossibile farsi domande. con lui al mio fianco, era impossibile farsi male. finché la luna splendeva ancora alta e rossiccia, in un boato di stelle e nero. fino a che dammo la buonanotte al nostro ospitante, e finalmente io e davide salimmo sulla sua macchina. il mio finestrino era ancora abbassato, ma questa volta respiravo l'aria più facilmente, a polmoni più aperti. mi sentivo così libera, come forse non lo ero mai stata. casa ora sembrava una prigione, e quella sembrava la vera casa mia. fissavo la mia mano fuori correre col panorama, che prendeva freddo, fino a che non la riportavo dentro a contatto con l'altra, molto più calda.
"non saprei se chiedertelo, ma penso che lo farò lo stesso..." affermò d'un tratto da', con la testa leggera. era evidente, e il suo stare bene procurava anche il mio.
"ti pareva.." sorrise di sgamo, continuando a guardare la strada buia dinanzi a lui. era perfetto alla luce del sole, era perfetto sotto quella penombra. mi chiesi se esistesse un modo in cui perfetto non lo fosse, ma una risposta non esisteva tra le mie conoscenze.
"ti sei divertita stasera?" che stronzo. gli tirai piano una pacca sulla spalla. lui rise piano.
"vedi? sei troppo brava ad evitare le mie domande."
"smettila.." sorrise di nuovo. cominciai a credere che ci provasse davvero gusto nell'infastidirmi.
"e tu?" gli chiesi allora. si voltò velocemente e mi diede un'occhiata fugace, poi ritornò con gli occhi sulla strada.
"si" disse contro ogni aspettativa.
"lo sai che non è ancora finita, la serata?"
"no, non lo sapevo" rispose beffardo, io trattenni una risata.
"e che vuoi fa, allora?" non lo sapevo nemmeno io, ma desideravo non finisse, tutto qui.
"la tua macchina ha il bluetooth?"
"certo che ce l'ha."
"posso mettere la musica?"
"basta che non sia massimo pericolo.."
"cerchi un altro schiaffo?" rise.
"non m'hai manco chiesto scusa per prima..." oh poverino.
"forse perché te lo meritavi."
"mi dispiace..." non mi sembrava vero che si stesse scusando. non risposi, perché altrimenti mi sarei calata troppo nella parte di quella mangiata dai rimorsi. a fare la dura, non ne ero mai stata capace. mi limitai a collegare il mio iphone e mettere in play "l'anima", di marra. sapevo era la canzone giusta, ripensando all'ultima volta ascoltata insieme. tutto era okay, e come ora l'unico motivo per cui lo fosse, era lui.

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