«In piedi! Alzatevi!»
Come ogni mattina alle 6 in punto, la voce pesante e fin troppo alta della sorvegliante spacca i timpani a tutti i ragazzi che si trovano, sfortunatamente, a passare le loro giornate in questo schifosissimo buco dimenticato da tutti.
Mi alzo svogliatamente dalla mia branda usurata e per niente comoda pensando che se forse non avessi fatto niente di ciò che ho fatto a quest'ora mi starei svegliando nel mio letto a casa mia e magari in compagnia di un braccio rotto o un livido sul volto... ripensandoci non si sta così male qui; ho cibo, acqua e non è così male occuparsi delle cucine e fare ciò che mi va da mangiare.
Metto la divisa che ho lasciato ai piedi del mio letto la notte scorsa e mi rifaccio il letto controvoglia prima di dirigermi con altri ragazzi alla mensa del riformatorio.
Mischio l'impasto dei famosi pancakes che mi faceva mio zio le poche volte che veniva a trovarci a casa e canticchio mentre cuociono sul fuoco insieme ai croissant al cioccolato nel forno.
Dal momento in cui sono arrivata, 5 mesi fa, mi sono posizionata dietro ai fornelli, preferendo di gran lungo cucinare io e sapere ciò che c'è nei piatti che mangiare della sbobba di carne che non sai se è veramente carne o topi che hanno trovato sul pavimento, ucciso e cucinato solo per risparmiare qualcosa in più. Grazie al cielo ho imparato a cucinare dal migliore e con pochi ingredienti riesco a creare dei manicaretti eccezionali.
«Weed, guarda ciò che sto facendo, non rimarrò qua per sempre!»
Spero.
«Ma fino a quando sei qua perché non sfruttarti fino in fondo.»
«Non ci provare marmocchio e stai attento a quello che fai con quel coltello.»
«Ho quasi 17 anni, non sono un marmocchio.»
«Come no.»
Alza gli occhi al cielo e mi da una leggera spinta con i fianchi prima di ritornare a tagliare la frutta per la macedonia.
Quel ragazzino farà impazzire un sacco di donne quando uscirà di qui.
È entrato qua dentro perché l'hanno beccato a spacciare, per questo lo chiamo Weed, ma detto onestamente penso l'abbiano fermato solo perché è un ragazzino di colore. Sì, non avrebbe dovuto farlo ma l'avrebbe passata liscia ancora per un pò e sarebbe riuscito a portare dei soldi in casa per la sua famiglia dopo la morte del padre.
Delle volte bisogna fare cose impensabili per poter sopravvivere, non dico che sia giusto, ma non è neanche giusto non ricevere aiuto quando si è in particolare difficoltà.
Deve aspettare ancora qualche mese e poi potrà uscire.
Ha i capelli scuri e gli occhi marroni, è molto alto per la sua età e gli piace il basket. Qua dentro si sarà fatto come minimo 3/4 delle ragazze e se non fosse che lo vedo più come un fratello che altro, probabilmente ci sarei cascata anche io.
Inizio ad impiattare e lascio il compito di portare il cibo ai tavoli a qualcun altro. Il mio dovere stamattina l'ho fatto.
«Da adesso avete ancora 15 minuti per mangiare, dopodiché dovrete fare la doccia e mentre il gruppo A laverà i vestiti il gruppo B sistemerà il giardino. Sapete come funziona.»
Mi siedo al tavolo con James che si avvicina al mio orecchio e mi sussurra insulti rivolti alla sorvegliante. «Potrebbe fare qualcosa anche lei. Quella stronza se ne sta sempre al cellulare e noi dobbiamo sgobbare. Ci credo che pesa 120kg per gamba, sta sempre seduta.»
«Guarda il lato positivo.»
«Sarebbe?» Chiede scocciato, non trovando niente di positivo nello stare in questa gabbia.
«Un paio di mesi e sarai fuori di qui.» Sgrana gli occhi come se gli avessi appena detto che davanti a noi è appena scesa La madonna per salvarci.
«E tu?»
«Io cosa?»
«Non compi 18 anni il mese prossimo?»
«E allora?» Domando portandomi alla bocca una forchettata di pancake.
«Avrai la seconda sentenza dal tribunale.»
Il pezzo di pancake mi fa di traverso per questa rivelazione e inizio a tossire convulsamente «Porca troia, me ne ero dimenticata.»
«Figurati se ti ricordi qualcosa.»
«Ehi!» Gli do un pizzicotto sul braccio e dalla smorfia che fa non gli ha fatto così tanto male dai. «Mi ricordo solo delle cose importanti.»
«E questo non lo è?»
«Mi è indifferente in realtà che è diverso.»
Diciamo che non è uno dei miei primi pensieri la mattina tutto qui. Piuttosto che questo preferisco pensare a dove possa essere scappata mia madre e ad aspettare una sua chiamata che ad una stupida visita al giudice in tribunale della quale so già la sentenza: o mi lasceranno qua o in qualche carcere statale.
Al compimento di diciotto anni il carcere minorile è off limits, da lì ti mettono in uno normale e facendo il conto che uscirò quando ne avrò compiuti 19, spero che quest'anno passi il più in fretta possibile.
«Tempo scaduto! Gruppo C sparecchiate e lavate i piatti, gruppo A e B con me.»
E si ricomincia.
Ho appena finito di piantare dei fiori e non capisco la logica di farci fare la doccia di mattina se poi dobbiamo fare giardinaggio.
Bah, vallo a capire il ragionamento di sta stronza.
Mi alzo pulendomi i pantaloni con le mani per poi andare verso James.
«Non mi hai ancora spiegato una cosa comunque e prima che tu te ne vada vorrei saperla.»
«Sentiamo.»
«Perché sei qui? Hai ucciso qualcuno?»
«Una cosa del genere.»
La sua espressione mostra solo e unicamente stupore. La bocca spalancata, gli occhi sgranati alla ricerca di una spiegazione.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo per quanto sia esagerata la sua reazione.
Gli hai appena fatto capire che hai ucciso qualcuno. Secondo me si sta anche contenendo e non poco.
«Ho mandato in coma mio padre.»
«Aspetta! Cosa?!»
Fisso il muro pensando a delle parole adatte per poterglielo spiegare al meglio senza sembrare una psicopatica o qualcosa del genere. «Delle volte, James, certe persone non meritano di vivere, questo non ti da il diritto di ucciderle certo, ma quando vedi accadere delle cose davanti ai tuoi occhi più e più volte arrivi a livelli in cui non riesci più a collegare il cervello, non so se riesci a seguirmi ma è come se un velo cadesse sui tuoi occhi e il tuo corpo, non controllato più dal tuo cervello e dalla parte razionale di te, commette azioni che non riesci a controllare.» Sposto lo sguardo nei suoi occhi stavolta «James, sei l'unico che sa il motivo per la quale sono qua dentro e perché mi fido di te, sia chiaro.»
«Te ne penti?»
«Per niente.»
Può essere brutto da dire ma è così. Se tornassi indietro rifarei la stessa identica cosa.
Lo sogno ogni notte e nonostante tutto non me ne pento neanche per un attimo di ciò che ho fatto. L'unica cosa che avrei voluto andasse diversamente è che fosse morto quel giorno.
STAI LEGGENDO
𝐓𝐡𝐞 𝐩𝐮𝐧𝐢𝐬𝐡𝐦𝐞𝐧𝐭
RomanceAiden Bree, dopo aver passato un paio di mesi in un carcere minorile, le viene offerta la possibilità di entrare a far parte di un'accademia militare. O così o rimanere in quel posto orribile senza via d'uscita e finire in un carcere vero e proprio...