Un'identità

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Ormai era passata quasi una settimana dalla fine della crociera e, come previsto, il piano stabilito era andato come programmato.
Mr. Enders era infatti caduto nel loro inganno, sebbene William era ben convinto che il conte stesso si fosse rovinato con le sue stesse mani.
Dalle ricerche fatte in precedenza avevano scoperto che, allo scuro di chiunque, il conte allestisse un'area di caccia privata. Cosa ben comune tra gli aristocratici a dire il vero, la cosa agghiacciante era che tra le sue prede non vi erano animali, ma bensì esseri umani.
Comuni uomini venivano infatti lasciati liberi in una grande zone boscosa ogni notte che il conte decidesse, per poi essere soppressi da fredde pallottole come bestie dall'uomo stesso.

Era questo suo "passatempo antistress", così lo definiva, che l'aveva reso l'obbiettivo per eccellenza. Lontano dal suo antistress era bastato logorarlo lentamente fino fargli perdere il controllo, portandolo a rivelare la sua vera natura all'interno della sua camera, compiendo l'ennesima tra le sue "battute di caccia".
Trasportando poi, a sua insaputa, il cadavere della vittima sotto il palco dove si sarebbe tenuto lo spettacolo. Al momento giusto avrebbero spinto il conte a raggiungerlo facendogli credere che fosse sopravvissuto all'accoltellamento subito, grazie alla straordinaria recitazione e il travestimento di Fred, che fingendosi l'uomo l'avrebbe condotto al di sotto del palco, dove ad attenderlo ci sarebbe stato il corpo inerte della vittima.
Preso dall'insicurezza il conte avrebbe incominciato a riaccoltellare il cadavere, senza accorgersi però della pedana mobile che li stava sollevando e trasportando fin sopra al palco. Solamente le urla del pubblico alla vista della raccapricciante scena l'aveva riscosso da ciò che stava facendo, sebbene troppo tardi.
Era stato in quel momento che il panico scoppiò: tra il pubblico si alzarono voci e urla alla vista del sangue e tra queste non mancò chi, se pur non pretendendo una risposta, gli chiese se la vita umana per lui valesse così poco.
Era quella domanda che William attendeva. Sapeva già che il conte Enders gli avrebbe risposto, e sapeva anche come.
- La vita umana, dite? Non fatemi ridere.
Cosa c'è di sbagliato nell'uccidere qualche plebeo? Eh?! Io sono un nobile!
Questa è come l'arca di Noè. Oltre ai nobili a bordo, tutti gli altri sono bestiame! Che vivano o muoiano, dipende solo da me! - aveva urlato contro tutto e tutti.

Sentendosi poi tradito dagli stessi nobili, colore che adesso lo definivano assassino, non trattenne la proprio rabbia. Con ancora il coltello gocciolante si rosso, si scagliò su uno di loro che aveva dato l'ordine alle guardie, appena accorse, di arrestarlo.
Non riuscendo però nemmeno a sfiorarlo visto il rapido intervento di niente che meno l'uomo che soltanto poche ore prima aveva incontrato. Velocemente infatti era riuscito a disarmarlo e a scaraventato contro la parete opposta, come aveva dedotto era abile nei combattimenti.
Quando si intromisero anche le guardie il conte tentò la fuga riuscendo a raggiungere il ponte principale dove, probabilmente per la disperazione, si arrampicò su uno dei tanti alberi.
Circondato da poliziotti e spettatori incuriositi, il conte non dava segno di voler scendere.
Ma andava bene così, ci avrebbe pensato Moran. Con il suo fucile ad aria compresa si era infatti appostato dalla parte opposta del ponte, lontano da qualsiasi occhio indiscreto e, grazie alla sua sovrumana mira, riuscì a far perdere l'equilibrio a Mr. Enders preso alla sprovvista, facendolo così precipitare uccidendolo sul colpo.

Con questo erano riusciti a concludere anche questo passo con gran successo assicurandosi di non aver lasciato alcuna traccia del loro passaggio.

La cosa più interessante però avvenne allo sbarco: appena sceso dalla nave William si sentì chiamare in lontananza, più o meno.
- Oi Matematico, la stavo cercando. Mi serviva qualcuno con cui parlare dello spettacolo avvenuto a bordo. Mi riferisco del drammatico omicidio avvenuto sotto gli occhi di tutti. -
Se lo aspettava, non per niente dopo la fuga del conte dal palco si era fiondato dalla vittima.
- Non è stato un omicidio qualunque. -
- Sta dicendo che c'è qualcosa di innaturale? - domandò William, fingendo di esserne del tutto estraneo alla questione.
- Il cadavere. Quel poveretto era morto la notte prima. Dalla mandibola fino alla punta delle dita, la rigidità post-morte aveva raggiunto tutto il corpo lasciando chiaro che fosse morto ormai da 10-15 ore. Se aggiungiamo ciò che ha detto il conte Enders quando era sul palco, "Cosa c'è di sbagliato nell'uccidere qualche plebeo?!", ne consegue che non sapesse che la vittima fosse già morta la notte precedente.
Il che significa che è stato portato a credere che il cadavere fosse vivo.
È ragionevole, quindi, pensare che c'era probabilmente una terza parte che lo ha portato a questo.
Sono convinto che in realtà l'intera nave sia stata il palco per questo crimine e che, attraverso svariati stratagemmi, il conte sia stato portato a fare ciò che ha fatto. -
Aveva capito tutto alla perfezione quell'uomo, e lo ammirava per questo, ma doveva fingersi ignorante in questione in quel momento - Quindi mi sta dicendo che durante il viaggio si sarebbe tenuto qualcosa di così vasta scala? E a quale scopo, esattamente? -
- Oh non saprei dirglielo. Dico solo che così avrebbe tutto senso. È per questo che prima di scendere ho setacciato l'intera nave, per sicurezza, senza trovare alcuna prova però. -
- Sembra che vi diverta, se vi siete presi un tale disturbo -
Scoppiò di una risata - Beh certo! Non ho la più vaga idea di chi sia stato, o del perché, ma mi hanno dato del mistero squisito! Un matematico come lei dovrebbe capire il mio piacere. È nel risolvere espressioni matematiche che risiede il divertimento, no? -
- Beh, cosa posso dire? - aveva colto nel segno - Se mi scusate, ora dovrei andare. - disse, accorgendosi di Albert che lo attendeva alla carrozza.
- Oh certo. Ci vediamo - concluse l'altro prendendo dalla giacca una sigaretta.
Allontanandosi però, William si bloccò e si voltò indietro - A proposito, non le ho ancora chiesto il suo nome. -
- Il mio nome è Holmes. Sherlock Holmes. - gli rispose alzando gli occhi su di lui.
- Sherlock, eh? - pensò William, potendo dare finalmente un'identità all'uomo che tanto lo affascinava.

Passo così i successivi giorno a pensare a quello Sherlock che tanto lo stuzzicava. Non poteva dire che lo ossessionasse, certo, ma c'erano attimi in cui ogni suo pensiero finisse con il rivolgersi a lui.
In quei pochi giorni in mare era riuscito a incontrare chi avrebbe potuto facilmente mettere al suo stesso livello, intrigandolo come mai prima d'ora qualcuno era riuscito.
Nemmeno lo stesso Alber, che fino ad allora aveva considerato la mente più degna di voce tra le tante che aveva incontrato.

Era finito così con il cercare informazioni sull'uomo attraverso contatti, che con il tempo era riuscito a formare, nella polizia stessa.
Da queste scoprì, non stupendosi in fin dei conti, che Mr. Sherlock non svolgeva niente che meno la professione del consulente detective. Rinomato in tutta Londra, per le sue straordinarie doti investigative e la sua indole deduttiva, era famoso per accogliere solamente i casi che più riteneva degni di nota.
Persino le forze dell'ordine stesse, spesso e volentieri, si affidavano alle sue mani confidando nelle sue doti, fiducia che mai una volta era stata infranta.

Tutto questo non poteva se non essere l'ennesima goccia che pian piano andava a riempire l'onca di curiosità, all'interno stesso di William, che Sherlock stava riempiendo ad un ritmo sempre più frenetico.

𝐔𝐧 𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐧𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐜𝐫𝐢𝐦𝐢𝐧𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora