Pov Sherlock
Stavano scendono dal treno. Finalmente Watson si era fatto vivo, a quanto diceva era la prima volta che saliva su un treno così grande e di conseguenza si era perso tra le carrozze. Poi era stato trattenuto da un uomo, a detta sua sbronzo, che l'aveva scambiato per il suo compagno di viaggio e si ostinava a non volerlo lasciar andare... poi la storia continuava ma Sherlock non aveva la che minima intenzione di interessarsi a storie di ubriachi, chiudendo così sul nascere il discorso di dove fosse stato per tutto quel tempo.
Il caso alla fine si era risolto: una lite famigliare, era stato questo a troncare la vita della vittima. Doveva ammettere che rispetto agl'altri casi che aveva risolto in precedenza, sebbene sì fossero più contorti e quindi per lui più avvincenti, questo l'aveva attratto per tutt'altro motivo.
E non era stato per il pericolo che l'assassino fuggisse, avrebbero benissimo potuto decidere di trattenere tutti i passeggeri fino all'arrivo delle forze dell'ordine.
Quello che l'aveva spinto a buttarsi nel caso era stato la possibilità di avere William al suo fianco. Lo ammetteva.
Lui, che da sempre insisteva per voler risolvere ogni caso da solo, questa volta, per la prima volta, aveva deciso di fare un'eccezione.Alla fine però conosceva le capacità dell'uomo e, come pensava, riuscì a dare la migliore prestazione possibile di se stesso.
Ogni attimo che passava, ogni commento che faceva. Addirittura ogni suo movimento, elegante ma nonostante questo deciso al tempo stesso. Tutto questo lo mandava il confusione. La concentrazione spariva, la sua attenzione finiva rubata. La cosa più frustrante tra tutto era però sapere anche il motivo, ma nonostante ciò non poter far nulla per ignorarlo.Era però arrivato il momento di trovare un tetto per la prossima settimana. Erano infatti partiti per Cotsword senza nemmeno sapere dove avrebbero passato le notti che avrebbero trascorso lì.
Proprio quando ne stava discutendo con Watson, dietro di lui sentì arrivare qualcuno. Quando si voltò davanti a sé trovò quegli occhi diventati ormai inconfondibili.
Si ricordo di quando, soltanto poche ore prima, se l'era ritrovato inginocchiato ai suo piedi intento ad aiutare la donna che avevano trovato davanti alla cabina insanguinata. Per un attimo, doveva ammettere, per la sua mente passo un pensiero che gli fece voglia di sotterrarsi.
Per un istante la sua mente si svuotò e l'unica cosa che riuscì a pensare fu il viso di William, sotto di lui proprio come in quel momento, rigato da lacrime e contorto in una smorfia di piacere indescrivibile.
Ringraziò il cielo se non gli venne un erezione lì, di fronte a lui e alla donna, e riuscì a trattenersi dal salvargli addosso.Fu solamente quando Wiliam richiamò la sua attenzione, e si accorse di essere arrossito leggermente, che riuscì a distogliere i suoi pensieri da quella, per quando bellissima, visione.
-La ringrazio per il piacevole viaggio Sherlock, è stato davvero... insolito- disse l'uomo accompagnato da un leggero sorriso -spero di rincontrarla presto e, per favore, non si faccia problemi a venire nella nostra residenza per un tè quando a tempo-.
Aveva detto "nostra". Fu allora che si accorse della presenza di qualcuno alle spalle di William.
Erano all'incirca della stessa altezza. Anche lui di un biondo brillante, teneva i capelli spostati in un ciuffo a sinistra del volto andando così a coprirgli la guancia e un dei due occhi rossi su cui erano posati un paio di occhiali fini ed eleganti.
Dovevano essere fratelli, o per lo meno parenti. Non poteva essere altrimenti, la somiglianza tra lui e William era troppo evidente.
-Oh sicuramente non vi conoscerete. Sherlock, questo è mio fratello Louise James Moriarty. Louise, quest'uomo è il detective con cui ho passato il viaggio, Sherlock Holmes.- doveva avergli letto nel pensiero tale fu la velocità con cui rispose alla domanda che si stava facendo.
-È un piacere fare finalmente la sua conoscenza, Mr. Holmes. Mio fratello mi ha parlato a lungo di lei.- era stato freddo e distaccato. Fece poi di fronte a lui un semi-inchino in segno di rispetto, distogliendo così le sue fredde iridi dai suoi occhi. Sebbene queste avessero un colore così caldo come poteva essere il rosso, esse non riuscivano a trasmettergli nient'altro che una fredda, glaciale aurea.
Aveva detto che William gli aveva parlato tanto di lui. Questo non poté non farlo sorridere inconsciamente.
-Mi deve perdonare Sherlock ma non ho potuto far a meno di ascoltare la sua conversazione con il signor...- e si rivolse verso Watson, come a chiedere chi fosse.
-Mi può chiamare Watson- tagliò corto.
-Hm certo, è un piacere conoscerla Mr. Watson. Stavo dicendo... seppur non volendo ho ascoltato il vostro discorso e mi farebbe molto piacere se decideste di alloggiare nella nostra dimora, ci farebbe molto piacere avere la vostra compagnia. Avrei voluto presentarvi anche Alber, nostro fratello maggiore, sfortunatamente non potrà essere presente, gli avrebbe fatto piacere incontrarvi, specialmente lei Sherlock.-
Non sapeva cosa dire. Non sapeva come rispondere.
Se pur non riuscendo a vedere la faccia che stesse facendo il quell'istante, era sicuro che fosse di pura sorpresa. Forse mischiata con un po' di timore.
-Beh ecco... io...- non riusciva a formulare una frase di senso compiuto, era come se la lingua fosse stata sotto anestetici.
-Accettiamo con piacere! Ci ha davvero tolto un gran peso Mr. Moriarty.- Watson era stato più veloce di lui e l'aveva preceduto.
Almeno ora sapevano dove avrebbero trascorso le successive notti.Arrivati alla villa Moriarty, Sherlock e Watson rimanessero senza fiato.
Alta due piani, le pareti di un beige chiaro, decine di finestre immacolate, un giardino di tutto rispetto. Nulla mancava.
All'ingresso un'elegante scalinata in pietra. Questa, sebbene di un bianco lindo, era solcata da delle venature grigie che gli donavano un qualcosa di vissuto.
Ad accoglierli ci fu un portone in legno massello, i solchi dell'intagliatura erano antichi, ormai più nessuno era capace di compiere un lavoro tanto preciso e accurato come quello, eppure sul legno non era presente neppure il minimo graffio, come se di rado quel portone venisse sfiorato.
-Prego accomodatevi pure. La servitù vi accompagnerà nelle vostre stanze, il viaggio è stato... pesante direi, e sicuramente sarete stanchi- fu Louise a parlare, freddo come prima.
Detto ciò arrivarono i domestici che, come detto, non persero tempo a indicarci le stanze che avremmo occupato.
La sua era accanto a quella di Watson, entrambe davano su un corridoio immenso illuminato da delle vetrate presenti sulle pareti opposte.
Infondo al corridoio c'erano altre tre porte, più un bagno come indicatoci dal maggiordomo al nostro arrivo, quarto per la precisione in tutta la mansione. Dovevano essere le stanze di William e Louise più quella del fratello maggiore.Erano passate un paio di ore dal loro arrivo, tempo di sistemarsi nelle stanze e fare un bagno caldo.
Non passò molto però che in Sherlock nacque la voglio di esplorare la villa, nemmeno fosse tornato bambino tutto un tratto.
Seguendo il corridoi e scendendo le scale arrivò all'entrata. I domestici gli avevano mostrato le stanze principali oltre la sua: sala da pranzo, biblioteca, sala da tè, tutte arredate e ordinate in ogni loro dettaglio. Pure il giardino alle spalle della dimora era impeccabile.
Continuando a girovagare per i corridoi, illuminati ancora dalla sempre più tenue luce che entrava dalle vetrate, si imbatté in un portone leggermente socchiuso. Da questo giungeva della musica leggere, come un sussurro, calma ed avvolgente.
Quando si sporse per guardare all'interno il suo cuore perse un battito: seduto su una poltrona, Wiliam giaceva ad occhi chiusi. Un libro tra le mani, ancora fermo alla pagina dove si era interrotto prima di crollare dalla stanchezza.
Coperto soltanto da una vestaglia rossa, sciolta sul davanti, e una camicia bianca. I primi bottoni aperti a dare mostra delle scapole e del collo.
Una pelle così pallida. Così lucente.
Così... perfetta. Su di essa nemmeno un graffio.Si avvicinò.
Non riuscì a trattenersi.
Era più forte di lui.Il suo viso poggiato sulla sua stessa spalla. Un viso così rilassato. Pacifico.
Si domandò cosa stesse sognando. Per un istante, sperò fosse lui.Allungo una mano.
Afferrò la sua guancia con delicatezza.
Si chinò.Solo le tende di quella sala. Solo gli scaffali della libreria.
Soltanto loro sapranno della nascita di una nuova scintilla.Le loro labbra si unirono.
Dolci, e gentili.───── ❝ spazio autore❞ ─────
Buona notte a tutti,
so bene che questo capitolo è effettivamente più corto (e anche di molto) rispetto al precedente ma, MA, spero vi sia piaciuto lo stesso (╥﹏╥)Bye bye, al prossimo capitolo
ʕ•ᴥ•ʔ
(quanto è bello questo "koala" ammettetelo)
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𝐔𝐧 𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐧𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐜𝐫𝐢𝐦𝐢𝐧𝐞
FanfictionUna Londra da cambiare, uno uomo pronto a tutto per farlo. Questa è la storia di come William James Moriarty, consulente del crimine deciso a dare una svolta a questa società a qualunque costo, e di Sherlock Holmes, consulente detective risolutore d...