ODIN : La corda è tesa

14 0 0
                                    

ISA BLACK

Sirius mi riaccompagnò quindi a casa, a Grimmauld Place, per i pochi giorni che sarebbero mancati al mio rientro a Hogwarts.
Mi disse anche che avrebbe preferito non continuassi la mia collaborazione con Jack Scamander, riteneva quell'incarico troppo pericoloso per una studentessa.
Sapevo che era preoccupato per me, ma sapevo anche che non ci teneva che approfondissi la questione dell'uovo di Chimera.
Avrei dovuto parlargliene, ma il suo sguardo chiedeva fiducia.
Mi abbracciò, tenendomi stretta, la testa appoggiata sui miei capelli e io a respirare il buon odore di erbapipa naturale che proveniva dal suo panciotto. Tempo fermati, pensai, congelati in questo istante per l'eternità, oppure fammi morire adesso, persa in questa dolce sensazione, felice in ogni singola parte del mio essere.
Ma non poteva durare, si staccò bruscamente da me, come se una scossa avesse attraversato il suo corpo e se ne andò, senza una parola.
Ero di nuovo sola nella grande casa di Londra. Mi chiedeva fiducia, ma non mi dava alcuna spiegazione, era incostante e accanto all'infinita gioia mi riempiva anche di inquietudine. Tutto questo mi turbava e mi rendeva insicura. Ritornai con la mente a Jack, alle avventure che avevamo vissuto assieme, alla sua dolcezza e al suo animo privo di oscurità. Mi dava sicurezza, pur non accendendo in me il fuoco della passione che mi bruciava l'anima, ogni volta che ero con Sirius. Quello di Jack era un dolce tepore, provavo un profondo affetto per lui e sicuramente mi avrebbe dato la serenità e le certezze di cui avevo bisogno. Ma avrei saputo accontentarmi? O avrei passato la vita a rimpiangere Sirius?
Fu una decisione molto sofferta, per un attimo pensai di chiedere aiuto. Magari alle mie sorelle prefette Giadina Lunastorta e Anya Lycan, ma desistetti. Doveva essere una mia scelta, nessuno poteva leggere veramente il mio cuore... o forse si, una persona c'era stata:ma era morto.
Aveva preso il mio posto quando eravamo sul confine tra terra e cielo, sacrificandosi per me e proseguendo verso il mondo ultraterreno con Re Filemazio, rivelando al contempo di essere il mio vero padre: Severus Piton.
Cosa mi avrebbe suggerito lui?
Toccai Eihwaz, la mia runa, appesa al collo con una sottile catena di argento dei folletti. Mi concentrai su di essa, magnetizzandola con la mia aura.
Non ero più la signora dei mondi, la donna Taltos che aveva salvato Sirius dal velo, ma il fatto di avere una doppia elica di DNA, ereditata da mio padre permetteva ancora di districarmi in quelle terre proibite ai maghi normali.
Mi concentrai bruciando Olibano e Salvia. A suo tempo il grande Odino, mostrandomi la sua ricerca della conoscenza, aveva impresso nel mio cuore le sue conoscenze, man mano che egli stesso le apprendeva. Quindi iniziai a pronunciare le magiche litanie per evocare la magia dei Vanir e aiutare il passaggio al mondo spirituale. Le erbe che mi avrebbero aiutato a tal scopo, stavano già bruciando e emanavano il loro fumo bianco e denso. Ero pronta per un nuovo viaggio, che questa volta sarebbe stato unicamente mio, attraverso il mondo spirituale. Ero sola a Grimmauld Place, nella grande e semioscura stanza. Disegnai sul pavimento un cerchio, spargendo sale misto a sangue di montone e mettendo ai rispettivi punti cardinali i doni ai 4 elementi. In esso disegnai il triangolo di Thot. Estrassi la bacchetta,usando la formula magica Signo e incisi le rune che mi avrebbero guidata e protetta. Nel vertice in basso a sinistra incisi Raido, la runa che mi avrebbe guidata nel mio viaggio,in alto incisi Eihwaz la mia runa, il viaggio sciamanico che mi apprestavo a compiere: il viaggio tra i mondi, e infine Laguz, l'energia crescente, l'intuizione. Mi limitai a un triangolo solo, sarebbe stato sufficiente per il mio obiettivo. Estrassi la bacchetta e pronunciando l'incantesimo Lungo su ogni runa, attivai le connessioni tra di loro, queste si illuminarono, facendo risplendere anche quella che portavo al collo.
Ero dunque pronta per avventurarmi in quel cammino; un percorso nel quale non mi ero mai addentrata da sola, un cammino che mi avrebbe portato sul confine e me lo avrebbe anche fatto oltrepassare.
Era quindi tutto pronto; mi bendai gli occhi, del resto dove stavo andando avrei visto con ben altri occhi. Buttai nel braciere ancora una manciata di Salvia Divinorum e proseguii con le dolci cantilene magiche, partendo dapprima lentamente e poi a ritmo sempre più concitato, danzando alla cieca nel cerchio magico. "Spiriti potenti, noi vi invochiamo, vegliate su di noi, che stanotte balliamo...."
Sentivo che eravamo arrivati al momento, sempre alla cieca esclamai, muovendo la bacchetta, Persigno; non vedevo, ma sapevo che le tre rune adesso fluttuavano luminose attorno a me. Mi incisi il palmo della mano col pugnale di selce, e bagnai le rune incise sul pavimento col mio sangue. Immediatamente, mi sentii come afferrata da un turbine, che mi avvolgeva tra le sue spire sempre più velocemente. Iniziai a staccarmi dal mio involucro materiale, vedendo col mio spirito ciò che accadeva attorno a me. Le pareti coperte dalla carta da parati verde con gli intarsi dorati dell'albero genealogico della famiglia Black sparirono, aprendo un varco attraverso il fuoco che ardeva nel grande camino di marmo. Il mio io fisico giaceva ora accasciato all'interno del cerchio, circondato dalle rune protettrici. Senza timore oltrepassai il fuoco, non facendo caso alla sensazione di dolore, solo mentale che avvertii e venni catapultata nel mondo extrasensoriale. Cosa che non mi era nuova, ma che ora affrontavo con la consapevolezza delle mie decisioni e non più spinta da una forza arcana.
Sapevo esattamente dove andare e con tutte le mie energie creai il percorso nella mia mente. La meta era dove avevo interrotto il mio viaggio precedente: il confine, oltre il quale mi sarei spinta.
Questa volta non sarei andata da Odino, non avrei fatto visita a Asgard e ai suoi dei ma avrei proseguito alla ricerca dello spirito di mio padre, ovunque esso si trovasse.
Sirius mi aveva proibito di cimentarmi ancora in queste imprese, dopo che per due volte avevo rischiato di lasciarci la vita, ma per me era importante sapere cosa ne pensasse, avere un consiglio che mi potesse indicare quale strada scegliere.
E fu così che intrapresi questo nuovo viaggio, vidi in Lontananza Asgard e i suoi nove mondi, che si intersecavano e diramavano come le radici dell'albero sacro. Li attraversai: dovevo raggiungere il mondo più lontano, quello oltre il quale vi era l'ignoto.
In lontananza vidi il Bifrost, sicuramente Heimdall aveva visto la mia anima, lui vedeva tutto, e aveva già riferito a Odino il mio passaggio. Mi fermai un breve istante, non per titubanza , ma per lasciare un pensiero di ringraziamento a Odino, che grazie ai suoi insegnamenti, mi stava permettendo di compiere questa impresa. Lo immaginavo, assiso al suo trono, con il suo viso imperturbabile a osservare gli uomini, a scrutare alla ricerca di guerrieri valenti per il suo Walhalla, pronti per la guerra contro il caos, che a un certo punto sarebbe arrivata. Mi sarebbe piaciuto essere degna di quella dimora, e avrei desiderato rivedere Odino, ma quella volta la mia meta era un'altra. Avevo bisogno del consiglio di mio padre, sparito assieme a Filemazio, in quell'alba invernale sul lago Balathon, quando avevo liberato lo spirito dei Taltos dalla maledizione di Alnitak.
A malincuore proseguii il mio volo astrale, cercando di rimanere concentrata al mio obiettivo e forte degli insegnamenti e di Filemazio e di Odino.
Mi proiettai quindi come un dardo verso la mia meta, il posto ove le anime andavano a esistere dopo la dipartita terrena. Sapevo che mio padre era assieme a loro, si era dimostrato degno.
Raggiunsi il limite estremo del mio viaggio e arrivai al confine tra regno terreno e regno spirituale. In una sorta di anticamera dove le anime venivano in un certo qual modo smistate.
Attraversai diversi piani di questo mondo a me sconosciuto, piani ove vi erano diverse anime non incarnate, non solo Taltos, anche umani, maghi e streghe, o almeno sembrava.
Un forte vento spazzava, quello che in apparenza era un terreno sassoso. Talvolta pareva dissolversi e liberare le anime avvolte da esso.
Queste anime conservavano ancora distintamente la forma che avevano avuto sulla terra, e se ne stavano chine a guardare verso il basso, come se sentissero nostalgia del mondo. Altre lottavano tra di loro, altre ancora sembrava stessero cercando qualcosa, fino a che il vortice impetuoso non le imprigionava nuovamente. L'aria suonava di lamenti e pianti. Si accorsero di me, e si accorsero che la mia anima era ancora legata a un corpo vivente. Mi guardavano con rabbia e invidia malcelata, loro che ancora bramavano un corpo non riuscivano a credere che io vi avessi volutamente rinunciato, seppur solo temporaneamente. Protendevano le mani, come a volermi afferrare. Lottai per aprirmi un varco tra quella moltitudine maledicente e poter vedere oltre.
Davanti si ergevano degli archi stretti, di pietra scura, oltre ai quali non ero in grado di vedere. Anche questi archi non erano solidi, ma portavano verso un oscurità che mi raggelava. Per un istante mi chiesi se mio padre non fosse per caso finito li, oltre quei muri impalpabili, da dove provenivano urla angoscianti e nei quali le anime più rozze venivano trascinate se vi si facevano troppo vicine.
Ma non vi erano solo quelle anime, alcune si trovavano sempre sullo stesso livello, ma spiavano in alto, cercando di oltrepassare le nubi, quasi solide che gli impedivano di raggiungere il livello superiore.
In quella volta vi erano altri spiriti, anime servizievoli
Li non avrei trovato Severus, decisi, con troppa serenità aveva seguito il suo fato per passare la sua esistenza spirituale a rimpiangere il mondo.
Poco distante lo spirito luminoso di una donna molto giovane all'apparenza, radunava anime giovani, che come i bambini che erano stati, piangevano rumorosamente. Allargava le braccia, come a invitarli verso di lei e li conduceva oltre le nubi, che aprendosi al suo passaggio, mostravano un giardino lussureggiante.
Altri spiriti urlavano chiamando per nome queste anime incerte, da poco arrivate, sovrastando il rumore del vento, invitandole a oltrepassare gli archi oscuri senza titubare.
Lampade fluttuavano nell'aria a illuminare quel cielo grigio, tra lampi e saette e rombi di cannone.
Vi erano anime di ogni nazionalità: con abiti che indicavano epoche anche remote: alcuni vestiti di seta e con turbanti, altri con lunghe tuniche di cotone, alcuni che raggiungevano assieme ai nuovi arrivi il giardino felice, altre che afferravano gli spiriti conducendoli nel buio più nero, muovendosi con sicurezza attraverso quelle anime smarrite .
In ogni direzione guardassi vidi qualche spirito servizievole intento nella sua opera.
Ancora c'erano aperture che risplendevano di luce, contrapposte ad altre che emanavano un gelido sentore di paura e sofferenza; scalinate tortuose che portavano in luoghi che potevo solo intravedere. E i ponti. Alcuni di pietra grandi e imponenti, altri misere accozzaglie di legno fradicio che attraversavano fiumi dorati, e torrenti rossi di sangue e ribollenti.
Alcuni di loro cercarono di chiamarmi, per condurmi verso il loro cielo, avvicinandosi a me e protendendo le mani, ma alla vista di Eihwaz, che sfolgorava sul mio petto si ritrassero.
Mi rivolsi quindi verso il cielo superiore, cercando in passaggio per raggiungere la zona preclusa a quelle anime infime, erranti e piangenti , smarrite nel loro percorso che avevo attorno e chiedendomi se un giorno mi sarebbe capitata la stessa sorte: rimpiangere le scelte della mia vita terrena, al punto di non poter avere pace. Il fatto che venissi chiamata verso i portali oscuri aveva un significato? Sarebbe stata quella la mia sorte futura? Scossi la testa, non potevo saperlo, ma avrei fatto il possibile per evitarlo, per essere degna di quella luce che ogni tanto squarciava le nuvole, invitante e serena.
Mentre mi recavo più su, un gruppo di questi spiriti mi si fece addosso, quasi a volermi impedire di proseguire il mio viaggio. Essi cercavano di formare una barriera psichica per cacciarmi.
Raccolsi tutta la mia energia, e decisa nella missione che mi ero prefissa proseguii oltre. La vista della mia runa magica, dovette spaventarli e trattenerli, anche per loro l'essenza con cui Odino stesso l'aveva impregnata era troppo potente e rivelava la mia condizione, non di anima smarrita ma di viaggiatore dei mondi.
Mi rivolsi quindi verso il cielo, fluttuando per raggiungere quelle nubi. Alcune anime cercarono di seguirmi, ma venivano respinti dalla nuvole nere e ributtati in basso.
Quello che per loro sembrava essere un ostacolo solido, a me parve come quando da bambina mi tuffavo nel materasso di piume del mio letto, con l'unica differenza che non trovai nulla che mi ostacolò e lo attraversai, uscendo da quel piano grigio e claustrofobico, ove emergevano solo frustrazioni e desiderio per qualcosa che non vi era più.
Altre anime, più luminose mi precedettero andando oltre. Le seguii senza timore.
Attraversai quelle nuvole che dal tono grigio, andavano verso un bianco puro.
Vidi le stelle, attorniate da un fulgore celestiale, e un canto melodioso echeggiava nell'aria, man mano che penetravo quella coltre.
Qui gli spiriti erano più evoluti, mancavano i rimpianti che rendevano pesanti le anime inferiori; pur serbando i ricordi più forti delle loro vite passate bramavano solo a distaccarsene per passare a un piano ancora più alto, quello della pura luce.
Infatti, guardando in alto, vidi che non vi erano nuvole a bloccare il passaggio, ma solo una luce infinita e possente che feriva gli occhi.
Eppure gli spiriti che si trovavano a quel livello intermedio, non guardavano con bramosia invidiosa il loro cielo e nemmeno provavano interesse per chi stava sotto di loro. Si limitavano a esistere, diventando sempre più trasparenti, fino a perdere qualsiasi sembianza con l'involucro che li aveva contenuti e ottenere la forma di una sfera, una stella di pura luce e spirito.
E a questo assistetti meravigliata, mentre cercavo traccia di mio padre, sapendo che neppure a me sarebbe stato permesso di raggiungere il cielo superiore, anzi tanto meno a me. Che ero ancora in vita, non avrei avuto possibilità di arrivare alla luce divina.
La donna, la stessa che aveva condotto i bambini nel giardino, mi si fece incontro.
" Non più oltre ti è permesso arrivare."
Annuii, lo sapevo, seppur incuriosita da cosa ci fosse ancora più su, la mia meta era trovare Severus.
La donna mi guardò, un guizzo sembrò farle fremere le particelle incorporee della sua essenza. Fu un istante, ma non mi sfuggì.
" Conosci mio padre?"
Non rispose, la sua memoria si perdeva tra mille altre esistenze, ma unì la sua anima alla mia per qualche attimo.
Vidi una giovane donna, una strega, con la testa appoggiata al petto di un giovane Severus che con un sorriso melanconico le accarezzava il ventre rigonfio.
Guardai lo spirito, le cui vesti, anche se ormai traslucide, recavano macchie trasparenti di quello che nel mondo terreno doveva essere stato sangue.
Capii: era stata un tempo, mia madre, morta nel darmi alla luce.
Avrei voluto abbracciarla e chiedere il suo perdono per averla uccisa.
" Ti ho cercata, con timore, accanto al desiderio di vederti, il timore che la tua vita si potesse concludere anzitempo. Ora sei qui, ma non è il tuo posto, non è il tuo momento. Torna nella terra."
"Devo trovare mio padre."
" Non è qui"
Quello non me lo sarei mai aspettata, guardai con timore più giù.
" Tuo padre non è in questo mondo."
" Dove si trova?"
" Non mi è dato sapere cosa accade negli altri mondi. Solo gli spiriti angelici e divini possono. Ma non è qui." La guardai, mi guardava con tenerezza, era mia madre, non l'avevo mai conosciuta, ma sentivo l'affetto che cresceva nel mio cuore, verso colei che aveva dato la propria vita per mettermi al mondo. Mi guardava a sua volta , quasi avesse voluto abbracciarmi, ma sapevo che non era possibile. Mi concentrai cercando di farle capire quanto l'amassi e a mia volta mi sentii circonfusa dal suo amore. Confidai a lei i miei dubbi, pur sapendo che mi leggeva dentro, sentivo il bisogno di manifestare con le parole l'inquietudine che provavo. "Si tratta di qualcosa che riguarda la mia vita terrena. Ci sono due persone: un giovane, quasi della mia età, che tiene molto a me. Un animo dolce aperto privo di oscurità e di tormenti. E poi c'è lui: Sirius Black. L'ossessione di tutta la mia vita. Il fuoco della passione che mi brucia l'anima. Ma è anche tormento e dubbi, incertezza, lacrime. Tante volte lo sento lontanissimo da me, tante volte ho la sensazione che ci stiamo allontanando;e poi.... Poi so per certo che mi sta nascondendo qualcosa di grave e anche probabilmente illegale; eppure, non posso fare a meno di lui. È tutta la vita che combatto per averlo! Non voglio stare qui a raccontarti tutto, perché non basterebbero mesi. Ma ora mi trovo davanti a questa scelta. Da una parte mi attira La possibilità di avere una vita tranquilla e pacifica, dall'altra ho il timore di dover passare il resto della mia esistenza a pensare a quello che avrei potuto avere scegliendo lui, a scapito di una vita più tranquilla. Ma sicuramente magari più monotona" Mia madre, o meglio il suo spirito, mi guardò con profonda tristezza, ma anche con infinito amore, quell'amore che non aveva potuto darmi in vita, perché non ce n'era stata data la possibilità. In quel momento desiderai rimanere li con lei, conoscerla, ma scosse il capo, intuiva i miei pensieri e con estrema dolcezza mi parlò. "Tesoro, deve essere il tuo cuore a scegliere. Però posso solo dirti una cosa. Posso parlarti della scelta che feci diversi anni fa, scelta di cui mai mi sono pentita e che rifarei mille volte ancora. Quando scoprimmo che tu saresti nata, accanto alla gioia immensa derivante dal fatto che l'amore che tuo padre e io provavamo l'uno per l'altra avrebbe creato una nuova vita, ci fu la rivelazione, la triste consapevolezza che da quel giorno avremmo dovuto dirci addio. Che non avrei potuto vederti crescere. Sapevo benissimo, ci fu detto poco tempo prima da un veggente Taltos, gli unici che sanno guardare oltre il velo delle stelle, meglio ancora dei centauri,che non avrei potuto superato il parto. Che per la tua vita, la mia avrebbe dovuto finire. Ci fu data la possibilità di scegliere: raggiungere la vecchiaia assieme, ma senza la gioia di un figlio e con davanti la scelta di un perdurante rimorso, oppure andare incontro al mio destino. Tuo padre si oppose a questo fato, offrì la sua vita per la mia, ma non accettai. Il suo destino era un altro, e tu saresti stata il mio dono più bello per lui. Tu dovevi vivere, perché il tuo fato è legato alle sorti del mondo. E qui ho detto troppo. Nonostante il profondo dolore. Decidemmo di portare avanti la gravidanza. Con la promessa che un giorno ci saremmo ritrovati e che saremmo stati di nuovo uniti, seppure non nel mondo fisico. Arriverà il momento in cui la tua strada ti sarà perfettamente chiara, e anche tu affronterai il compito che ti è stato affidato alla nascita . Tuo padre mi rimase accanto fino alla fine. Celando il dolore che provava e, ti posso assicurare che era sconfinato, per cercare di rendermi il più felice possibile quegli ultimi mesi assieme, con nel cuore la lieve speranza che si sarebbe potuto risolvere tutto. Ma sapevamo che le divinazioni dei Taltos non davano adito a dubbi. E ti posso assicurare che nonostante tutto, nessuno dei due, si pentì della scelta fatta." Rimase per un attimo pensierosa; come per voler valutare se dirmi ancora qualcosa. Sapevo che il suo sguardo andava oltre. Superava le cortine del futuro, sapevo anche che non le era consentito rivelarmelo. Mi chiesi quale vita stava vedendo per me e cosa le offuscava lo sguardo limpido, mentre mi scrutava nel mio essere più profondo. Sospirò quasi, chiedendomi perdono con gli occhi. Perdono per non potermi dire nulla di più, lasciandomi da sola coi miei dubbi. Questo turbamento non durò a lungo, sapeva che qualsiasi cosa avesse detto la mia strada avrebbe proseguito verso il suo destino. Consapevole di questo, assunse un'espressione serena e distaccata da ogni cosa terrena. Immaginavo che si stesse preparando a lasciare alle spalle le ultime vestigia che ancora la legavano alla vita precedente, per rinascere nuovamente o per arrivare a un livello superiore. Mi congedò. "Adesso vai, figliola mia. Devi seguire la tua strada, soprattutto seguire il tuo cuore. Nelle ragioni del cuore non esiste la scelta migliore o la scelta razionale. Esiste solo la direzione che ti faranno intraprendere le tue scelte, ma che comunque culmineranno tutte alla stessa fine. Tu però, in base alle tue scelte potrai rendere più o meno lieve, più o meno appagante il tuo percorso. Dovrai essere tu a decidere se la tua strada dovrà essere avvolta dalla passione bruciante e dall'incertezza, o dalla serenità dell'amore quieto. Ti avviso però di una cosa. Tu sei nata come fuoco e vento. Le comete hanno toccato il suolo la notte della tua nascita. Sappi che i Taltos hanno toccato il tuo essere quando sei venuta al mondo, che il loro sangue scorre nelle tue vene, attraverso innumerevoli generazioni. Sappi che spesso, l'ignoto e ciò che porta alla vera realizzazione di se stessi. Ci spinge a lottare e a soffrire, ma ci rende forti facendoci affrontare le nostre paure; versando spesso lacrime di sangue, in un continuo rincorrere qualcosa che sembra sfuggire. Ma è la vita, quella vera, quella che quando giungerà alla fine ti farà dire ho concluso la mia strada e sono stata fedele a me stessa. Ora sono pronta per il viaggio successivo. Torna a casa, figlia mia. Torna ai tuoi affetti, alla tua vita. Non desiderare chi non è più nel mondo terreno. Vivi nel coraggio delle tue scelte. E un giorno. Forse. Ci troveremo ancora, come due spiriti pronti ad attraversare la luce più pura." Con queste parole mia madre mi congedò alzando e allargando le braccia, lasciandomi con mille domande in sospeso, che si dispersero al vento quando un turbine mi avvolse e mi trascinò via, portandomi a ritroso nel cammino precedente. Non durò che un istante e vidi tutta la mia vita trascorrere; vidi tutti i momenti belli e brutti che avevo passato. Sirius e Jack prendevano alternativamente il posto l'uno dell'altro. Venni risucchiata nel mio corpo, mi trovai a faccia in giù nel salotto ove faceva bella mostra di se l'albero genealogico amato da Walburga Black. Mi rialzai, sulle ginocchia, mi sentivo stordita e la testa mi girava. Mi sembrava di essere uscita da un sogno, ma Eihwaz era ancora bollente, dandomi la certezza che era accaduto tutto sul serio. Il braciere si stava spegnendo, lasciando dietro di se un vago profumo di incenso e Salvia. La ferita sul palmo della mia mano era rossa e dolente ma non sanguinava più. Sirius non c'era; probabilmente era andato a Black Nest; non capivo il motivo per cui scappava sempre in quel luogo in cui a me non era concesso mettere piede,da molto tempo ormai. Non capivo il motivo di tutti questi suoi segreti e per un attimo temetti che si incontrasse ancora con Lestat. Quanto avevo sofferto per quel triangolo che sembrava essersi formato. Ma sembrava che le mie preoccupazioni fossero infondate e, se un tempo c'era stato qualcosa tra loro, questo era finito da un pezzo. Sirius me lo confessò sull'orlo delle lacrime, poco prima che ci trasferissimo definitivamente a Grimmauld Place, quando gli dissi che volevo trasferirmi a Durmstang, per stare vicino a Krum... mi era piaciuto molto in effetti, quando era venuto a Hogwarts per il torneo tremaghi, ma lo avevo utilizzato come scusa, per far scaturire una reazione in Sirius. E sembrava avesse funzionato. Fu quel giorno che si accese per la prima volta il barlume della speranza. Mi raccontò la storia della sua antica relazione con Lestat, edulcorandola molto, e spiegandomi che i pensieri ossessivi che aveva per lui altro non erano che la triste consapevolezza che mentre io sarei diventata una bella e corteggiata strega, lui non sarebbe diventato altro che un vecchio mago; troppo vecchio per me, mentre Lestat gli aveva promesso di rimanere sempiternamente giovane, grazie al dono oscuro; dono che lui aveva rifiutato, ma di cui ora si pentiva, perché il trascorrere del tempo lo faceva sentire sempre più lontano da me. E fu in quel momento che davanti a me mi apparve il ricordo della mia reazione di quel giorno. Della tempesta di pugni che battei sul suo petto, con lacrime di rabbia che mi sgorgavano dagli occhi. Cosa mi importava di quello? Io amavo lui, amavo Sirius, e volevo passare la vita assieme a lui. Anche se fosse diventato un vecchio canuto e storpio.

Avevo un tremendo mal di testa, per cui sistemai tutto, togliendo ogni traccia di quello che avevo fatto e andai in camera mia chiedendo a Kreatcher di portarmi una infuso di Agrimonia, ottimo analgesico, e mi stesi sull'enorme letto a baldacchino. Al contrario della camera di Sirius, egli aveva mantenuto la stessa camera che aveva da ragazzo, comprensiva di poster e polvere d'epoca, la mia era luminosa e fresca. Mi aveva fatto sistemare la camera padronale, rendendola adatta a una ragazza. Kreatcher si era mostrato molto fine in questo "restauro", facendo apparire pareti color crema e tendaggi leggeri , al posto dei colori cupi e pesanti che vi erano in precedenza e che affliggevano tutto il resto della dimora. Eppure, nonostante tutto, preferivo abbandonare quella camera, per intrufolarmi nella tetra stanza di Sirius, fin da quando ero piccola, e lui teneva la mia culla accanto a se per non farmi piangere, avevo preso l'abitudine di dormire accanto a lui, accucciata tra le sue braccia, col pollice in bocca. Anche se qualcuno aveva gridato allo scandalo che una ragazzina dormisse assieme a un uomo, in realtà non era mai accaduto nulla di blasfemo. Ma anche quelli erano tempi ormai finiti. Da quando i sentimenti celati a lungo erano esplosi, avevamo interrotto quest'abitudine, con dispiacere, ma capivo la reticenza di Sirius, non più trattenuto dal velo dell'inconsapevolezza, preferiva mantenere le distanze, prima di rischiare qualcosa di azzardato. Mi coricai quindi nella mia stanza, sorseggiando la tisana di Agrimonia, e attendendo i suoi effetti analgesici e addormentandomi con le parole di mia madre che mi sussurravano nelle orecchie. Pian piano l'emicrania si affievolì e e io sprofondai nel sonno: un sonno profondo e privo di sogni che aiutò la mia mente a svuotarsi dalla pressione a cui l'avevo sottoposta e me a riposare e a rigenerarmi.

DESTINIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora