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"Non è colpa mia se sono così."
"Ma è colpa tua se decidi di non cambiare."

Klyn si svegliò di colpo, stesa sul suo letto, con le lacrime agli occhi...si guardò intorno spaesata, per poi, piano piano, ricordare ogni cosa della giornata precedente.
Le lacrime continuarono a scendere, senza lasciare a Klyn il tempo di respirare, di realizzare il vortice di emozioni che l'assalirono.
Si asciugò le lacrime e provò a canticchiare la canzone che intonava sempre la sua mamma prima di metterla a dormire.
Uscì dalla stanza qualche minuto dopo, trovando la colazione già pronta sul tavolo e con suo fratello che l'aspettava seduto, serio come pochi.
Lei si strofinò gli occhi rossi, tossì un poco, prese un bel respiro e si sedette al tavolo, lanciando un'occhiata sprezzante al ragazzo.
"Mi spieghi una cosa?-chiese Rowen, puntando il cucchiaino verso di lei-Per quale motivo mi odi tanto?"
Lei non rispose, rimase in silenzio, mangiando la colazione, a suo avviso, più buona rispetto ad altre volte, poi si alzò e andò in camera sua per cambiarsi.
Dopo che fu cambiata, scese in fretta e si avviò verso la porta, ma venne fermata da suo fratello.
"Dove vuoi andare?"
"Affari miei."
"Hai cercato di suicidarti...secondo te ti lascio andare in giro così? Senza nemmeno sapere dove vai?"
Lei lo guardò con un sorriso altezzoso:"Vado a suicidarmi...che credi?"
"Non dire mai più una cosa del genere!" Disse nervoso il giovane.
"Ho io una domanda per te: perché non mi lasci in pace? Perché, nonostante tutto ciò che ti ho fatto, continui a preoccuparti per me? Perché? Perché non fai come tutti e te ne vai, abbandonandomi a me stessa? Perché?"
Lui rimase lì per qualche secondo, a guardarla, poi disse:"Perché io so che questa Brooklyn non è quella vera, ma solo un'imitazione, so che la vecchia Brooklyn c'è ancora, lì da qualche parte."
Lei sbuffò:"Sei sempre il solito."
Detto questo si chiuse la porta alle spalle, sbattendola rumorosamente.
Iniziò a camminare senza meta, finché non sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla:"Sei tornata all'attacco Klyn? Hai qualche altro disegno da farmi vedere?"
Lei sospirò:"Joe..."
"È un piacere rivederti." Disse sorridendo, ma la sua espressione solare durò poco, vedendo quella distrutta di Klyn.
"Ma stai bene?" Chiese, costringendola a fermarsi.
Lei si guardò la punta dei piedi, nervosa, poi scosse la testa piano, e le lacrime riconciarono a scendere come fiumi in piena.
Le braccia del ragazzo la avvolsero, e lei per la prima volta, dopo tanto tempo, si lasciò cullare da qualcuno che non fosse suo fratello o le sue 'migliori amiche'.
"Sai cosa diceva sempre la mia nonna?"
Lei scosse piano la testa, ancora abracciata a lui.
"Che il sole arriva sempre dopo il temporale."
Lei, senza nemmeno sapere perché, iniziò a singhiozzare:"Io sono sbagliata...farei meglio a non esistere..."
"No,-sussurrò Joe-non è vero Lyn, non è proprio vero...non sei sbagliata, e non è vero che faresti meglio a non esistere...tu non lo pensi, ma c'è chi ti vuole bene e rinuncerebbe a molto solo per te."
La strinse più forte.
"Perché?" Sussurrò lei.
"Cosa?"
"Perché lo stai facendo? Perché mi consoli?"
Lui si staccò dall'abbraccio, la guardò negli occhi e disse:"Perché io sono uno di loro...di quelli che ti vogliono bene, e che darebbero molto, solo per te."

"Aiuto!-esclamò spaventata la piccola-Qualcuno mi aiuti!"
"Lasciatela andare!" Urlò qualcuno dietro di lei.
Klyn si girò:"Joe."
I bulletti risero un po' e poi se ne andarono.
La bambina scoppiò a piangere fiondandosi nelle braccia dell'amichetto.
"Sono cattivi,-singhiozzò-sono cattivi!"
"Lo so,-sussurrò Joe-ma ora sono andati via...non torneranno più, promesso."

Klyn sorrise tra le lacrime a quel lontano ricordo, quando andava tutto bene, quando lei era felice, quando la sua mamma e il suo papà erano ancora lì, con lei.
"Sorridi?" Chiese Joe.
La ragazza scosse la testa, smettendo subito.
"A cosa pensi?" Chiese il ragazzo.
"A quando tutto era migliore."
Lui sospirò:"Non è troppo tardi."
Detto questo guardò l'orologio:"Si è fatto tardi...ti va una pizza?"
Lei, ancora confusa dall'affermazione di poco tempo prima, accettò.
"Dove stiamo andando?" Chiese dopo un po' di tempo che camminavano.
"A prendere una pizza." Rispose lui ovvio.
"Si, grazie...ma dove?"
"Lo scoprirai."
Lei si fermò:"O mi dici dove accidenti stiamo andando o me ne torno a casa."
"Okay,-disse lui con le mani avanti-okay. Andiamo alla pizzeria vicino ai giardini di casa mia."
Lei, allora, riprese a camminare.
"Sai?-chiese ad una certa il ragazzo-Anche se dopo la morte dei tuoi tu sei cambiata completamente, rigettandomi, non ho mai smesso di pensarti, né di volerti bene."
"Joe...se continui così mi farai venire il diabete, quindi vedi di piantarla."
"Okay,-sospirò lui-parliamo d'altro: com'è questa nuova vita?"
"Uno schifo...TOTALE."
"Si può sapere perché?"
"I miei tutori sono dei disgraziati che non sanno far altro che dare fastidio e ordini...ma aspetta...tu come fai a sapere che mi sono trasferita?"
"Voci." Rispose semplicemente Joe.
"Okay...-continuò la ragazza-a scuola non mi sono fatta nessun amico, sono tutti così gentili e sorridenti...bleah. Per non parlare del fatto che non posso fare niente che non sia studiare."
"La perfetta secchiona." Rise Joe.
"Vuoi per caso un pugno in faccia?" Chiese la ragazza.
"Per adesso no."
"Allora taci."

"Tu non la smetti proprio mai di parlare, vero?" Chiese un vecchio signore in coda alla cassa assieme a loro.
"No, e non smetterà mai." Rispose con aria di sfida Klyn al posto di Joe che, guardandola, sorrise per ringraziarla.

"Okay...sto zitto."
Dopo poco arrivarono alla pizzeria, entrarono, ordinarono e mangiarono in fretta per poi uscire dirigendosi verso ai giardini.
Si sedettero sulle altalene e Joe iniziò a parlare senza mai fermarsi.
"Ti ricordi quando sei venuta da me con le ginocchia tutte sbucciate?" Rise il ragazzo.
"Si." Rispose semplicemente lei.
Lui non la finiva di ridere:"Hai iniziato a dire:"Morirò, aiutoooo, sto morendo."
A Klyn scappò una risata, ma subito si ricompose.
"A te piace proprio prendere in giro la gente, vero? Odio quando parli così tanto."
Lui si zittì e lei sorrise soddisfatta, iniziando a dondolarsi un poco su quell'altalena troppo cigolante.
Dopo un po' di tempo lei si alzò, annunciando:"È ora che vada...grazie per la pizza."
Si allontanò un poco, ma poi si fermò e aggiunse:"Comunque...non è vero che odio quando parli tanto...d'altronde, lo dissi anche io:"Non la smetterà mai.""

𝐼𝑜 𝐻𝑜 𝑇𝑒, 𝐹𝑟𝑎𝑡𝑒𝑙𝑙𝑜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora