Telefonata

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Di solito quando sono a lavoro, non uso mai il cellulare ed effettivamente nessuno mi contatta la mattina, proprio perché sa che non sono reperibile. Prima di attaccare mando un messaggio a Chris, scrivendogli che sono arrivata e che è tutto okay, anche se non lo legge subito perché è davvero presto, mi sento più tranquilla a scrivergli. Per questo quando sento il telefono vibrare nella tasca del grembiule, mi preoccupo un po'. Fortunatamente avevo finito di servire i clienti presenti e mi sono presa due minuti, chiedendo ad Andrea di darmi un attimo il cambio, visto che stava facendo l'inventario. Rispondo velocemente quando leggo il nome di Chris.
«Amore, stai bene?» è la prima cosa che dico, la prima volta che lo chiamo in questo modo. Non so, mi piace così tanto il suo nome e ho sempre pensato che fosse più il tono che il nomignolo in sé a fare la differenza. Ma stavolta, forse perché mi sono allarmata, è diverso. Sento solo il suo respiro e capisco di aver stupito non solo me stessa, ma anche lui.
«Stavo per dire di no, ma ho realizzato il modo in cui mi hai chiamato e ... sto già meglio.»
«Scusa, non lo so è venuto fuori da solo. Mi sono preoccupata, di solito non chiami mai quando sono a lavoro, che succede?»
«Perché ti scusi, è bello, suona così bene. Comunque scusami tu, non avrei dovuto chiamarti, però credo di avere troppa ansia per farcela da solo. Sono fuori dall'aula, tra dieci minuti ho l'esame, quello per cui ti ho chiesto di aiutarmi a ripassare e ti giuro, non mi ricordo assolutamente nulla. Vuoto totale.»
«Hai fatto bene a chiamarmi, non importa se sono a lavoro, se hai bisogno di me. Devi cercare di pensare che è tutta una questione di ansia, appunto. È quella che ti fa credere di non ricordare nulla, ma non è così. Hai studiato tantissimo, anche troppo direi, sei preparato. Sei agitato perché mancano solo due esami, e pensi di non potercela fare, ma sei arrivato a questo punto Chris, da solo, con le tue forze. Non lasciarti spaventare dall'ansia. Quando hai ripetuto davanti a me sei stato impeccabile.»
«Perché c'eri tu.»
«Ci sono lo stesso, sono con te. Immaginami lì se ti aiuta, ti prometto che sono con te col pensiero.»
«Mi manchi, per colpa del lavoro e gli esami siamo stati pochissimo insieme questa settimana.»
«Ci vediamo stasera, resistiamo ancora un po'. Sono fiera di te, di quello che stai facendo. Puoi farcela.»
«Posso farcela, ce la farò. Nessuno studia più di me, forse Han, ma a parte lui nessuno. Ce la farò.»
«Questo è il mio uomo! Adesso vai e fai vedere chi sei.»
«Vado, vado. Iris?»
«Sì?»
«Ti amo da morire.» Solo lui riesce a farmi arrossire anche come una scema attraverso una telefonata.
«Ti amo anch'io, non sai quanto.»

La telefonata ha portato un colore diverso alla giornata, non vedo l'ora di vederlo stasera, ho bisogno di vederlo stasera. Una volta finito il turno, ho deciso di fare una passeggiata e di fermarmi al supermercato per prendere qualcosa di speciale per stasera. Mentre penso di prendere qualcosa per brindare, ricevo un messaggio da parte del mio ragazzo, in cui dice che l'esame è andato bene e che il professore si è persino complimentato con lui per aver esposto perfettamente l'argomento. Sono così fiera di lui che non riuscirei a spiegarlo a parole. Gli rispondo di mangiare qualcosa prima di iniziare il turno e ovviamente che lo aspetto per festeggiare. Finisco di prendere il necessario per la cena che ho organizzato e già che ci sono prendo le fragole per fare un dolcetto.
Torno a casa e preparo il pranzo, qualcosa di veloce perché devo dedicarmi un po' alla casa, anche se non è il fine settimana, voglio portarmi avanti con alcune cose.
Il suono del citofono interrompe la mia sessione di pulizie, oggi tornata a casa dal lavoro ho deciso di dover fare il cambio stagione e ridimensionare l'armadio e quando ho visto la tuta che Chris usa per dormire, ho provato una strana sensazione. Per non pensarci, ho iniziato a pulire in modo maniacale, e ora la camera da letto sembra più uno specchio, che una stanza. Perciò il suono del citofono mi infastidisce un po'. Mi avvicino alla cornetta e quando sento di chi si tratta mi sorprende sentire la voce di Grace. Una volta le ho dato il mio indirizzo perché volevo sapesse dove andare in caso di bisogno, che poteva sempre contare su di me. Le apro immediatamente il portone e successivamente la porta. Il suo sorriso dolce si fa subito spazio sul suo viso non appena arriva sulla soglia della porta.
"Grace! Entri pure per favore, si accomodi. Scusi, sono un po' in disordine perché stavo sistemando. Come sta?"
"Quando imparerai a darmi del tu? Comunque non preoccuparti cara, sei sempre bellissima. È davvero grazioso questo appartamento. Sto bene, non preoccuparti. Sono venuta perché devo chiederti qualcosa."
"Ma certo. Vuole qualcosa da bere?"
"Se non ti disturba, mi piacerebbe avere un caffè. Tu li fai bene e sono i miei preferiti." Sorride. È vero, l'ha sempre detto tutte le volte che è passata al Vintage, chiedendo esclusivamente che fossi io a servirla.
"Assolutamente, lo faccio con piacere."
"Come stai tu? E l'altro giovanotto?"
Mi viene da sorridere.
"Stiamo bene. Chris è un po' stressato per gli esami finali, ma se la sta cavando egregiamente. Io sto bene, la mia vita sta prendendo una forma che mi piace."
"A proposito di questo, sono qui, forse per cambiarla ancora un po', spero in meglio."
Mi volto verso di lei dopo aver caricato la moca e averla messa sul fornello.
"Di che si tratta?"
"Vedi Iris, io ho una certa età, sto bene certo, ma inizio a sentire la fatica di tutti questi anni e ho bisogno di riposare. Il mio dovere l'ho fatto e ora è giusto che sia il momento di rilassarmi. I miei figli ormai sono grandi, vivono lontano da qui con le loro famiglie e mio marito è già in pensione. Vorrei viaggiare con lui come quando eravamo ragazzi. Però sono troppo affezionata al mio negozio per lasciarlo nelle mani di qualcuno che non conosco, o per chiuderlo e vendere la proprietà. Sono quarant'anni che è aperto, che piace alla gente e tu lo sai bene, forse più di chiunque altro. Il primo giorno che sei entrata al negozio, eri impaurita e potevo leggere nei tuoi occhi quanto fossi triste. Quando sei venuta a pagare quello che avevi preso, ti ho spiegato come funzionava il mio negozio e che potevi restare tutto il tempo che desideravi. Sei sempre stata educata, premurosa e generosa con me e mi sei entrata nel cuore un venerdì dopo l'altro di più. So che lavori al Vintage e so anche che non ti dispiace il tuo lavoro, eppure conosco il valore che ha questo negozio per te, so che lo ritieni un posto speciale. Perciò Iris, vorrei che fossi tu a prendere sia la proprietà che la gestione del negozio in mano. Pensi di poter accettare?"

Grace è andata via dopo una ventina di minuti e una bella chiacchierata. Le ho detto che volevo parlarne prima con Chris, per sentire il suo parere, anche se ovviamente la sua proposta mi aveva resa non felice, ma di più. Certo, mi ha colta di sorpresa perché non mi aspettavo minimamente una cosa del genere; però insomma concordo con lei sul fatto che un luogo come quello vada preservato e non perso. Le ho detto che sono ovviamente propensa per accettare per le stesse motivazione che ha trovato lei per chiedermelo, però prima volevo in qualche modo dirlo a Chris e metterlo al corrente, farmi consigliare.
Il citofono suona di nuovo, segnalando l'arrivo del mio fantastico ragazzo, proprio mentre sto tagliando le fragole in piccoli pezzettini, dopo aver sfornato delle piccole conche di pasta frolla, che sono venute davvero bene. Apro sia portone che porta e torno nella zona cucina per togliere i cestini di pasta dalla teglia calda e riporla accuratamente nel forno.
"Che buon profumo."
È qui, è palesemente stanco, ma sembra felice. I suoi occhi sorridono. Mi precipito verso di lui per baciarlo con tutta la voglia accumulata durante gli ultimi giorni, in cui non siamo riusciti a passare tanto tempo insieme. Lui mi stringe a sé e ricambia il bacio con lo stesso fervore, facendomi sentire come un fuoco d'artificio pronto a esplodere.
"Ciao anche a te fiorellino." Mi sussurra sulle labbra, tra un bacio e l'altro.
"Non vedevo l'ora di vederti."
"Per me è lo stesso. Cosa stai preparando di buono?"
"Sto facendo quei pasticcini con le fragole che ci piacciono tanto, così possiamo festeggiare per bene il tuo successo di oggi."
"E cosa farai quando sarò laureato?" ridacchia mentre continua a stamparmi piccoli baci sul viso.
"Ci devo pensare, ma sono brava con le sorprese non ti preoccupare."
Le nostre labbra si uniscono di nuovo e magicamente, l'idea di preparare la cena è lontana anni luce dalla mia testa. Le mie mani si aggrappano alla zip del giacchetto per abbassarla e sfilare l'indumento, seguito anche dalla maglietta che indossa sotto. A quel punto i miei palmi si fermano sul suo petto, mentre le nostre labbra si uniscono di nuovo, per scendere lungo gli addominali e arrivare all'elastico dei pantaloni. Le sue labbra si staccano dalle mie per raggiungere la pelle del mio collo, ricoprendola di baci alternati a morsi che mi fanno perdere per un momento. Le sue dita sfiorano i lembi della mia maglia per poi tirarla via con decisione. Il mio corpo viene percorso da brividi quando le sue mani scendono abbastanza da raggiungere il sedere e infine il retro delle cosce per sollevarmi. Mi affretto a stringere la sua vita con le gambe mentre ci spostiamo verso il tavolo, dove mi poggia. I nostri sguardi s'incontrano e l'unica cosa leggibile è desiderio, o almeno lo è finché il telefono di Chris non inizia a squillare.
"Scusami fiorellino, ora lo spengo." Mi dice, ma quando legge il nome sullo schermo, mi guarda stranito.
"È mia madre." Mi dice e ovviamente sapendo che non parla con i suoi, mi preoccupo subito anch'io, facendogli segno di rispondere.
«Pronto?» il suo viso perde colore, mentre posa una mano sul tavolo per sostenersi. Mi allarmo subito così scendo da tavolo e gli avvicino subito una sedia per farlo sedere. Chiude la chiamata senza dire nulla e fissa il vuoto per qualche attimo prima di parlarmi.
"Mio padre ha avuto un infarto. L'hanno appena portato al pronto soccorso e non dicono nulla a mia madre sulle sue condizioni."
Mi porto una mano sul viso mentre cerco di metabolizzare quello che ha detto. Non si parlano e la scelta è stata una conseguenza di quelle discussioni sul futuro, ma è sempre suo padre.
"Devo andare, non pensi? Anche se è successo tutto quello ... devo andare. Non posso lasciare mia madre da sola."
"Sì, devi andare." Gli rispondo sinceramente, mentre recupero la mia maglia per infilarla di nuovo.
"Verresti con me ?" mi chiede, con la voce spezzata.
"Se mi vuoi con te, certo." Si riveste di fretta e afferra le chiavi della macchina. Io infilo velocemente un paio di scarpe e un giacchetto mentre scrive un messaggio a sua madre per chiederle in quale ospedale si trovano. Mentre scendiamo le scale, la sua mano prende la mia, stringendola forte.
"Chris, andrà tutto bene ne sono sicura. Sono qui, d'accordo?"
"Grazie fiorellino, grazie."

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