Parte 3

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*Nora's pov*

Oggi è il dodici giugno. Giorno della partita Italia contro Turchia. Non volevo venirci veramente ma so che tutta la squadra ci teneva, soprattutto mio padre.

Dopo il riscaldamento li sto aspettando in spogliatoio. Arrivano tutti carichi. Bonucci mi prende in braccio sollevandomi da terra.

"Nora, sarà meglio che prendi posto." dice.

Sono dietro la panchina degli azzurri, sulle sedie rosse riservate ai giocatori. A bordo campo. Entrano gli arbitri. Mi alzo per dare il mio sostegno fin da subito ai ragazzi che appena entrano in campo salutano gli spettatori e mi guardano. Tutti dal primo all'ultimo mi sorridono e qualcuno mi saluta con la mano.

Sorrido. Forse loro sono davvero diversi, l'ho capito in questi giorni, stando con loro, in aereo, in campo, a tavola... E lo capisco ancora una volta, quando entrano in campo per la partita.

Cantano l'inno a gran voce, alcuni mi guardano, altri restano concentrati. Tutti gli allenatori sono schierati davanti alla propria squadra. E' un momento così bello, sono felice.

Partono a giocare ma nel primo tempo non si conclude niente. La Turchia fa autogol, poi segnano Immobile ed Insigne.

Quando fanno goal, vengono verso gli spalti dell'Italia, verso dove sono seduta. Entrambi mi mandano un bacio. La partita si conclude con tre a zero per gli azzurri.

Appena l'arbitro fischia scendo a bordo campo e mio padre mi abbraccia stretta, aspettando anche i giocatori. Ci abbracciamo tutti insieme, loro sono sudati ma felici ed è bellissimo vederli così.

Torniamo in spogliatoio, cantiamo e urliamo fino a perdere la voce.

Verso le due riusciamo ad arrivare in hotel. Sul pullman cantiamo l'Inno di Mameli almeno un paio di volte.

Mi hanno fatto sedere agli ultimi cinque posti, in mezzo. Vedo tutto, chi canta l'inno, chi beve, chi bestemmia. Accanto ho il gallo e Bernardeschi. Nei sedili davanti c'è Gigio e Chiesa.

"Ragazzi non rompetemi la figlia, ci tengo ad avercela ancora" dice mio padre al microfono.

"Come siamo dolci" dico in un momento di completo silenzio. Tutti scoppiano a ridere.

"Che tu ci creda o meno ho un cuore. Comunque, stasera avete giocato molto bene. Complimenti ragazzi. Vi voglio così per le prossime partite, ci conto. Quindi rimanete concentrati." mormora poi "Ah e trovate un posto da dormire per mia figlia, grazie" 

Si scatena il casino più totale.

"Ma io questo quando l'ho chiesto?" chiedo a Bernardeschi, l'unico che non si faceva avanti per ospitarmi.

"Ragazzi se non lo fate civilmente deciderò io." mormora mio papà "Fate scegliere a lei!" dice tornando a sedersi.

Tutti si ammutoliscono.

"Io non so, per rispetto delle fidanzate vado con chi è single... sempre se qualcuno lo è."

"Vai da Chiesa, no?" propone Bernardeschi.

"Per me va bene" dico aspettando la risposta Federico.

"A me va più che bene, credici" risponde quest'ultimo sorridendo.

Quando arriviamo, io vado in stanza a cambiarmi per mangiare qualcosa. Quando mi sono messa il vestito, sento bussare.

"Avanti" mormoro.

Entra Federico, Chiesa. 

"Ciao, mi faccio doccia veloce e poi andiamo a mangiare?" chiede.

"Va bene".

Appena esce mi guarda.

"Scusa... mi potresti alzare la cerniera?" domando voltandomi di spalle. Sposto i capelli da un lato. Le sue dita sfiorano la pelle della schiena nuda. Sento il suo respiro.

"Sei bellissima" sussurra vicino al mio orecchio.

Mi volto e sorrido. Mi metto i tacchi e quando anche lui si è vestito, scendiamo.

"Non sarà troppo... vero?" chiedo quando siamo in ascensore.

"Ti senti bella?"

"Sì, mi sento una principessa in questo vestito... lo adoro."

"E allora niente è sbagliato se ti fa stare bene. E sei la mia principessa."

Roteo gli occhi al cielo e sorrido.

"Occhio, non farti sgamare da mio padre" mormoro quando le porte dell'ascensore si aprono.

"Per cosa?" chiede confuso.

Indico con lo sguardo verso il cavallo dei pantaloni il rigonfiamento evidente e scoppio a ridere andando verso il tavolo.

"Figliola quanto sei bella..." mormora mio papà appena mi vede. 

"Grazie Pà" lo abbraccio.

Tutti mi fanno complimenti.

Mangiamo, ho vicino Gigio e Leonardo Spinazzola che alla sua destra ha Ciro che ha accanto Federico Chiesa.

Mio papà si alza in piedi.

"Un attimo di attenzione" prende il bicchiere con dentro il vino bianco "Forse in pochi lo sapranno ma la mia bambina tre ore faceva ventidue anni" dice.

Mi metto le mani in faccia per coprire il rossore in viso. Mio padre era imbarazzante durante questi discorsi.

"Bambina... non più ormai. Quindi... niente, fatele gli auguri."

Poi si sente solo un casino. Mi urlano tutti 'Auguri' a gran voce, quasi come quando cantano l'inno in campo.

Gigio e Leo mi sentono e si mettono entrambi a ridere.

"Vi invito a venire sul retro." mormora mio padre. Entriamo in una stanza. Accendono le luci e c'è un'enorme torta, a cinque piani. Tanti palloncini in aria, tutto a tema oro e nero: i miei colori preferiti.

Vado subito ad abbracciare mio papà che sorride e si mette a parlare con Ciro del fatto che il giocatore vorrebbe una festa simile.

Prendo lo spumante e mi tengo pronta a stappare.

"TRE! DUE! UNO!" esclamano in coro. Stappo la bottiglia e tutti urlano.

"E' più per la vittoria che i miei ventidue anni." tutti si mettono a ridere dopo questa mia frase. Prendono una fetta della torta e un bicchiere di spumante.

"Auguri bambina mia" dice mio papà venendomi ad abbracciare.

"Auguri Piccoletta" mormora Gigio

"TANTI AUGURI A TEEEEE, TANTI AUGURI A TEEEE, TANTI AUGURI A NORAA, TANTI AUGURI A TEEE" cantano mentre io scolo il bicchiere di spumante.

"Grazie a tutti" rido.

"Oh guarda che io e Ciro abbiamo segnato solo per te eh" ammonisce Lorenzo.

"Lo so, e ci mancherebbe" sorrido.

*

"Io direi che è ora di andare in stanza" commento non reggendomi in piedi dalla stanchezza. Mi tolgo i tacchi. Sono le tre e mezza.

"Fede io vado in stanza, tieni la chiave se vuoi trattenerti qui..."

"No adesso arrivo, sono stanco anche io."

"Raga io vado, sono morta" dico ad alta voce.

"Pure io" dice Federico.

"Va bene, buona notte" rispondono.

"Nora, letti separati" mi guarda negli occhi mio padre.

"Sì Pà, tranquillo" ridacchio ed esco dalla stanza. Attraversiamo tutta la hall e finalmente arriviamo in ascensore.

Il limite non è il cielo ma l'allenatore | Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora