12. 𝑄𝑢𝑖𝑒𝑡𝑒

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Everything is bright now, no more cloudy daysEven when the storms come, in the eye we'll stay♔ ♔ ♔

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Everything is bright now, no more cloudy days
Even when the storms come, in the eye we'll stay
♔ ♔ ♔

Era stato un fine settimana di pura ansia per Mía.
Tre giorni di totale angoscia, di continue domande, di rimproveri, di rimpianti e di morbosa attesa da quando, quasi per gioco, si era accorta di un non indifferente dettaglio che avrebbe cambiato il suo umore fino a che la questione si fosse risolta, possibilmente a lieto fine.

Uno degli oggetti a lei più cari era completamente sparito per una sua dimenticanza, finito chissà dove.
Erano tanti i potenziali luoghi in cui aveva ipotizzato che potesse trovarsi il suo adorato quaderno, ma l'ufficio del professor Evans aveva fra tutti maggior probabilità di essere quello giusto.

Era l'unico luogo nel quale, quel venerdì passato, sia per la fretta di correre via, sia per la sua testa continuamente fra le nuvole, non aveva prestato adeguatamente attenzione alle sue azioni.

Perchè lei era così: più cercava di apparire responsabile e seria, più si rivelava un fallimento, ed era sicura che ormai, il professore avesse capito molto bene con chi aveva a che fare.

In tal caso, non avrebbe potuto biasimarlo.

Lui le cedeva tutta la sua fiducia e lei continuava a ripagarlo in questo modo, restando sui suoi passi da ragazzina sbadata e incosciente, al punto da scordarsi il blocco dei disegni da cui non si separava mai nel suo ufficio.

Un comportamento che avrebbe fatto spazientire chiunque, sicuramente lui compreso, e se avesse deciso di ammonirla per un gesto simile, Mía non avrebbe battuto ciglio.

Anzi, gli avrebbe dato ragione. Dopotutto, era innegabile che fosse tutta colpa sua.

Perciò era pronta ad accettare tutto, fu ciò di cui cercò di convincersi per l'intero weekend, e qualsiasi cosa sarebbe successa, lei sarebbe stata capace di reagire adeguatamente. Sempre se la sua tipica imbranataggine non si fosse intromessa ancora, compromettendo la sua reputazione.

Così, nella speranza che ogni cosa si risolvesse e che il destino non avesse in serbo per lei l'ennesimo scherzo, prese un bel respiro e uscì dall'auto, cominciando a camminare in direzione del grande edificio situato al lato dell'Accademia.
Molti ragazzi si apprestavano già a raggiungere le loro aule, comparendo da qualsiasi parte per affrettarsi a salire gli scalini che li avrebbero condotti all'atrio fra risate e chiacchiere, di un'aria completamente diversa da quella della ragazza bionda.

Con la borsa sul braccio e la mano sinistra fra i capelli, a portarseli dietro l'orecchio, Mía si stava lasciando alle spalle il parcheggio, stringendosi nel suo cappotto beige intanto che le sue Converse nere calpestavano l'asfalto in movimenti rapidi e frettolosi, dettati dall'impazienza che le stava occupando il cuore fin da quella mattina, al suono della sveglia che le aveva fatto aprire gli occhi controvoglia.

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