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POV'S VICTOR ILIN

"Buongiorno cari amici di New York! Oggi è una splendida giornata per andare al mare e godersi gli ultimi raggi di sole a disposizione prima che arrivi l'inverno! Tu Patrick andrai al mar..." spengo la radiosveglia con un gesto stizzito della mano prima di sbadigliare sonoramente. Guardo il soffitto per qualche minuto mentre mi ricordo che oggi conoscerò il nuovo capo del luogo in cui lavoro, da ben cinque anni, ed è stato assunto dopo la scomparsa di colui che mi aveva fatto sentire come parte di una famiglia. Qualche lacrima scende silenziosa lungo la guancia per poi scorrere sulla gola e bagnare la maglietta. Faccio un lungo respiro per poi alzarmi e andare in bagno a fare una doccia liberando la mente da pensieri tristi e che potrebbero rovinare la mia giornata. Indosso una maglietta bianca, che mette in risalto i miei occhi grigio-bluastri, con sopra una giacca di pelle nera e un jeans anch'esso nero. Mi sistemo i capelli che sono di un color nero come la pece che tengo tagliati corti ai lati e poco lunghi nella parte superiore. Faccio un altro lungo sospiro prima di uscire dal mio piccolo appartamento che si trova nella parte più trafficata della città "Perchè non potevo scegliere di andare a vivere in Alaska? Lì si stava molto meglio" borbotto mentre evito di essere investito. Scendo nella metropolitana e vengo avvolto dall'odore disgustoso di urina e del metallo dei binari. Evito di scontrarmi con alcune persone che vanno di fretta e mi sistemo davanti alla biglietteria. Il vento generato dal movimento dei treni mi smuove i capelli che ormai sono in condizioni pietose a causa dell'umidità di questa orribile città perciò evito di sistemarli di nuovo e mi concentro sugli orari di quando dovrebbe arrivare quello su cui devo salire. Mentre leggo lo schermo ho la sensazione che qualcuno mi stia guardando perciò abbasso lo sguardo e davanti a me noto un ragazzo che mi sta osservando con un lieve sorriso tra le labbra rosse come il fuoco. Ha i capelli nerissimi come la cenere che gli cadono su due bellissimi occhi ambrati. Mi concentro nuovamente sullo schermo e noto che arriva tra due minuti perciò mi avvio verso la linea gialla e aspetto pazientemente anche se continuo ad avere questa sensazione odiosa di essere osservato. Sospiro irritato mentre con la coda dell'occhio intravedo sempre lui che si sta avvicinando a me. Si ferma esattamente alla mia destra e mi rendo conto di quanto sembri più alto e muscoloso ora che si trova al mio fianco. Una notifica sul cellulare mi distrae dall'osservarlo come se fosse uno degli Dei dell'Olimpo. Guardo lo schermo e vedo che è uno dei miei colleghi nonché migliore amico "Dove sei? Il tuo caffè macchiato si sta raffreddando". Sorrido come uno scemo immaginando lui che tiene in mano il bicchiere bollente e che si lamenta come fa ogni volta quando arrivo in ritardo "Sono sul treno. Arrivo tra dieci minuti" gli rispondo mentre mi siedo su un sedile accanto alla finestra "Okay. Muoviti" continua lui e rimango confuso. Secondo lui posso far accelerare il treno? Che tipo. Sistemo il cellulare in tasca e guardo il buio della galleria e ogni tanto vengo accecato dalle luci appese al soffitto che compaiono ad intermittenza. Faccio un lungo respiro prima di alzarmi perchè devo scendere alla prossima fermata e noto che anche il solito ragazzo si alza e continua a studiarmi con uno sguardo che inizia ad irritarmi. Appena le porte si aprono mi precipito fuori e accelero il passo per raggiungere il mio collega che sorride "Eccoti! Non arrivavi più" mi dice lui osservandomi attraverso i suoi occhiali da sole che indosserebbe anche quando piove "Andiamocene. C'è un tizio che mi mette ansia" bisbiglio prima di bere un sorso del mio caffè ormai freddo. Tobio mi guarda per qualche secondo prima di annuire e avviarsi verso le scalinate che portano sulla strada. Velocemente attraversiamo la strada senza dire una parola per tutto il tragitto fino a quando non raggiungiamo l'immenso ingresso dell'albergo in cui lavoriamo, il Four Seasons Hotel New York Downtown. È tra uno dei più costosi e lussuosi hotel di New York e noi siamo entrambi dei receptionist, ovvero coloro che accolgono i clienti all'ingresso. Salutiamo Ronald, il collega che ha lavorato nel turno di notte, per poi entrare nello spogliatoio per indossare l'uniforme ovvero un semplice ma costosissimo smoking nero con i bottoni dorati "Sicuro che stesse seguendo proprio te?" continua a chiedermi Tobio mentre indossiamo dei guanti bianchi per non sporcare i bagagli dei clienti. Annuisco energeticamente mentre finisco il mio caffè. Osservo attentamente il viso concentrato del mio unico amico che conosco da moltissimo tempo; le lunghe sopracciglia sono aggrottate facendo comparire una piccola ruga al centro della fronte coperta lievemente da un ciuffo biondo, le sue lunghe dita sono appoggiate al mento spigoloso ricoperto da un sottile strato di barba appena visibile sulla sua pelle chiara, dei sottili e allungati occhi grigi che scrutano il nulla per poi veder comparire un sorriso tranquillo "Sarà stato qualcuno che ci provava con te ma che tu hai scambiato per molestatore seriale" mi dice scoppiando a ridere. Fingo di essere offeso prima di sghignazzare senza accorgermi di qualcuno che è entrato "Buongiorno" dice una voce fredda e autoritaria che mi fa venire i brividi. Sollevo lo sguardo ritrovandomi il ragazzo che ho visto alla metro e il sangue mi si gela nelle vene "B-buongiorno! H-ha prenotato una camera?" chiedo dopo aver fatto un lieve inchino, come da regolamento. Il suo sguardo gelido si ammorbidisce per un attimo prima di ritornare come prima "Sono il nuovo manager. Pensavo che voi sapeste del mio arrivo" risponde lui con un tono lievemente irritato. Sento rimbombare il rumore dei tacchi a spillo ma vengo distratto dall'arrivo di alcuni clienti. "Buongiorno Sergey Kim! Avete trovato bene la nostra posizione?" dice una voce squillante. È Jennifer Luson, la segretaria del capo, ma smetto di ascoltare perchè devo concentrarmi sul lavoro. "Passate una buona giornata" dico sorridendo nel migliore dei modi nonostante senta il suo sguardo che segue ogni mio movimento "Ti sta guardando" conferma Tobio accennando un lieve sorriso "Fai silenzio! Dopo devo dirti una cosa" continuo mentre pongo delle chiavi ad altri clienti. La giornata si attiva appena vedo il signor Kim che lascia la Hall per poter dirigersi nel suo ufficio. Faccio un sospiro di sollievo ma sento una pacca di Tobio che mi spaventa "Allora? Che ti è successo. Da quando è arrivato non hai mai smesso di arrossire come un peperone." mi fa notare lui sorridendo divertito dalla mia espressione scioccata "È lui. Il ragazzo da cui scappavo..." parlo così piano che temo non mi abbia sentito ma mi guarda con gli occhi sgranati "Davvero?! Oddio! Forse già sapeva chi eri perchè...beh perchè è il nostro capo e si sarà informato!" ipotizza pensieroso prima di prendere le valigie di due signori anziani che mi sorridono gentili "Passate una buona giornata" dico ponendo loro le chiavi della camera. Rimango fisso sul posto e guardo il vuoto senza alcun pensiero in mente, credo di non essermi reso conto del tempo che passava fino a quando non arrivano due email. Sposto lo sguardo sul computer per inserire due nuove prenotazioni appena ricevute ma dal riflesso dello schermo intravedo la figura del Signor Kim, comunque decido di rimanere nella mia posizione fino a quando non percepisco il suo odore di dopobarba che sa di coriandolo speziato. Sento che si schiarisce la gola un paio di volte prima di avvicinarsi a me "Buongiorno Signor Kim. I-io mi scuso per quello che è successo prima ma non ero stato messo al corrente dell'orario in cui lei sarebbe arrivata." dico a disagio inchinandomi profondamente "Non importa. Volevo farti una domanda" continua lui ignorando le mie scuse perciò mi raddrizzo e l'osservo in attesa del suo quesito. Rimaniamo in silenzio per qualche minuto e nel frattempo esamino il modo in cui è vestito, ovvero uno smoking color kaki molto chiaro tendente al bianco e un paio di scarpe Oxford. "Buongiorno" sento dire da un uomo in compagnia di sua moglie perciò distolgo lo sguardo dal capo e rivolgo la mia attenzione verso i clienti "Passate una buona giornata" ripeto per la millesima volta mentre pongo le chiavi. Mi giro verso il Signor Kim e mi accorgo che si è messo a sedere accanto a me "Qual era la domanda che voleva pormi signore? Sono abbastanza impegnato" dico stizzito pentendomene subito perchè mi fulmina con lo sguardo "S-scusi" dico arrossendo. Senza sapere cosa fare ascolto il rumore del ticchettio dell'orologio a pendolo che si trova vicino ai divanetti nella sala d'attesa. "Ci siamo mai visti prima di oggi?" mi chiede così velocemente che credo di essermelo immaginato ma vedo che mi sta scrutando "N-non credo, signore" rispondo mentre sorrido a dei clienti che stanno uscendo. Sento che sospira ma non dice niente mentre si alza e va via dopo avermi osservato un'ultima volta. Appena svoltato l'angolo le gambe mi cedono per l'imbarazzo e sono costretto a sedermi nello sgabello. "Uff quei vecchietti mi hanno spremuto fino all'osso da quanto erano esigenti" dice Tobio dopo essere ritornato ma appena mi guarda si incupisce come se avesse visto non so cosa "Tutto bene?" mi chiede serio ma sorrido "Tranquillo. Ritorniamo al lavoro." rispondo battendogli una pacca sulla spalla. 

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