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POV'S VICTOR ILIN

Durante il pranzo Sergey ha avuto un atteggiamento molto ambiguo nei miei confronti ma dopo un po' si è calmato e ha iniziato a parlarmi tranquillamente. "Beh ti piace il posto?" mi chiede sorridendo "Certo! Non avrei mai immaginato di mangiare in questo bellissimo ristorante! Quando sono arrivato in questa città volevo venire qui almeno una volta ma era sempre pieno poi mi era giunta voce che avesse chiuso definitivamente. E invece continua ad esser aperto dopo tutti questi decenni. Ti ringrazio di avermi portato in questo paradiso" gli dico sorridendo felicissimo senza provare alcun imbarazzo davanti al mio capo. Continuiamo a parlare dei nostri hobby e di cosa facciamo durante la giornata al di fuori del lavoro e ho scoperto che Sergey frequenta la mia stessa palestra da circa una settimana e io non me ne sono mai accorto. Il pranzo prosegue tranquillo e senza rendermene conto mi sono piegato sul tavolo avvicinandomi impercettibilmente con il viso verso di lui perciò arrossisco e ritorno con la schiena sullo schienale maledicendomi dentro. Finiamo di mangiare e mi accorgo che sono un quarto alle quattro ed il tempo è passato molto veloce da quanto mi sono trovato bene. Vedo che si alza perciò faccio lo stesso anche io e inizio ad indossare la giacca ma dopo nemmeno cinque minuti Sergey viene avvicinato da un signore molto anziano il quale lo guarda spaventato e gli chiede qualche cosa che non riesco a sentire. Sergey fa un'espressione scioccata come se avesse riconosciuto il signore e si allontana dal tavolo dirigendosi verso la cassa. Sorrido gentilmente sotto lo sguardo sbarrato dell'anziano "Stai attento. Stai giocando con il Diavolo!" mi dice con la sua voce roca e con un tono così basso che credo di aver capito male l'ultima parola. Diavolo? Che cosa voleva dire? Mi giro verso Sergey che sta per uscire perciò lo seguo con passo spedito. Noto che all'uscita si trova una parete dallo spessore sottile e su di essa sono appese molte foto ingiallite dal tempo e una lastra di metallo con su scritto un anno, 1851. Una in particolare attira la mia attenzione anche per la bellezza della donna che sta ballando con indosso un vestito fiorito dall'aspetto molto stretto lungo il petto e che si allarga ai fianchi e scende leggero lungo le gambe affusolate. Una lunga chioma bionda le copre in parte il viso che mi sembra essere bellissimo dai lineamenti morbidi. Intorno a lei ci sono i tavoli del ristorante ma sono disposti in modo diverso rispetto ad ora. In piedi c'è un signore che sorride amorevolmente e accanto a lui, seduto con lo sguardo acceso dalla felicità, c'è un ragazzo dai capelli neri schiacciati indietro e un bellissimo sorriso gli illumina il viso dai lineamenti duri. Osservandolo meglio riesco a capire dove avevo già visto quel viso. Sergey. Noto che si è fermato e mi sta guardando con un'espressione interrogativa "C-cosa significa?" gli chiedo senza riuscire a produrre più di un leggero borbottio. Quando mi raggiunge e osserva la foto vedo che si irrigidisce "S-sei tu?" continuo appoggiando leggermente il dito sul pezzo di carta ruvida e che potrebbe sbriciolarsi al solo sguardo. Sento che mi chiede qualche cosa ma non sento nulla tranne un brusio lontano. Mi giro verso di lui con un'espressione piena di terrore e, senza rendermene conto, appoggio una mano sul suo petto prima di uscire e correre via. Corro così tanto che ad un certo punto sono costretto a fermarmi perchè non so dove mi trovo. Le lacrime mi scendono lungo le guance ma non so distinguerle dalla pioggia che cade violentemente sulla giacca la quale dopo poco è completamente bagnata. Con la vista offuscata prendo il cellulare e compongo il numero di Tobio il quale mi risponde subito "V-vieni a prendermi? N-non so d-dove sono...ti prego" gli chiedo balbettando a causa del freddo e della paura che sto provando. Fortunatamente riesce a trovarmi dopo una decina di minuti quando ormai ero in piena crisi a causa di quello che mi sta passando per la testa. Sergey è un mostro centenario e chissà cos'altro mi ha nascosto. Magari ha anche ucciso qualcuno! Appena ritorniamo a casa mi fiondo in camera mia e chiudo la porta a chiave perchè voglio rimanere solo finché non mi sarò calmato e questa sensazione di puro terrore non se ne sarà andato. Mi butto sul letto e guardo il soffitto con la vista offuscata dalle lacrime che scorrono lentamente lungo le guance "Cosa diavolo è successo?" mi chiedo con la voce che trema prima di scoppiare in un pianto disperato. Verso l'ora di cena sento qualcuno che bussa alla porta "Sono Tobio. Posso entrare?" mi chiede quando ormai è entrato con in mano un vassoio su cui sono poggiati dei piatti i quali emanano un profumino delizioso facendomi brontolare lo stomaco. Rimaniamo in silenzio mentre mangio e sento il suo sguardo indagatore che osserva ogni mio movimento "Posso sapere che cosa ti ha fatto? Se ti ha ferito...giuro che lo uccido" dice stringendo i pugni come se uno della sua stazza potesse battere uno come Sergey. Non so il perchè ma scoppio a ridere facendolo rimanere sorpreso e preoccupato allo stesso tempo. Mi guarda con un sopracciglio sollevato senza sapere cosa dire perciò appena finisco di mangiare bevo un bicchiere d'acqua e faccio un lungo sospiro. Lo osservo indeciso se raccontargli tutto o inventarmi qualche scusa stupida "Niente. Mi ha detto che non prova nulla per me". Mi guarda con un'espressione prima sorpresa, poi arrabbiata e infine si trasforma in piena tristezza infatti mi abbraccia forte come se ne avessi bisogno. Ma ho bisogno di una cosa sola, risposte. Dopo aver parlato dell'altro gli chiedo se può andare a prendere i miei vestiti che ho lasciato a casa di Sergey anche se avevo pensato di lasciarli lì pur di non sapere più nulla riguardo a lui e a tutto ciò che lo riguarda. Dopo l'accaduto ho deciso, grazie anche all'aiuto di Tobio, di cercare in parte di dimenticare ciò che è successo senza però rimuovere i sentimenti che provo per Sergey i quali sono stati chiusi in un cassetto del mio cuore. Sono passate ormai quasi tre settimane da quel giorno e stranamente non ho più visto né Sergey né suo fratello Leon il quale mi aveva scritto solo un paio di messaggi chiedendomi di ritornare ma l'ho ignorato, mi ha fatto molto male perdere un amico come lui ma non posso permettermi di continuare ad avere rapporti con il fratello di colui che più mi ha ferito. Sospiro pesantemente prima di superare l'ingresso dell'albergo che sta iniziando a diventare un ambiente pesante "Non ne posso più di stare qui" borbotto irritato mentre dei clienti mi passano delle valigie dall'aspetto molto pesante ma Tobio si offre di portarle lui al posto mio "C'è qualcuno che vuole parlarti. Nello spogliatoio" mi sussurra facendo un cenno col capo. Con lo sguardo gli chiedo chi possa essere ma mi ignora completamente e segue i clienti ai piani superiori. Mi precipito dietro l'ufficio dei receptionist e trovo una figura imponente in mezzo alla stanza che poi riesco ad identificare come Leon. Mi guarda in silenzio mentre sistemo le mie cose nel mio armadietto "Cosa ci fai qui?" gli chiedo senza guardarlo perchè mi sembra di star parlando con Sergey "I-io mi dispiace che tu sia venuto a saperlo in quella maniera. Non pensavamo nessuno dei due che quel vecchio avrebbe tenuto quelle maledette foto appese per tutto il ristorante. Ti prego. Ritorna. Mi manchi ma più che altro manchi a mio fratello. Non sarei qui se non fosse importante. Sergey sta male, molto male. Non so cosa sia ma ha costantemente la febbre a quaranta. Ha perso tre chili...non so che fare. Aiutami" mi dice passandosi una mano sul viso stanco. Poso lo sguardo su di lui e mi rendo conto che è veramente stremato dalla situazione "Sta veramente male? O usi questa scusa solo perchè vuoi che torni da lui" gli chiedo schioccando la lingua contro il palato producendo un rumore secco "Mentirei mai su queste cose soprattutto se c'è di mezzo mio fratello?" mi chiede a sua volta con un'espressione adirata che gli forma una piega al centro della fronte. Scuoto la testa e abbasso lo sguardo sulla camicia che ho tra le mani "Va bene. Verrò con te" sussurro così piano che temo non mi abbia sentito ma lo vedo sorridere lievemente prima di prendere la sua giacca e porgermela "Mi sembri vestito in modo troppo leggero. Non voglio che ti ammali pure tu" continua lui per poi uscire dallo spogliatoio lasciandomi solo in preda ai miei pensieri troppo confusi. Appena esco dall'ufficio vengo raggiunto da Tobio che mi guarda con un'espressione interrogativa "Devi andare?" mi chiede avendo già capito tutto. Annuisco in silenzio senza riuscire a distogliere lo sguardo da Leon che è irrequieto sulla porta d'ingresso e sobbalza ogni volta passa un nostro cliente come se fosse spaventato. "Fammi sapere se torni per cena" continua lui senza ricevere una mia risposta ma annuisco nuovamente prima di raggiungere il moro che sembra calmarsi appena mi vede. Scendiamo nel parcheggio sotterraneo e ho un senso di déjà-vu perchè la macchina è la stessa di quella di Sergey "Tutto okay? Sei silenzioso" mi chiede durante il tragitto lavoro-casa "Sì. È solo che non so cosa dirgli...mi sono comportato in modo orrendo sparendo dalla sua vita senza avergli dato il tempo di spiegare. Mi sento in colpa." dico arrossendo sotto il suo sguardo sorpreso prima di scoppiare a ridere spaventandomi. Ride per ben tre minuti senza riprendere fiato prima di guardarmi di nuovo e sorridere "Veramente ti preoccupi per il tuo comportamento nei confronti di mio fratello e non sei per niente preoccupato per quello che hai scoperto?" mi chiede scuotendo la testa rassegnato. Arrossisco nuovamente ma Leon ha ragione. Non so precisamente cosa ho scoperto, anche perchè la mente mi sta impedendo di ragionare in modo sensato, ma c'è qualche cosa di strano in tutto ciò. Arriviamo a casa dopo una decina di minuti e riconosco l'odore di Sergey che mi invade completamente appena varco la soglia della porta. "Credo stia dormendo. Non fa altro da giorni" dice Leon mentre si dirige in cucina. Lo seguo e noto che ci sono piatti pieni di cibo non mangiato, bicchieri contenenti liquidi dal colore ambiguo ma la cosa che più mi colpisce è il forte odore di rum. Faccio una smorfia disgustato e Leon se ne accorge "Scusa ma non so pulire...ho cercato di fare del mio meglio. Ho anche chiamato una donna delle pulizie ma quando ha visto in che condizioni è casa nostra se n'è andata subito. Sono veramente un uomo inutile" borbotta rattristato passandosi una mano tra i capelli completamente spettinati "Non dire così. Dopo ti aiuterò a pulire. Prima però voglio vedere Sergey" dico ansioso di vedere quel bellissimo viso. Annuisce pensieroso e, con in mano un bicchiere contenente rum, mi accompagna in camera di Sergey e vengo invaso da ricordi troppo dolorosi da sopportare. Noto che Sergey mi sta guardando ma è uno sguardo spento come se non si rendesse conto di cosa gli sta succedendo. Mi siedo sulla sedia della scrivania e continuo ad osservare il suo viso che è diventato più asciutto. "Come sta?" gli chiedo già sapendo la risposta "Non bene. Se continua così dovrò portarlo all'ospedale per capire cos'ha" mi risponde Leon il quale sta appoggiando sulla fronte di Sergey uno straccio bagnato per cercare in qualche modo di fargli abbassare la febbre. "Possiamo parlare? Te lo vorrebbe dire lui stesso ma in queste condizioni non può" mi chiede Leon dopo circa un'oretta che siamo rimasti in silenzio ad ascoltare il respiro profondo del mio capo "Sì. Possiamo rimanere qui?" chiedo a mia volta con la paura che se dovessi lasciare la stanza, Sergey potrebbe sparire per sempre. Annuisce in silenzio e mi si avvicina con un'altra sedia "Riguarda quello che è successo tre settimane fa. Vedi, Sergey è nato agli inizi dell'Ottocento in Russia, la città non me la ricordo. Praticamente mio fratello e nostra madre sono venuti qui a New York nel 1830 per motivi di lavoro. So che ti sembrerà assurdo quasi impossibile da credere ma...io e Sergey siamo...come te lo posso dire senza farti scoppiare a ridere?" mi chiede con una mano sotto al mento come se stesse veramente riflettendo "Non ci sono modi diversi per descrivere quello che voglio spiegare. Immortali. Ecco, l'ho detto. Una creatura ci ha resi ciò che siamo quando entrambi avevamo ventisei anni. Non so il perchè abbia scelto noi due ma ormai è così e non possiamo farci nulla. Sicuramente non posso obbligarti a credermi perchè mi è impedito possedere queste capacità perciò sei libero di fare le tue scelte. Io mi faccio da parte e accetterò qualsiasi cosa tu sceglierai di fare". 

I'm ImmortalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora