24. I miei ricordi, i miei assassini

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Spazio autrice
Il punto contrassegnato da un asterisco (*) sta ad indicare la presenza di un flashback. Detto questo, buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate con una stellina o un commento, è importante per me ❤


Dylan

La osservo da qualche centimetro di distanza con i piedi piantati a terra, le braccia lungo i fianchi e le mani strette in un due pugni. Il petto si alza e si abbassa regolarmente, ma presto la bocca si asciuga, lasciandomi con la lingua impastata e le labbra secche.

Stai respirando con la bocca, Dylan, perchè questo posto ti fa ancora paura e la paura ti sta divorando vivo.

Cerco di non prestare attenzione alla mia vocina in testa che mi sussurra alle orecchie di andarmene da lì. Ma la sua voce rimane solo un lontano eco che viene presto sovrastato dai battiti dell'organo pulsante al centro del petto.

Tum.Tum.Tum. Sempre più veloce. E se qualcuno conosce un trucco per poterlo fermare, vi prego di rivelarmelo prima che mi esploda il cuore in petto.

Ai battiti accelerati si mischiano ai fischi ininterrotti delle orecchie, causati dal religioso silenzio che governa ora le mura di questo edificio. Stringo maggiormente i pugni e mi faccio coraggio per muovere un passo verso di lei. I muscoli sembrano aver ripreso la capacità di muoversi.

Una volta lì davanti, la osservo in tutta la sua grandezza tanto che per un momento penso che mi stia guardando dall'alto verso il basso.

Nonostante sia illuminata solamente dalla lontana luce proveniente dalla cucina, conosco ancora alla perfezione i decori incisi sulla sua superficie legnosa che mio padre stesso aveva scelto.

Un bel respiro prima di posare la mano sul pomello, mezzo giro dettato dal polso, uno scatto. Aperta.

Eccoci di nuovo qui, solo noi due stavolta.

Per quanto avrei voluto la tua compagnia, Bianca, questo è un problema che devo affrontare da solo. Tu mi hai dato il coraggio per aprirla, ma è da solo che devo sconfiggere la paura.

Faccio scivolare la mano sul centro della porta e delicatamente la spingo, lasciando che la gravità faccia il lavoro sporco di aprirla. Un cigolio prolungato e fastidiosamente inquietante spezza il silenzio dell'intera casa, rimbombando da parete a parete e tornando più forte alle mie orecchie.

L'eco della tua mancanza, papà.

Per quanto possa essere utile, passo la lingua sulle labbra gonfie e rosse per via dei morsi che le ho dato mentre ero sulla via del ritorno. Poi un passo. Un altro. Un altro ancora. Fermo. Silenzio, di nuovo.

Le ombre degli oggetti rendono l'oscurità ancora più inquietante di quanto non lo sia già, il freddo della stanza mi fa accapponare la pelle dalla punta dei piedi fino alla radice dei capelli. Tremo, ma tengo i pugni stretti, come ad appendermi ad una roccia immaginaria.

Il braccio sinistro si leva in aria e si schianta contro la parete vicina, tastandone la superficie liscia. Le dita inciampano sull'interruttore prima di stringere tra l'indice e il pollice il pezzo di plastica sporgente. Un click e le luci calde impiegano meno di un secondo ad illuminare la stanza.

Ci siamo, non puoi più tornare indietro Dylan. Hai fatto la tua scelta.

Osservo il pianoforte lontano da me qualche metro, poi i miei occhi si spostano sull'album di fotografie che volutamente ho lasciato sulla sua superficie impolverata.

Gonfio il petto di aria e dopo averla buttata fuori dalle narici come un toro infuriato, avanzo verso lo strumento musicale cercando di concentrarmi sul rumore dei miei passi e zittendo la voce della paura. Tutto diventa buio.

Tu ed io... la nostra salvezza 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora