Capitolo 16.

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Mi trascino per il vialetto che conduce all'entrata dell'istituto, con aria assonnata. Mi porto una mano alla bocca per coprire uno sbadiglio così tanto pesante che mi lascia con gli occhi lucidi e la mandibola indolenzita.

Estraggo il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans quando lo sento vibrare in avviso di un nuovo messaggio.



"Buongiorno, dove sei?"

Edith.



Stringo il telefono con una sola mano, e mentre cerco di formulare una risposta con l'altra cerco di coprire in tempo l'ennesimo sbadiglio della giornata. Invio il messaggio in cui le spiego di essere all'entrata dell'istituto, poi mi guardo intorno aguzzando la vista per cercare di scorgere la rossa chioma voluminosa della mia amica.

Non ricevendo alcuna risposta al mio messaggio ma accorgendomi che lei l'ha letto, mi appoggio con la spalla al muro in attesa del suo imminente arrivo. Sorrido quando mi rendo conto che, queste cose piccole e seppur insignificanti agli occhi degli altri, siano per me ormai una di quelle cose quotidiane a cui non vorrei più rinunciare.

Una mano dal tocco gentile e familiare si posa sulla mia spalla libera, poi due braccia mi stritolano per breve tempo da dietro, mentre il dolce profumo fruttato di Edith mi circonda. 

«Dormito bene?» Si posiziona difronte a me sorridendomi.

«Guardami», mi indico con l'indice, «ti sembra la faccia di una che ha trascorso la notte a dormire!? Bene per lo più?»concludo facendo una smorfia di disappunto.

«Non proprio.» Accenna un sorriso divertito, poi mettendomi una braccio sulle spalle esulta con un «Ragazza mia, ti ci vuole proprio un bel caffè», e mi trascina all'interno dell'istituto, diretta alle macchinette.

«Paghi tu stavolta!» dico in modo scherzoso sorridendole e lasciandomi trascinare dal suo entusiasmo, che, come ogni volta, ce l'ha vinta contro le mie lune storte. E non so come ringraziarla per ciò che, inconsapevolmente, fa per me.

«Per lei questo e altro, signorina luna storta», e mi sorride contagiando anche me, mente continuiamo a camminare l'una affianco all'altra per il corridoio ancora deserto dell'istituto.

Dopo aver fatto colazione con Edith mi sono diretta verso l'aula di letteratura inglese, con una strana calma addosso, come se la stanchezza e la poca voglia di produrre qualcosa nell'arco della giornata di poco fa, si fosse dissolta nel nulla, lasciandomi con una piacevole sensazione addosso. Letteratura inglese, come materia, mi ha sempre ispirata. Mi è entrata dentro fin dalla prima volta che sentii la mia vecchia professoressa di Londra introdurre il programma.

Entro in classe e mi dirigo verso il mio abituale posto. Mi lascio andare sulla sedia posizionandomi al banco affianco alla finestra in prima fila.

Estraggo il quaderno degli appunti e il libro, poi mi poggio con la testa sul banco godendomi degli ultimi momenti di silenzio prima dell'arrivo della professoressa e di tutti i frequentanti del suo corso.

E proprio mentre stavo per rilassarmi del tutto sento la campanella  che segna l'inizio delle lezioni suonare. Il tonfo proveniente alla mia destra è la prova che gli altri hanno iniziato a prendere posto nei vari banchi. Do poco peso a chiunque si sia seduto affianco a me, stropicciandomi con una mano l'occhio che ha improvvisamente preso a prudermi, mentre con l'altra apro il quaderno per trovare una pagina in bianco su cui prendere appunti. Indirizzo tutta la mia attenzione sulla professoressa che è appena entrata in aula.

Dammi un bacioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora