Capitolo 19.

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«Bè... non vieni!?»

Ed è come se il sangue mi si fosse congelato nelle vene e avesse bloccato il suo naturale percorso, come se il respiro avesse lasciato il mio corpo per un viaggio di sola andata.



Cammino lentamente verso di lui, con lo sguardo basso e le guance che mi bruciano dall'imbarazzo. Pizzico tra i denti il labbro inferiore per impedire al sorriso, che cerca di spuntarmi sul volto, di averla franca. Arrivo di fronte a lui e alzo lentamente lo sguardo, lo trovo a fissarmi intensamente con un'anonima nota dolce a caratterizzargli i lineamenti del volto, quasi fosse intenerito dalla scena che gli si pone davanti agli occhi.

Sento lo stomaco sotto sopra e il cuore battere come se fosse in preda ad una furia ceca, come se volesse emulare le onde del mare che violente collidono contro la sabbia.

Si possono cancellare le cicatrici sul cuore come le onde cancellano le scritte sulla spiaggia?

Mi porge lentamente il casco facendomi un mezzo sorriso per poi salire sulla moto, aspettando che lo faccia anch'io. Mi aggrappo alle sue spalle dopo aver indossato il casco, poi con uno slancio mi isso sulla moto. Intreccio lentamente le mani sul suo ventre, e mentre il rombo della moto inizia a spezzare il silenzio circostante, poggio la testa sulla sua schiena osservando la strada che inizia a scorrere davanti ai miei occhi.

Percorriamo velocemente le viuzze di Boston, mentre molteplici brividi si impadroniscono del mio corpo, e vorrei tanto che a procurarli sia solo il freddo, ci spererei quasi. Ma allo stesso tempo, contro ogni senso logico, contro tutto ciò in cui ho sempre creduto, so che quei brividi solo per il freddo in realtà non lo sono. Mi mordo il labbro da sotto il casco, per camuffare quel lieve sorriso che combatte per comparire sul mio viso, perdendo una battaglia ancor prima di iniziare e farla; il sorriso serpeggia fiero sul mio viso. Come a volersi prendere beffa del mio orgoglio e di tutto ciò di cui mi sono convinta finora, creando un muro di solidi mattoni attorno a me. 

Ferma la moto d'avanti al casale in cui mi portò giorni fa, una scarica elettrica pizzica il mio corpo dalla testa ai piedi al ricordo del suo corpo schiacciato sul mio, proprio ora che sulla punta della mia lingua ho ancora il sapore delle sua bocca, che come un parassita si è impossessato delle pareti della mia bocca e delle labbra senza pietà.

Lo seguo silenziosamente dopo aver sfilato il casco, entriamo in casa, il freddo pungente abbandona il mio corpo quando Markus chiude la porta, si gira verso di me. Il suo volto illuminato dal bagliore della luna che filtra dalla finestra, i lineamenti marcati del viso mi si imprimono in mente, quasi fossero un tatuaggio invisibile. Trattengo il respiro, quando sbilancia il suo corpo verso il mio, il suo odore forte entra prepotentemente nelle mie narici, chiudo gli occhi quando avvicina il viso al mio, aspettando trepidante che le sue labbra morbide si poggino sulle mie. Suggellando un patto illogico e totalmente fuori luogo, eppure è come se le sue lebbra fossero state fatte su misura per incastrarsi con le mie. 

Stringo le mani tremanti a pungo quando il suo fiato caldo si scontra con la mia guancia poi sulle mie labbra, poi... Invece il fruscio della sua giacca di pelle spezza il silenzio seguito dal classico rumorino dell'interruttore della luce, il suo volto viene illuminato dalla luce della lampadina poco distante da noi. Con un sorriso beffardo si allontana lentamente, lasciando le mie interiora a contorcersi, sento quasi la mancanza del suo calore vicino al mio corpo.

Scuoto lentamente la testa, mentre un sorrisetto beffardo dipinge le mie labbra.

Guarda tu sto stronzo, si prende pure beffe di me!

e tu glielo lasci fare senza problema alcuno” la mia coscienza rincalca la dose facendomi sentire una totale idiota.

Era tutto calcolato. Eppure...

Dammi un bacioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora