7. 𝐵𝑎𝑐𝑘 𝑇𝑜 𝑆𝑐𝘩𝑜𝑜𝑙

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Saltai scuola per qualche giorno. Non avevo intenzione di subire tutta quella merda che mi avevano appropriato. Pensavo continuamente a Nick.. Non l'avevo salutato e non sapevo se l'avrei mai più rivisto.. Mi sentivo uno schifo. Ero piena di sensi di colpa e di vergogna, volevo solo sparire.
Ero avvolta nella mia felpa grigia, completamente distaccata dal mondo esterno. I miei genitori non avevano idea di quello che stessi passando. Avevo detto a mia madre di essere caduta e di essermi fatta male. Bugie su bugie.. Ero appoggiata alla finestra con la testa in mezzo alle ginocchia. Riuscivo ancora a sentire il suo respiro sulla mia pelle, tutti quei messaggi.. Ero bloccata nel mio mondo. Il telefono continuava a vibrare senza sosta. Probabilmente era Vic o erano i soliti messaggi pieni zeppi d'odio e insulti. Ne avevo abbastanza.
Vidi mia madre entrare in camera.
“Tesoro, io e tuo padre stiamo andando in farmacia. Tu.. Stai bene?”
“Si.” dissi quasi sussurrando.
“D'accordo.. Ci vediamo dopo allora.”
La porta si chiuse alle sue spalle e aspettai che se ne andassero. Dopo pochi minuti vidi l'auto uscire dal vialetto e scomparire nella nebbia. Sospirai e andai in bagno. Mi guardai allo specchio con gli occhi assonnati e pieni di lacrime. Sentivo che stavo scivolando nel buco nero della depressione. Di nuovo..
Afferrai delle lamette che usava mio padre per la barba e le fissai. Non riuscivo a pensare, ero solo piena di tristezza. Alzai la manica destra e guardai il braccialetto con la pietra bianca.. Esplosi a piangere. Respirai profondamente e affondai leggermente una delle lamette nella pelle. Il dolore mi annebbiò la mente e misi ad urlare per il bruciore. In qualche modo mi sentivo già meglio. Mi spuntò un sorrisetto sulle labbra e iniziai ad andare più affondo. Il dolore cresceva esponenzialmente ad ogni taglio.. Ma più cresceva e più mi sentivo bene. Il sangue mi colava per tutta la mano andando a sporcare anche il cuoio del braccialetto. Mi sentivo di nuovo al top. Pulii tutto e mi guardai allo specchio. Avevo gli occhi lucidi ma allo stesso tempo pieni di rabbia. Uscì dal bagno e scesi di sotto. Era tutto perfettamente ordinato, tipico di mia madre. Notai delle carte sparse sul tavolo. Mi avvicinai e ne afferrai alcune:

Certificato d'adozione
Nome: Emilia
Cognome: Scott
Età: 11 anni
Motivo dell'adozione: genitori morti durante un incidente stradale

Famiglia adottiva: Edward e Lily Barker.
                                                       Firma:
                                                        ℰ𝒹𝓌𝒶𝓇𝒹 ℬ𝒶𝓇𝓀𝑒𝓇
                                                        ℒ𝒾𝓁𝓎 ℬ𝒶𝓇𝓀𝑒𝓇

Erano solo dei documenti. I miei non parlavano quasi mai della mia famiglia, sapevano che era un ferita troppo profonda per me. Loro erano tutto.. Tutto.
Presi un altro foglio e lo guardai. Stavolta c'era qualcosa di diverso.. Sembrava una deposizione, o qualcosa del genere. Prestai più attenzione al contenuto di quel documento e ciò che vidi mi lasciò perplessa. All'improvviso sentii la porta aprirsi, mi allontanai velocemente dal tavolo e andai in cucina.
“Emiliaa, siamo a casa!” disse mia madre.
“Ehi, sono qui.” alzai la mano.
“Cara, cos'è quella macchia che hai sulla manica?” mi guardò.
Impallidì e cercai in tutti i modi di non farlo notare. Le ferite si erano aperte.
“Nulla nulla, è solo della marmellata. Mi è scivolata dalle mani.” dissi molto velocemente.
“Spero che fosse buona.” mi disse ridendo.
“Sisi..”
Scappai letteralmente dalla loro vista e mi chiusi in stanza. Alzai la manica e passai un dito sui tagli. Per poco non urlai dal dolore.. Facevano un male cane.
“Cazzo!” strinsi i denti.
Il telefono riprese a vibrare. Lo presi e notai moltissimi messaggi da Vic e alcuni anche da Nick. Mi sentii morire. Aprì uno dei messaggi del ragazzo e lo lessi:
Nick: Ehi.. Non so da dove cominciare.. Sono già in viaggio verso la California.. Speravo di vederti a scuola ma avrai avuto delle buone motivazioni per non andarci.. Senti, mi dispiace lasciarti. Non sai quanto. E so anche delle cose che si dicono sul tuo conto ma so che sono solo delle cazzate. La notte della festa, Walker è venuto da noi e ha iniziato a dire di averti scopato o robe del genere. Quello stronzo.. Probabilmente ti verrà dietro per qualche altro giorno ma fidati che ti lascerà in pace. Chiamami se hai bisogno di me. Ci sarò sempre..
Ci vediamo Emi❤️
I messaggi di Vic erano pressoché uguali.. Un susseguirsi di 'Ehi, tutto bene?' 'Per favore rispondi, ho bisogno di sentirti'. La mia attenzione venne catturata da un particolare messaggio.. Quello di un certo Charlie Martinez:
”Ciao, tu non mi conosci ma io conosco te. Ormai tutta la scuola ti conosce, come biasimarli. Non è la prima volta che una nuova va col capitano. Comunque, a me non interessa più di tanto. Volevo solo dirti che qualche giorno fa ti ho vista osservare il volantino del corso di poesia. Sotto sotto è un centro di riabilitazione. Usano la poesia per far aprire le persone. Probabilmente è ciò che serve a te e ti consiglio caldamente di provarci. Ci sono anche io lì in mezzo e di me puoi fidarti. Credimi.
Feci una smorfia e lanciai il telefono lontano dalla mia vista. Quel bastardo si stava divertendo a sparlare di me e tutti gli andavano dietro come cani. E ora anche questo Charlie.. Lui e il suo corso di poesia. Fanculo.
Mi gettai sul letto e chiusi gli occhi. Il silenzio dominava per tutta la casa.. Sentii i miei genitori parlare sottovoce ma non riuscivo a capire mezza parola. Ma qualcosa riuscì comunque a sentirla.. Un qualcosa che mi fece gelare il sangue.
'Siamo stati noi, Edward! Noi. Prima o poi lo scoprirà e dobbiamo essere pronti ad affrontarla.'
Sono stati loro.. A fare cosa. E chi dovevano affrontare di così tanto pericoloso.. I dubbi mi assalirono e cercai di calmarmi ma con scarsi risultati. Domani dovevo tornare a scuola ed ora c'era anche l'incognita del 'siamo stati noi'. Che casino.
Mi rannicchiai e chiusi gli occhi. Continuavo a sentire il polso pulsarmi da sotto la manica della felpa. Mi addormentai e restai lì fino alla mattina.
I raggi solari mi colpivano dritta in faccia. Mi svegliai di colpo e capì di aver dormito per un sacco di tempo. Andai in bagno e dopo pochi minuti entrai in camera. Misi una felpona nera, dei jeans neri e le scarpe. Afferrai lo zaino e scesi sotto.
“Emilia! Pronta per tornare alla normalità?” sorrise.
“Prontissima.” abbassai lo sguardo.
“Prima di andare devi assaggiare i miei biscotti all'arancia.”
Ne afferrai uno e lo mordicchiai.
“Non male.” dissi con la bocca piena.
Ne presi un altro e uscì da casa. L'ansia mi stava divorando, non sapevo dove aggrapparmi. Iniziai a camminare verso quel luogo che tanto mi faceva paura. Mi sentivo già gli sguardi addosso.. Per non parlare di tutte le risatine. Mi aspettava una valanga di merda.
Dopo qualche minuto arrivai davanti la scuola. Alzai il cappuccio della felpa per coprirmi il più possibile e presa da un improvviso coraggio entrai. Calò un silenzio imbarazzante e velocemente andai verso l'armadietto. Aprì lo sportellino e ci ficcai dentro la testa. Stavo per esplodere ma in qualche modo mi calmai. Dopo pochi istanti sentii una mano poggiarsi sulla mia schiena.
“EMI! SEI TU!”
Uscì dal mio nascondiglio e notai Vic esplodere dalla felicità. Gli occhi le brillavano come due diamanti. Si fiondò su di me e mi strinse tra le sue braccia.
“Mi mancavi..” dissi sottovoce.
“Ci sono sempre per te.. Sempre.”
“Grazie..”
Si staccò da me e mi guardò.
“Emi, in giro non si parla d'altro..”
Mi guardai intorno e notai diversi ragazzi fissarmi e ridere. Mi guardavano con disprezzo ma io non gli avevo fatto nulla..
“Ryan è proprio un bastardo..” mi disse.
“Vic, hai visto Dylan in giro? Ho bisogno di parlargli.”
“Credo che lo trovi in biblioteca. È lì la maggior parte del tempo.”
“Grazie..”
Chiusi l'armadietto e andai verso la biblioteca situata subito dopo l'ufficio del preside. Mi sparlavano tutti alle spalle ed ero sicura che Dylan mi avrebbe appoggiata. Ne ero certa. Passai dal preside e finalmente arrivai in biblioteca. Era vuota ma in un tavolo più nascosto c'era lui. Stava leggendo un fumetto e sembrava fuori dal mondo. Forse lo era ma in quel momento avevo realmente bisogno di lui. Lo raggiunsi velocemente e mi sedetti davanti al suo sguardo. Alzò gli occhi e sorrise.
“Ciao.” disse sottovoce.
“E-ehi..”
“Tutto bene? Non ti vedo da giorni.”
“È stato un periodo duro..”
“L'importante è che tu sia tornata.” sorrise.
“Ascolta Dylan.. Immagino che hai sentito ciò che si dice su di me..”
“Non mi interessa. Io so per certo che è una cazzata.”
Lo fissai per qualche secondo.
“È da quando sono arrivato che sento sempre la stessa storia. Tutti hanno creduto alla versione di Ryan.. Dio che fastidio.”
“Grazie..”
“E per cosa?”
“Per essere diverso..”
“Essere diversi è un bene.” sorrise “Non credi?”
Annuì velocemente e sospirai.
“Non ascoltare gli altri. Pensa solo a te stessa.”
Quelle parole si fecero strada nel mio cuore e lo scaldarono.
“Sai..” fece una pausa “Victoria era veramente preoccupata per te. Non faceva altro che chiedermi se ti avessi sentita. Non ho nemmeno il tuo numero.” disse ridendo.
“Possiamo sempre rimediare..” sorrisi.
“Non ti costringo.”
Presi il telefono quando notai un certo trambusto provenire da fuori. Mi voltai e vidi lui seguito da tutto il resto della squadra. Mi si gelò il sangue nelle vene e mi girai verso Dylan.
“Tranquilla, ignoralo. Hai il cappuccio dalla tua. Non ti riconoscerà.” disse sottovoce.
“Non si è presentata neanche oggi.” disse qualcuno.
“La poverina si è spaventata.” disse un altro ridendo.
“Ehi, volete fare un po' di silenzio?!” disse Ryan.
“Tranquilla..” mi disse quasi sussurrando.
“Dai andiamo, qui non c'è.”
Si allontanarono.
“Via libera.”
Tornai a respirare normalmente.
“In questi giorni ti ha cercata ovunque. Sembra quasi che voglia catturarti.”
“Che ci provi..”
“E-Emilia..” mi fissò “Girano anche delle foto.. Delle tue foto.”
“C-cosa?”
“Guarda.”
Mi passò il telefono e ciò che vidi mi mandò fuori di testa. Mi alzai di scatto dalla sedia e andai in corridoio. Lui era ancora lì.
“Ehi brutto stronzo! SONO QUI!” abbassai il cappuccio.
Si voltò verso di me e sorrise.
“Ma guarda chi c'è.. La mia Emilia Scott preferita.” si avvicinò.
“Stammi lontano, bastardo.”
Dylan mi raggiunse e restò ad osservare.
“Va bene va bene.. Scusa.”
“Perché hai detto quelle cazzate?”
“Quali cazzate?”
“LO SAI DI CHE PARLO!”
“Non erano cazzate.. Probabilmente non te lo ricordi perché eri sbronza da far schifo.” rise “E poi ci sono anche le foto. Finiscila di dire cazzate.”
Esplosi dalla rabbia e con un rapido movimento gli sferrai un pugno in mezzo agli occhi. Lui mi guardò ridendo e mi afferrò per il polso. Sentii il dolore delle ferite aumentare di colpo.
“Cosa c'è? Non fai più la dura?”
“Vai a farti fottere, stronzo.”
“Sei sempre così scontrosa.” disse “Ehi, e quel sangue da dove sbuca fuori?”
Fece per alzarmi la manica quando mi sentii afferrare dai fianchi con forza. Era Dylan.
“EHI! DOVE SCAPPI?” disse Ryan urlando.
Il ragazzo mi portò fuori dalla scuola in un angolino abbastanza nascosto da tutti. Mi lanciai su una sedia di dubbia resistenza e scoppiai a piangere. Lui mi passò un fazzolettino e si mise ad osservarmi.
“Stai bene?”
Annuì.
“Hai del sangue sulla manica.” indicò il polso “Emilia.. Che hai fatto?”
Incrociai il suo sguardo e piansi ancora di più. Lui sapeva perfettamente cosa avevo fatto. Lo sapeva.
“I-i-io..”
“Vuoi parlarne?” mi si mise vicino.
“No.. Sto-sto bene..” annuì “Si, sto bene.”
Mi prese la mano e mi fissò.
“Katherine si tagliava spesso e non capivo mai perché.. Ma poi la risposta mi si è palesata davanti quando la vidi morta.” fece una pausa “Ti prego Emilia, non farlo. Lascia perdere quello stronzo e goditi la vita.”
“Godermi la vita?” guardai in basso “La mia vita fa schifo. Sono sempre stata sola.. I miei sono morti quando avevo 11 anni e da allora mi sono completamente spenta. Non è facile crescere in una famiglia che non è la tua.” sospirai “Sono una totale nullità e non appartengo a questo mondo. Mi odiano tutti per via del mio carattere. Mi odiano tutti perché 'sono stata col capitano della squadra'. La verità è che sono io ad odiarmi. Voglio andarmene da qui, sparire per sempre e stare finalmente in pace.”
“Emilia, suicidarsi non è mai la via d'uscita.” disse lentamente.
Mi bloccai per un attimo e strinsi i pugni nella felpa.
“Tu non sai come mi sento..”
“Si che lo so. Credimi.”
“NO DYLAN NON LO SAI!” lo fissai “Non lo sai..”
“Ti prego, fatti aiutare.” mi afferrò la mano “Dico davvero..”
“Come puoi aiutarmi? Tutti mi sono contro..”
“Alza la manica. Adesso.”
“No..”
“Alza la manica, dico davvero.”
Spostai lentamente il tessuto e vidi del sangue sparso per tutto il polso.
“CAZZO!” urlò Dylan.
Afferrò lo zaino e uscì delle bende che prontamente adagiò sulle ferite. Mi guardava senza dire una parola.. Il suo sguardo era triste e arrabbiato allo stesso tempo. Io a stento trattenevo le urla per il dolore.
“Resta qui, continua a fare pressione. Io torno tra poco.” si alzò e sparì dietro l'angolo.
Alcune lacrime iniziarono a bagnarmi le guance. Mi sentivo a pezzi e Dylan conosceva il mio segreto. Ero nella merda fino al collo. Non sapevo che fare o come comportarmi. L'idea di sparire si faceva sempre più chiara nella mia testa. Abbassai lo sguardo e chiusi gli occhi. Ad un tratto sentii dei sonori click provenire da ogni parte. Mi guardai intorno spaventata.
“Dylan.. Sei tu?”
Niente. Nessuna risposta. Qualcuno mi lanciò un sasso con un foglio attorcigliato. Mi chinai e srotolai quel pezzo di carta. Era una mia foto, subito dopo la festa. Con ogni probabilità Ryan l'aveva scattata quando ero a terra. Quella maledetta immagine mi ritraeva col vestito strappato e mezza nuda. Era la prova perfetta.
“Ehi, eccomi.” si sedette nuovamente “Ciambelle! Per tirarti su il morale.”
Nascosi la foto e afferrai una ciambella al cioccolato. Ne strappai metà con un unico morso.
“Ne prendo altre?”
“No.. Ho solo fame. Tranquillo.“ dissi con la bocca piena.
”Bene, il sangue si è fermato..“ disse tra sé e se.
”Dylan.. Quelle foto.. Girano solo quelle?“
”Fortunatamente si.“ si bloccò ”C-cioè v-volevo dire si..“
”Anche se sono mezza nuda.. Sono sollevata. Potevano essercene delle peggiori.“
”Oh.. Ehm.. H-hai ragione.. Si.“ arrossì di colpo.
Lo guardai e finii la mia ciambella.
”Davvero buona..“
”Ci sono un sacco di gusti. Ti consiglio di provarli tutti. Idem il caffè.. Quella macchinetta è un dono dal cielo.“
Abbassai la manica e mi guardai intorno.
”Andiamo in classe?“ dissi.
”Vuoi andare?“
”Si.“
”Bene! Ci speravo.“
Entrammo nuovamente a scuola e come sempre venni assalita dagli sguardi e dai pettegolezzi. Ormai non ci facevo più caso.. Notai Dylan davanti ad un ragazzo più alto di lui. Mi girai di scatto e guardai la scena.
”Amico, se frequenti quella la, diventerai come lei. Una depressa puttanella in cerca di attenzioni. Fai attenzione.“ si allontanò.
Dylan mi guardò alzando gli occhi e venne verso di me.
”Che è successo?“
”Stupidi stronzi.“
Mi disse solo questo. Aveva un tono irritato.
Entrammo in classe e andai al solito posto in fondo. Al posto di Nick c'era Dylan. E ne ero più che felice. Misi la testa sul banco e iniziai a sentire le risatine e le discussioni che andavano contro di me. Stava iniziando ad essere opprimente. Sentii una mano poggiarsi sul mio braccio. Era sicuramente Dylan.
”Lasciali perdere..“ disse sottovoce.
Restai china sul banco senza muovere un muscolo. Non sapevo cosa stesse succedendo intorno a me ma sinceramente non mi importava. Ero chiusa nel mio mondo in cerca di un minimo di pace e quando finalmente la trovai mi sentii subito sollevata. Mi mancava questa sensazione. Credo che mi addormentai per qualche ora. Sentivo solo delle voci ovattate quando ad un certo punto.. Silenzio. Non mi guardai nemmeno intorno, restai con la testa sul banco circondata dalla braccia. Un religioso silenzio accompagnava i miei respiri e i miei pensieri. Peccato che venne spezzato di colpo. Qualcuno mi afferrò dalla schiena e mi tappò la bocca sollevandomi da terra. Mi portò nella sala riunioni della squadra di football e mi lanciò a terra. Mi alzai di scatto e mi guardai intorno. Nell'ombra c'era lui. Ryan.
”Che cazzo vuoi ancora?!“
”Ascolta bellezza, non ho nulla contro di te. Mi stai anche simpatica ma devi smetterla di cercare attenzioni.“
”Dove sono tutti?! Perché ci sei solo tu!“
”Perché non ti calmi un po'? Eh?“ si avvicinò ”Potrei rovinarti la vita in un attimo, lo sai questo vero?“
Mi mostro una foto.. Era diversa dalle altre.
”Devo dire che ti dona quel reggiseno.“ disse ridendo ”E poi.. Conosco il tuo segreto.. Che mi dici dei tagli che hai al polso? Credi forse che sia stupido?“
”Fanculo! Tu e i tuoi ricatti di merda.“ mi alzai ”Stammi alla larga.“
”Sei tu che devi stare alla larga da me.“
Uscì dalla stanza e tornai in classe, afferrai lo zaino e uscì dalla scuola. C'era Dylan lì fuori, seduto sugli scalini a mordicchiare qualcosa.
”E-ehi..“
”Emilia! Ehi!“
”Scusa se sono sparita..“
”Stavi dormendo da dio.. Ti stavo solo aspettando.“
”G-grazie..“
”Hai dei piani per dopo?“
”No.. Non credo..“
”Conosco un posto che fa hamburger da urlo.“ fece una pausa ”O mia signora Emilia, mi farebbe l'onore di andare a mangiare un hamburger pieno zeppo di grassi in mia compagnia?“
”Certo che si, messer Cooper. Accetto la sua richiesta.“ sorrisi.
”Si!“ tossì ripetutamente ”Insomma.. Ehm..“
”Mi mostri la strada, messere.“
Iniziai a seguirlo. Quel ragazzo mi faceva dimenticare di tutti i miei problemi. C'era qualcosa di magico in lui. Qualcosa che adoravo.













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